Come nasce una performance efficace? La teoria di Levati e Saraò’ .
Al contrario degli altri autori, che si sono occupati, principalmente, di individuare insiemi di comportamenti che potevano essere intesi e definiti come competenze, elencandone anche gli elementi costitutivi, Levati e Saraò hanno provato ad analizzare il tema del comportamento individuale e della motivazione, ad esso collegata, da un altro punto di vista. Secondo la letteratura esistente, la motivazione può essere vista come un generico interesse ad agire, per raggiungere una meta che porti benessere all’individuo. Recuperando le tesi di McClelland, gli individui motivati sono coloro che continuano a porsi nuovi obiettivi, assumendosi le responsabilità relative alla loro realizzazione e sfruttando il feedback per migliorare le proprie prestazioni, sfruttando l’unione di due fattori: l’ambizione e la tensione al risultato. Proprio da queste riflessioni si delinea il fatto che la motivazione sia presente all’interno di ogni individuo, in quello che viene chiamato “iceberg personalità”, divenendo, così, un elemento difficile da studiare ed analizzare. Essa, quindi, viene definita come: “Una sorta di fattore della personalità, ingrediente importante della competenza, che può essere rilevato, ma su cui non si può sostanzialmente agire. Di conseguenza, le persone o sono motivate per natura o non è possibile motivarle, […]”. (Levati e Saraò). Questa tesi sembra recuperare, in qualche modo, le teorie di Sievers, il quale affermava che i lavoratori non possono essere motivati perché, ormai, il lavoro non offre più gli stimoli necessari. Inoltre, questo pensiero si contrappone alla letteratura tradizionale, affermando che non è possibile spingere le persone ad agire dall’esterno, ma è la loro personalità che le indirizza verso un’azione o un’altra. Tutto ciò, porta, indubbiamente, a notevoli problemi di gestione, in quanto i leader ed i manager non avrebbero più motivo di esistere, proprio per il fatto che nessuno può essere stimolato ad agire per mezzo di interventi esterni, di premi e di incentivi di qualsiasi tipo. Il fenomeno per cui qualcuno ha delle performance elevate in ogni momento della sua vita lavorativa, mentre altri cercano di sforzarsi il meno possibile, è spiegato dalla parte sommersa di quella che viene chiamata “iceberg personalità”. Levati e Saraò, in seguito, cercano di esaminare i fattori costitutivi della competenza, tentando anche di spiegare come questi elementi si collocano tra loro ed interagiscono. Essi affermano che le tre componenti principali sono: le conoscenze, le esperienze finalizzate e le capacità. La motivazione ed il contesto in cui si opera non sono presenti in questo elenco in quanto agiscono da catalizzatori nel processo che porta alla formazione delle competenze. Essi non sono quindi degli “ingredienti principali”, ma sono, comunque, fondamentali nella trasformazione delle capacità, delle attitudini e delle esperienze. La motivazione ed il contesto non entrano direttamente nella formazione della competenza, anche se, se non fossero presenti, essa non potrebbe nascere. Questo avviene perché, come afferma Le Boterf: “Non c’è competenza se non la competenza in atto”. Essa, infatti, può definirsi tale solo quando vengono utilizzati, nello stesso momento, alcuni elementi presenti nel background personale di un individuo, come le nozioni apprese, le esperienze vissute e le conoscenze che si hanno. Esiste, quindi, un passaggio in cui tutti questi elementi si fondono insieme per diventare il mezzo con cui svolgere una determinata azione. Il repertorio di risorse che dovrebbero costituire la competenza, ossia conoscenze, capacità ed esperienze finalizzate, non sono sufficienti, ma necessitano, per essere messi in atto ed esprimere la loro potenzialità, di altri fattori, rappresentati, appunto, dal contesto e dalla motivazione. Quest’ultima, inoltre, non è da confondersi con gli altri elementi che stanno alla base della competenza e non è nemmeno “un particolare attributo della persona”, come teorizzato da Spencer e Spencer. Essa è “l’elemento che permette la messa in moto, che trasforma un insieme di capacità, esperienze e conoscenze in competenze applicate e finalizzate”. (W. Levati e M. Saraò, Psicologia e Sviluppo delle Risorse Umane nelle Organizzazioni, Francoangeli). È importante sottolineare che la motivazione, oltre a dare un stimolo iniziale all’azione, ha un carattere costruttivo nella formazione delle competenze, intendendo che non è un processo di reazione, ossia qualcosa che può essere indotta dall’esterno, ma un processo di azione, che funge da collegamento tra l’ambiente esterno, e le esperienze ad esso collegate, e la soggettività della persona, ossia le capacità e le nozioni acquisiste. Levati e Saraò sono convinti che questo collegamento sia formato da quella che definiscono “Immagine di Sé”, espresso attraverso il cosiddetto “Progetto di Vita”. Immagine di sé è il modo in cui un individuo percepisce sé stesso, sia da un punto di vista conscio, sia da uno inconscio, mentre, per Progetto di vita consiste nell’insieme dei principi che indirizzano le azioni, in base alle occasioni che si presentano, e