Comunicare la disabilità: una questione di parole
Comunicare la disabilità è una grande sfida per i giornalisti e per chi, occupandosi di comunicazione digitale, "lavora" con le parole. Che sia un articolo o un post social, le parole possono incidere in modo positivo sull’opinione pubblica o in modo negativo, alimentando pregiudizi e stereotipi sul tema. Con un linguaggio inclusivo, che comprende le parole ma anche aspetti e accortezze legate all'atteggiamento, possiamo abbattere i muri e costruire ponti di fiducia. Un obiettivo difficile ma raggiungibile.
Per i giornalisti comunicare le persone con disabilità richiede consapevolezza e cultura, insieme ad una certa sensibilità linguistica. Richiede esperienza. In ogni articolo o racconto di cui ci occupiamo vale la pena ricordarsi che la persona, non la disabilità è al centro. L'identità è ben altro dalla disabilità.
COMUNICARE LA DISABILITÀ: UNA SFIDA LINGUISTICA PER I GIORNALISTI
AD Communications, studio di immagine e comunicazione a Bologna, è vicino anche per vocazione alle storie del terzo settore articolato in realtà eterogenee tra loro che meritano spazio e voce. Per comunicarle al meglio, è stato necessario fare un lungo lavoro linguistico. Gli errori o le imprecisioni commesse, uniti alla conoscenza, più da vicino, delle persone con disabilità, ci rendono oggi comunicatori più attenti e consapevoli. Abbiamo imparato ad esempio che usare la parola “fragili” non va bene, in quanto non tutti coloro che hanno una disabilità sono di conseguenza fragili.
E ancora abbiamo imparato che ci sono espressioni e parole da evitare ma anche due approcci da attenzionare:
In entrambi i casi si tratta di modalità comunicative che non aggiungono valore ma che al contrario alimentano una forma di discriminazione.
AD MAIORA: LA DIGITAL SERIE CHE COMUNICA LA DISABILITÀ COME NORMALITÀ
Comunicare la disabilità è stata per noi giornalisti una sfida in occasione, proprio quest'anno, della quarta stagione di AD MAIORA - Storie di resilienza. Nella digital serie, prodotta da AD Communications per la regia di Stefano Foglia, il racconto cinematografico rappresenta un cammino condiviso insieme alle persone che abbiamo messo al centro, rendendole protagoniste. La disabilità rappresenta una parte importante di questo progetto che si svela allo spettatore come una sequenza di momenti di normalità, lasciando da parte, volutamente, tutto ciò che è straordinario o speciale.
In AD MAIORA non raccontiamo la storia di "eroi o eroine" ma persone normali che si raccontano in quel “saliscendi” che è la vita.
Il progetto di cinematografia sociale ci lascia un altro insegnamento: per comunicare la disabilità occorre prima fare un gran lavoro su noi stessi, per imparare a decostruire narrazioni artificiose o distorte. Una convinzione che risulta chiara dopo aver chiesto a Giusy Carella e Stefano Pietta , giornalisti ed esperti dei nuovi media come secondo loro andrebbe comunicato il tema della disabilità:
Giusy Carella responsabile del Coordinamento Redazione Magazine Online BNB Buone Notizie Bologna:
Quando si tratta il tema della disabilità, spesso l’errore principale che si fa è quello di identificare la disabilità con la persona che ce l’ha e viceversa, nel senso che disabilità e persona sono la stessa cosa mentre non è c
Stefano Pietta, fondatore della web radio STEDj
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"Secondo me le condizioni di disabilità devono essere raccontate senza pietismo da una parte ma specialmente senza esaltazione dall'altra. Siamo prima di tutto PERSONE.
COMUNICARE LA DISABILITÀ: UNA GUIDA PER I GIORNALISTI
Ad ispirare questo articolo è la nostra scoperta della guida “Comunicare la disabilità. Prima la persona” a cura di Antonio Giuseppe Malafarina, Claudio Arrigoni e Lorenzo Sani, edito dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti. Un testo di riferimento per chi scrive sul tema, con spunti, principi della deontologia, e riferimenti normativi preziosi.
Un volume che parte dal Testo Unico dei doveri del Giornalista e in particolare dall’articolo 6:
“Il giornalista rispetta diritti e la dignità delle persone malate o con disabilità, siano esse portatrici di menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali”.
LA PERSONA AL CENTRO: INTERVISTA AL GIORNALISTA LORENZO SANI
Abbiamo avuto il piacere e l'onore di entrare in contatto con uno dei tre autori della pubblicazione online, Lorenzo Sani, giornalista professionista a cui abbiamo rivolto delle domande a proposito della guida ma non solo.Comunicare la disabilità: possiamo dire che questa guida colma un vuoto informativo?
«Diciamo che arriva in un momento in cui ci sono segnali di un significativo cambiamento del vento. Si percepisce sempre più chiaramente che la disabilità non è legata alle condizioni di salute, ma all’interazione con l’ambiente. Di conseguenza riguarda tutti, chi per le proprie condizioni di salute e chi in quanto appartenente alla comunità che deve mettere ognuno nelle condizioni di avere pari opportunità. Anche importanti istituzioni come Inps e Agenzia delle Entrate hanno redatto un analogo glossario rivolto ai dipendenti e lo stesso ha fatto Banca Intesa. La parola è il core business dei giornalisti: considerando l’aggiornamento continuo del linguaggio che usiamo per comunicare questo è soprattutto un progetto doveroso».
Quale riscontro hai ricevuto dalle persone con disabilità? E quale dai colleghi giornalisti?
«Siamo molto soddisfatti del ritorno decisamente favorevole che ha avuto “Comunicare la disabilità, prima la persona”, nel mondo dell’associazionismo e più in generale del terzo settore, impegnato nel mondo della disabilità. Lo stesso dicasi per quello dell’informazione. Alla guida, scaricabile liberamente dal sito odg.it, sarà affiancato anche un corso di formazione on demand, oltre all’edizione cartacea destinata alle scuole di giornalismo. Il pdf on line è accessibile a persone cieche, ipovedenti e con dislessia».
Cosa è per te il linguaggio inclusivo?
«Ti rispondo con una citazione di Franco Bomprezzi, perché penso sia ampiamente esaustiva: Le parole sono contenitori, dentro c’è la vita, ci sono le persone, con la loro dignità».
Qual è il tuo prossimo impegno per la tutela dei diritti delle persone?
«Sicuramente diffondere il più possibile il nostro progetto, ma l’attenzione ai diritti delle persone è fatta anche di piccoli gesti quotidiani, di una cultura che deve permeare ogni nostra azione. Se vuoi divertirti, vieni a trovarci il primo week end di giugno al parco della Resistenza di San Lazzaro di Savena. C’è la dodicesima edizione di Happy Hand. Una festa che mette al centro la persona, quindi una festa per tutti».
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