Come una lingua può influenzare il nostro modo di pensare

Come una lingua può influenzare il nostro modo di pensare

Di Jessica Gross [Traduzione da TED]

Keith Chen (TED Talk: Could your language affect your ability to save money?) è un economista, ma preferisce parlare di lingue. Ad esempio, ha fatto notare che in cinese dire “questo è mio zio” non è così chiaro come possa sembrare. In cinese non hai altra scelta che riportare maggiori informazioni dicendo zio. La lingua richiede che lo zio venga identificato in base al lato della famiglia a cui appartiene, se di nascita o acquisito, se è da parte di padre e se è più anziano o più giovane.

“Tutte le informazioni sono obbligatorie, il cinese non mi permette di ignorarle. Infatti, se vogliamo parlare in modo corretto, i cinesi mi forzano a pensarci costantemente”.

Questo ha portato Chen a domandarsi: c’è una connessione tra la lingua e il nostro modo di pensare e comportarci? In particolare, lui si chiede: la nostra lingua può avere effetti sulle nostre decisioni economiche? Allora ha condotto uno studio per capire come le lingue possano influenzare le abilità individuali di risparmiare. Secondo i risultati , le lingue influenzano enormemente questo aspetto.

Mentre lingue come l’inglese distinguono i tempi verbali in passato, presente e futuro; lingue come il cinese usano la stessa frase per descrivere cose successe ieri, oggi e domani. Usando un gran numero di dati e analisi meticolose, Chen ha scoperto che le più grandi differenze economiche sono accompagnate da questa discrepanza linguistica. I parlanti delle lingue senza il futuro sono del 30% più propense a fare resoconto di quanto risparmiato negli anni, piuttosto che i parlanti delle lingue con futuro (se le entrate rimangono costanti, possiamo parlare del 25% in più di risparmi al momento della pensione). Chen trova una motivazione in tutto questo: quando parliamo del futuro come qualcosa di diverso rispetto al presente, ci sembra molto più distante e siamo molto meno motivati a risparmiare soldi nell'immediato per un’agiatezza futura.

Ma questo è solo l’inizio. C’è tutta una parte della ricerca sul collegamento tra lingua e psicologia; e lingua e comportamento. Qui di seguito alcuni esempi affascinanti:

1.       La navigazione e Pormpuraawanesi. A Pormpuraaw, una comunità aborigena australiana, non puoi riferirti ad un oggetto indicandolo a destra o a sinistra, ma solamente a nordest o sudovest, scrive Lera Boroditsky, professoressa di psicologia a Standford (esperta in connessioni linguistico -culturali), sul WSJ. Circa un terzo delle lingue del mondo identificano lo spazio con questa sorta di termini assoluti rispetto a quelli relativi che esprimiamo noi in inglese, secondo quanto affermato da Boroditsky. “Come risultato di questo allenamento linguistico”, scrive, “i parlanti di queste lingue sono eccezionalmente bravi a orientarsi e a memorizzare la strada in cui si trovano, nonostante siano scenari a loro sconosciuti”. In un viaggio di ricerca in Australia, Boroditsky e le sue colleghe hanno scoperto che i Pormpuraawanesi, la cui lingua è il Kuuk Thaayorre, non solo riescono a riconoscere istintivamente la direzione in cui si dirigono, ma dispongono anche le immagini in una progressione che va da est a ovest.

2.       La colpa e gli anglofoni. Nello stesso articolo, Boroditsky nota come in inglese spesso si dica, ad esempio, qualcuno ha rotto il vaso per indicare un fatto accidentale, mentre in spagnolo e in giapponese tendono a dire il vaso si è rotto. In uno studio condotto da una studentessa di Boroditsky, Caitlin Fausey, viene affermato come gli inglesi tendano a ricordare chi accidentalmente ha scoppiato un palloncino, rotto le uova, o ha rovesciato da bere in un video piuttosto che gli spagnoli o i giapponesi (colpevoli state attenti!). Non solo questo, afferma Boroditsky, ma c’è una correlazione tra l’attenzione posta sugli agenti in inglese e la nostra tendenza di giustizia criminale a punire i trasgressori piuttosto che a fare ammenda con le vittime.

3.       Il colore tra i parlanti russi e i parlanti zuñi. La nostra capacità di distinguere i colori è correlata ai termini usati per descriverli, come fa notare Chen nella sua ricerca accademica (PDF). Uno studio del 1954 ha rilevato che i parlanti zuñi, che non fanno distinzione tra il giallo e l’arancione, hanno difficoltà a definirli. I parlanti russi, invece, hanno due parole diverse per definire il celeste (goluboj) e il blu (sinij). Secondo uno studio condotto nel 2007, riescono ad individuare meglio dei parlanti inglesi la soglia tra il celeste e il blu nella scala cromatica dei blu.

4.       Il genere in finlandese e in ebraico. In ebraico, il genere viene indicato dappertutto, mentre il finlandese non indica mai il genere, scrive Boroditsky in Scientific American (PDF). Uno studio condotto negli anni ’80 ha riscontrato quanto segue: i bambini che parlano ebraico riconoscono il proprio genere anni prima rispetto a quanto facciano i bambini che parlano finlandese (gli anglofoni, si trovano nel mezzo sia nei riferimenti di genere sia nella riconoscimento del genere stesso).

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