Com'è andata a finire?
Settembre, tempo di bandi che si aprono e si chiudono!
In questo preciso momento si è chiuso il Bando “Luci a San Siro”, che prevedeva una riqualificazione da parte del comune di Milano e dell’ALER di alcuni immobili commerciali dismessi di proprietà di quest’ultima.
Ebbene a “San Siro” non si sono accese luci di negozi…ma di servizi ed anche particolari e soprattutto in ambito sociale.
Così come riporta Il Giorno :
<< ..un centro culturale e laboratoriale che contempla più progetti: la Radio San Siro, una sartoria sociale, un programma di co-working e una bacheca del mutuo-aiuto. Quello in via Mar Ionio 7 andrà alla onlus Bambini Senza Sbarre che, come detto, si propone di aiutare i 5mila bambini milanesi che ogni anno entrano in carcere per mantenere il legame con uno dei genitori. L’altro spazio di via Mar Ionio 7 se l’è aggiudicato la Nero Distributions, che si propone di lanciare «una start-up imprenditoriale per nuovi contenuti cinematografici» corredata, come anticipato, da un laboratorio di traduzione e sottotitolazione, seminari e workshop per lo sviluppo di professionalità negli ambiti del montaggio, della regia, della grafica e dell’editoria, ma anche di un laboratorio teatrale, di una biblioteca con cineforum e corsi di arabo. Avanti con l’associazione Alfabeti che, in partnership con la start up ShiftOn, si occuperà di formazione al lavoro, co-working e corsi di italiano in due dei 6 spazi assegnati: quelli di via Abbiati 1 e 4. Infine l’associazione Coopi, impegnata nel contrasto alla povertà, che approderà in via Aretusa. >>
Chi sta leggendo avrà storto il naso, pensando: “ma i negozi?” Ho sempre sostenuto, che le attività, i negozi, i servizi offerti, devono essere intimamente legati al territorio dove vogliono operare.
I residenti di Via Jonio e P.zza Selinunte non hanno bisogno dell’ennesimo negozio di scarpe o di abbigliamento. Hanno bisogno di “sicurezza”, di poter vivere il quartiere senza che ad una certa ora scatti il coprifuoco.
Quindi il bando è stato vinto da chi aveva un punteggio maggiore nella casellina “sociale”. In questo caso comune ed Aler hanno collaborato come “art director” (lasciatemi passare il termine) e hanno avuto un occhio critico sulle collaborazioni, sul far vivere la zona di giorno e soprattutto ai residenti, i quali sono nella maggior parte di etnia araba.
A prescindere dal discorso “sociale” o meno, questo è un esempio da prendere in considerazione quando si decide di aprire una nuova attività in un nuovo quartiere. L’attività che si propone dovrà sempre tenere presente del tessuto sociale di riferimento, o sarà un flop.
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5 anniConcordo con te, manca uno sviluppo sociale coordinato. Ci vorrebbe prima di tutto un tavolo di lavoro per evitare di disperdere capitali preziosi in iniziative che saranno a tempo o che rispondono solo a bisogni parziali. Sicuramente il primo passo sarebbe stato raccogliere le opinioni degli abitanti dei quartieri con un sondaggio e poi limitare il bando alle attività che sono davvero utili e richieste.