dipende in maniera diretta dall’Immagine di sé. In pratica, i comportamenti di un individuo dipendono da ciò che ha vissuto e dal modo in cui ha recepito gli accadimenti di cui è stato partecipe. Proprio per questo alcuni reagiscono in modo diverso ad input identici. Per fare un esempio, se a due persone della stessa età, ma uno sposato con figli, mentre l’altro celibe, venisse proposto un lavoro all’estero, probabilmente la persona con legami più forti nel suo Paese d’origine sarà meno invogliato ad accettare. Questo accade perché, le esperienze passate, in questo caso la creazione di una famiglia, influenzano le scelte e i comportamenti futuri. Un altro fattore da considerare nello sviluppo dei comportamenti è, sicuramente, il contesto, ossia l’ambito in cui opera la competenza, il motivo per cui si deve operare. Per esempio, il problema di geometria che un bambino deve risolvere è il contesto in cui si applicano le sue conoscenze e le sue attitudini si trasformano in capacità. Esso, quindi, è l’occasione che permette alle conoscenze, alle capacità ed alle esperienze finalizzate di divenire delle competenze reali, che si applicano alla situazione in cui ci si trova. A questo punto, è utile dare una definizione di competenza, vista come: “Caratteristica intrinseca dell’individuo, appartenente alla dimensione psicologica, costituita dall’insieme di capacità, conoscenze, esperienze finalizzate. Si esprime attraverso comportamenti e necessita, per esprimersi dell’azione di motivazione e contesto” (W. Levati e M. Saraò). Grazie a questa precisazione è possibile trattare l’argomento del Modello delle Competenze, elaborato da Levati e Saraò. Esso si presuppone di spiegare come nasce una performance efficace, in base ai comportamenti ed alle competenze. I comportamenti costituiscono la parte fondamentale del modello, in quanto rappresentano un aspetto concreto e sono direttamente verificabili. Essi, però dipendono da una combinazione di capacità che servono per metterli in pratica. In sostanza, senza alcuna capacità, non potrà esistere un comportamento ed esso non sarà adeguato se le qualità che ne stanno alla base sono insufficienti. Per quanto riguarda la motivazione, essa, insieme al contesto, permette il passaggio da competenza a comportamento, nella trasformazione di un elemento astratto ad uno concreto, l’azione. Spesso accade che il contesto non offra quegli stimoli necessari per agire ed esprimere al meglio le proprie potenzialità. Per questo motivo, alcuni non riescono ad emergere pur avendo delle ottime competenze. Esse rimangono caratteristiche intrinseche, poiché non si creano le condizioni oggettive necessarie per utilizzarle, e che dipendono dal contesto, e le condizioni soggettive, create dalla motivazione individuale, Infine, i comportamenti diventano prestazione efficace se si svolgono adeguatamente i compiti che vengono assegnati. All’interno di una organizzazione, le competenze cambiano quando si passa da un livello gerarchico ad un altro. Spesso, le persone credono che un ruolo superiore presupponga la sommatoria dei comportamenti delle posizioni più basse e non sia visto come un’entità con una natura propria e specifica. Ciò che differisce, quando si passa di livello è la qualità dei comportamenti richiesti e delle competenze che si devono possedere e non la quantità. Un leader, quindi, non dovrà possedere tutte le competenze dei propri followers, ma deve avere delle caratteristiche diverse, specifiche per il proprio ruolo. È per questo motivo che alcuni riescono ad emergere pur non avendo delle caratteristiche e delle conoscenze vaste. A questo punto, è fondamentale sottolineare come cambia, secondo Levati e Saraò, la formula per cui: Performance = F (Motivazione x Capacità) Questa relazione non è più valida se espressa in questi termini. La performance non viene più vista come una funzione della motivazione per le capacità, ma come prodotto delle stesse capacità per il contesto. Per risalire all’elemento direttamente osservabile, il comportamento, ed interpretarlo, bisogna porlo in relazione ad un determinato contesto e a delle determinate capacità, come si evince dalla formula: Comportamento = F (Capacità x Contesto) Il comportamento, quindi, è un indicatore per poter conoscere le capacità di una persona; però solo quando le azioni sono immerse in un contesto si possono trovare delle informazioni significative e più precise sulle capacità stesse. Inoltre, il comportamento va visto come una modalità di reazione al contesto, che fornisce le spinte ad agire. Da queste affermazioni, si capisce che non si possono motivare direttamente altre persone, grazie ad incentivi e a premi. L’unica cosa che un leader può fare è creare un contesto, lavorativo ed organizzativo, che stimoli e spinga gli individui all’azione. Inoltre, un condottiero dovrebbe gestire i rapporti tra i propri subordinati, senza esagerare nell’uso dell’autorevolezza e dell’aggressività. Inoltre, egli ha il compito di favorire l’aspetto motivazionale, permettendo alle persone di confrontarsi con un tipo di realtà di cui devono comprendere se risulta in sintonia con l’Immagine di sé e con il proprio Progetto di vita. (Levati, Saraò).