Condividere le informazioni in azienda
Ci sono imprenditori tuttora convinti che “meno i collaboratori sanno e meglio è”. È il retaggio culturale di un passato nemmeno troppo lontano, in cui nella classe padronale era diffusa l’idea che il controllo delle persone si eserciti meglio mantenendole nell’ignoranza.
Le ragioni addotte per giustificare questa sorta di strategia del silenzio sono le più disparate: non prestare il fianco a critiche o ingerenze sgomberando il campo da elementi che potrebbero alimentarle, oppure ancora non creare esagerate aspettative di aumenti salariali quando le cose vanno bene o eccessivi allarmismi quando le cose vanno male. C’è perfino chi, in buona fede, ritiene che una linea di riservatezza corrisponda agli interessi dell’azienda.
Ciò di cui non ci si rende conto è che comportandosi così si lascia spazio a supposizioni, voci, illazioni – quelle sì assolutamente fuori controllo – e talvolta addirittura a maldicenze, dando corda soprattutto ai cosiddetti “scollaboratori”: ci sarà sempre qualcuno in azienda pronto a riferire, in modo parziale o distorto, qualcosa che ha orecchiato, ha sbirciato o semplicemente ha immaginato.Io chiamo questo fenomeno "radio corridoio".
Quando in un’azienda esistono troppe cose che nessuno deve sapere, su cui nessuno deve mettere becco e in cui nessuno deve immischiarsi, il risultato è una disaffezione generale e a soffrirne saranno produttività e profitti.
Commercial Specialist presso Ceab Due Srl
9 annipura verità, ho appena interrotto una collaborazione per questo motivo. Devo aggiungere che un'altra situazione che si crea con questo atteggiamento disfattista e' una sensazione discriminante nei confronti di persone che subiscono questa policy ....
Direttore tecnico presso Doragas S.r.l.
9 annialla faccia del dividi et impera
Responsabile Commerciale Zerocento Group
9 anniE sì, un vecchio, stupido e arcaico modo di ..."essere azienda"...peccato che, oggi giorno, non porti da nessuna parte e, crei solo disorientamento e non ottimizzi le risorse...