Come fare per smettere di litigare - La mediazione puntata 6
Il carico della separazione sui figli
In questi mesi abbiamo assistito a dibattiti accesi e infuocati in merito alla discussa proposta di legge del senatore Pillon in merito alla revisione della legge in materia di affido e alla possibilità di rendere obbligatoria la materia della mediazione familiare in seno alla separazione coniugale. Vorrei esprimere,prima di addentrarci all’interno della sesta puntata che ha come tema una riflessione personalissima.
Un sistema guiridico come quello italiano in tema di separazione/divorzio non è pensato in termini conciliatori, questo è evidente nella rappresentazione emotiva di chi si approccia alla separazione o di chi guarda semplicemente una qualunque trasmissione televisiva in cui si “fronteggiano “ senza esclusione di colpi ex coniugi alimentati e affamati di chissà quale rivalsa nei confronti dell’altro; sistema a mio avviso fortemente fomentato da una vasta gamma di avvocati insensibili e spregiudicati in materia che esprimono frasi del tipo” vedrai come la pagherà” e molte altre anche di indubbio stile “provocatorio e persecutorio”. Detto questo, credo e sostengo che l’aspetto in assoluto più difficile da comprendere in merito all’intervento della mediazione è che la prima mediazione necessaria affinché un percorso risulti positivo e dia dei risultati - a volte all’inizio anche solo una situazione di tregua prima di definire degli accordi raggiungibili - è che la vera mediazione è quella che ogni padre e ogni madre deve fare con se stessa.
Questa è la complessità e l’ambizione che sottende, almeno come la esercito io, la figura del mediatore familiare. La figura del mediatore deve insegnare alle persone a eludere le motivazioni che hanno portato alla separazione, motivo di liti senza fine, ma proseguire cambiando da quel momento in poi il modus operandi ovvero iniziare a ragionare sul bene dei bambini a fronte di una modificazione totale e definitiva delle loro vite. In genere laddove la crisi si manifesta, in cui le dispute tra genitori determinano la centralizzazione della relazione genitoriale, i figli seppur accuditi vengono collocati in una zona d’ombra.
La conflittualità genitoriale provoca disinteresse nei confronti dei figli
In uno studio degli anni 1980 Zussman evidenzia che durante i litigi i due partner tendono al disinteresse verso i figli, proporzionalmente al grado di conflittualità, investendo di minori attenzioni i figli più grandi e assumendo atteggiamenti più severi nei confronti dei figli piccoli. Certi bambini, anche molto piccoli, vivono l’esperienza di una relazione tumultuosa tra i genitori come una minaccia alla propria sicurezza. La coppia genitoriale è il luogo sicuro, la cuccia, il rifugio, la garanzia di fronte alle loro possibili angosce. La percezione che “il rifugio” possa scomparire, diviene elemento di ansia, talvolta fortissima. In età scolare questi bambini potranno identificare ogni litigio dei genitori come la premessa della scomparsa di uno di loro o di entrambi. Il terrore legato all’abbandono può protrarsi anche durante l’adolescenza. Molto spesso, in modo significativo sono gli insegnanti sui quali i bambini spesso più piccoli investono emotivamente ad accogliere i loro pensieri/paure: emergono “fantasmi” che meritano spiegazioni e rassicurazioni da parte di coloro che accompagnano i bambini in un percorso, perché spesso i bambini a fronte di una crisi profonda, creano un immaginario appunto costellato di eventi nefasti che non si verifica nella realtà.
Uno degli aspetti drammatici di una separazione altamente conflittuale è” l’ effetto di triangolazione” sui figli i quali spesso manifestano reazioni acute. Un bambino nel momento della separazione sperimenta un’oggettiva carenza del sostegno della coppia genitoriale e a gestire in modo “difettoso” i processi di identificazione e dell’ immagine di sé. E’ in questo momento allora che l’intervento della mediazione è auspicabile, per aiutare i genitori a fare evolvere in tempi brevi il processo separatorio attraverso una sana preparazione dei figli al cambiamento, fornendo spiegazioni coerenti e plausibili al modo in cui la loro vita cambierà, senza mai escluderli né tirandoli dentro. La separazione in molti casi rappresenta, nella sua enorme drammaticità, un evento salvifico. I genitori che si separano rappresentano per un bambino la fine di un’ illusione, ma anche l’ interruzione di una serie di comportamenti subiti in ambito domestico. Finisce anche la difficoltà di separare i concetti di trauma e carenza: attraverso l’ accettazione del trauma si verifica la mancanza della carenza. Vorrei concludere dicendo che i bambini che sono stati fatti partecipi dai genitori in modo chiaro e coerente del cambiamento in atto, rassicurati attraverso le garanzie della presenza e della protezione dell’ uno e dell’altro avranno la capacità di accettare l’evento separatorio senza manifestare disagi profondi e duraturi nel tempo.