Ciò che l’AI generativa non può generare
Sono nato a metà degli anni ‘70. Per i miei figli sono un boomer, anche se in effetti la generazione non è esattamente quella. Mi sento ancora vent’anni ma, forse, non hanno così torto. Penso di essere stato l’ultimo tra tutti i miei conoscenti (e con un formidabile ritardo) a passare dal mio Nokia3310 a uno smartphone.
Appassionato di mare, immersioni in apnea, meditazione. Davvero lontano, sulla carta, da tutto il mondo digitale.
Ma poi…? Forse la vita a volte non ti porta esattamente dove pensavi di andare e infatti, da #imprenditore, mi sono trovato su un progetto #100%digitale. E visto che la filosofia che ho sempre adottato sul lavoro è quella di studiare per almeno il 10% del tempo totale che dedico (tanto), ecco che mi sono trovato a studiare tantissimo di tutto quello che è digitale.
Poi, nel 2022 arriva l'AI generativa, con una promessa. Questa volta, invece di studiare, ti spiega tutto lei. E non solo: fa tutto lei!
Ma siamo sicuri che sia così?
Io rimango convinto che le relazioni umane, con i loro intrecci emozionali e la comprensione del linguaggio non verbale, rimangono irrinunciabili. Nessun algoritmo può replicare la ricchezza delle connessioni umane, fondamentali per costruire fiducia e stimolare la creatività.
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E non c’è ChatGPT che tenga: queste relazioni non possono che essere generate da esseri umani.
Le storie che ci catturano e ci emozionano nascono dalla genuinità umana, dal dialogo, dall’empatia, dalle sfumature e - per quel che riguarda il nostro mestiere - dalla comprensione delle esigenze di un cliente che vanno molto al di là di un prompt.
Sulla carta, un’AI generativa potrà mettere insieme molte esperienze, molti racconti, molti dati, per cercare una sintesi o analisi che rappresenti magari uno standard di mercato. Ma non può – almeno non oggi – sostituire gli sguardi, le pause nel dialogo, l’ascolto empatico, la contrattazione, la comprensione di chi hai davanti che nasce da anni e anni di conoscenza reciproca.
Per questo, nel 2024, mentre portiamo avanti la nostra digitalizzazione, continuiamo a investire nel capitale umano, nella relazione, nel supporto ai nostri agenti che ogni giorno sanno fare la differenza in contesti reali, che di artificiale hanno ben poco.
Che ne pensate?
Ps. nel frattempo, chiedetevi se questo pezzo è stato scritto 100% senza supporto di IA
Project Manager at KEA S.r.l. - Soluzioni per la comunicazione tecnica
9 mesiCome Lei sottolinea lo studio è fondamentale: lo è tanto più nel caso della AI, perché è importante capirne le logiche e l'evoluzione, perché non resti del tutto una scatola nera per noi "utenti". Prendiamo Sora, il modello text-to-video AI di OpenAI. Le opportunità sono immense in tutti gli ambiti in cui la generazione di mondi rispondenti alle leggi fisiche può aiutare a guardare da punti di vista inediti i contenuti informativi. I rischi sono altrettanto grandi: basti pensare alla possibilità di generare N versioni di una data "fake reality" che grazie agli algoritmi di A/B testing delle piattaforme social (TikTok) vengono automaticamente filtrate in base al loro potere persuasivo, alimentando un circolo che si autorafforza. Credo anch'io che la relazione con le persone e il rapporto con le cose "in presenza" siano una grande forza, ma per tutti i casi in cui il nostro sguardo non è corrisposto, per tutti i casi in cui interpelliamo un agente digitale comunque inteso, lo studio, la presa di consapevolezza e lo spirito critico non devono abbandonarci, proprio per il potere che le generazioni della AI hanno nell'orientare il nostro giudizio, le nostre relazioni e le nostre azioni reali. Non lasciamo che la AI faccia tutto lei!
Project Manager at KEA S.r.l. - Soluzioni per la comunicazione tecnica
9 mesiBuon pomeriggio Daniel, ho letto con curiosità e interesse il Suo post. Concordo con Lei sul valore, e sul piacere, che le relazioni interpersonali positive generano, anche in ambito lavorativo. In quanto umani, siamo tutti essere anzitutto fisici, analogici - anche se siamo nativi digitali. Eppure, come testimonia anche il Suo progetto di digitalizzare completamente i processi aziendali, la AI ci interpella - a mio avviso - non tanto perché si candida a sostituire il rapporto diretto fra le persone o fra le persone e determinati oggetti fisici, ma perché ha cambiato il modo in cui ci relazioniamo con gli agenti digitali e con il contenuto delle loro comunicazioni nei nostri confronti. Da un lato la comunità scientifica concorda sul fatto che ciò che la AI genera è una simulazione probabilistica, che non implica la consapevolezza dell'agente; dall'altro lato più la AI di generalizza e più le applicazioni diventano capaci di agire in modo sinergico e più cambia il modo in cui noi, interagendo con un agente digitale, arriviamo a formarci un'idea (anche di acquisto), a imbatterci in persone (gruppi, aziende...), a orientare la prospettiva delle nostre relazioni e infine ad agire nel mondo reale... SEGUE