Commento settimanale ai mercati (29 agosto)

Commento settimanale ai mercati (29 agosto)

I nove minuti più lunghi di sempre. In questa sorta di ossimoro si racchiude il discorso di Powell di venerdi (9 minuti esatti) che ha spinto i mercati decisamente al ribasso, mettendo di fatto fine al rally iniziato a metà giugno che ha visto recuperi anche del 20%

Non è che le affermazioni del capo della Fed siano state nuove o rilevanti ma semplicemente ha detto quello che gli investitori non volevano sentire o meglio risentire cioè che l’inflazione essendo una priorità verrà combattuta anche a costo di frenare crescita e mercato lavoro. Anche perché è ancora troppo fresco il ricordo di una inflazione definita come temporanea e che ha invece toccato i massimi da oltre 40 anni

Gli investitori semplicemente non hanno digerito la dichiarazione di impegno a contrastare il rialzo dei prezzi, dopo aver provato a guardare le carte della Fed negli ultimi due mesi, e cercando anche in questa maniera di influenzarle. Senza rendersi conto che forzare la mano è un gioco vecchio, andato avanti per quasi un decennio ma non più attuale. Lo scenario è cambiato non solo per lo spaventoso aumento dei prezzi, alimentato anche dalla liquidità immessa dalla principale istituzione monetaria americana, ma anche per il diverso ruolo che ha la Fed passata da essere parte del gioco ad nuovo/vecchio ruolo di arbitro del sistema

In realtà il processo è ancora in divenire. Dopo essere stata “dietro la curva” per troppo tempo, cioè a seguito degli avvenimenti a causa di una sottovalutazione e di un timing errato, la Fed sta faticosamente cercando di guadare la credibilità perduta. Motivo per cui da Powell era lecito attendersi la conferma di una atteggiamento da falco che non poteva certo durare una sola estate dopo essere stato compiacente per un decennio.

Il resto lo hanno fatto gli investitori, animali volubili abituati da oltre 10 anni ai soldi facili con una intera generazione di operatori che non hanno mai visto un significativo mercato “orso”. Capaci di imbastire un consistente rally dei prezzi su un dato inflattivo leggermente inferiore alle aspettative, legando cosi sia la possibilità di un picco del rialzo dei prezzi sia una nuovo aiuto da parte di Powell, secondo il vecchio schema

Con un mercato del lavoro che continua ed essere estremamente forte e con un Pil prodotto al 70% da consumi interni, nel caso americano si tratta solo di capire “quando” si uscirà da questa situazione. Molto più complessa si rivela la situazione europea. La crisi del Gas, abilmente alimentato dalla Russia, sta impattando sull’economia ed in particolare sulla Germania che si è trovata totalmente indifesa, gettando anche parecchie ombre sull’operato ventennale di Frau Merkel convinta di aver trovato alimentazione energetica a bassissimo prezzo ed invece abilmente manipolata da Putin con il risultato di avere pochi mesi di autonomia

Ma soprattutto la debolezza dell’economia teutonica mette ulteriormente in difficoltà la Bce. Mentre la controparte americana può permettersi di rialzare i tassi in presenza di una inflazione classica da domanda, nel vecchio continente il rialzo dei prezzi è dovuto principalmente ad un problema di offerta di prodotti energetici che vengono poco impattati da rialzi dei tassi ma che invece provocano un rallentamento economico. Lasciando di fatto la Bce con il classico cerino in mano su come comportarsi.

Un ampiamento del differenziale tassi tra Stati Uniti ed Europa provoca un rafforzamento del biglietto verde che è la valuta con cui si compra il petrolio rendendolo più caro per gli europei ed importando di fatto nuova inflazione. Anche perché al di una possibile svolta del conflitto bellico in Ucraina, che purtroppo non si vede al momento all’orizzonte, rimane molto difficile pensare di tornare ad uno status quo precedente. Ed evitando di parlare della pressione sul debito pubblico di parecchi paese europei da parte di una speculazione che vede bene e ne approfitta delle difficoltà di Madame Lagarde. Lasciando più di qualche ombra sul prossimo autunno

In attesa del prossimo appuntamento importante rappresentato dalla riunione della Bce l’8 settembre, i principali dati macroeconomici sono l’indice di fiducia dei consumatori americani martedi assieme al discorso del presidente della Fed di New York John Williams. Mercoledi sarà il turno del PMI cinese e dei prezzi al consumo CPI europei mentre venerdi ci sarà il dato settimanale sulla disoccupazione in America

PS una considerazione di natura ottimistica. Normalmente quando un argomento di nicchia diventa la notizia di apertura dei giornali e telegiornali generalisti, di solito è un segnale che il picco è arrivato o prossimo. E’ stato cosi per il prezzo del petrolio, per le azioni tech nel 2000, etc e sta accadendo adesso con il prezzo del gas TTF quotato ad Amsterdam che poi impatta su consumi e bollette. Almeno da quel punto di vista forse possiamo iniziare a tirare un sospiro di sollievo

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