Coronavirus e globalizzazione

Coronavirus e globalizzazione

Non sappiamo quando l’epidemia di Coronavirus, che sta ormai colpendo l’intero pianeta, smetterà di diffondersi e classificarlo al pari della Sars e di altri tipi di virus che hanno interessato soprattutto l’estremo oriente. Tuttavia, il fenomeno ha prodotto tanti e tali cambiamenti nei comportamenti umani che richiedono alcune riflessioni, anche e soprattutto per il futuro che ci aspetta a livello sociale ed economico. Innanzi tutto, il tema del Coronavirus ha soppiantato quello dei cambiamenti climatici. Da questo punto di vista, tuttavia, oggi si registra a Milano un livello di inquinamento quasi del tutto inesistente. Di voli locali ed intercontinentali se ne fanno sempre di meno, sia per le restrizioni dei governi che per libera scelta delle persone, con enormi benefici all’ambiente in termini di emissioni di co2. La chiusura delle fabbriche, di molti uffici, delle scuole, dei musei ha costretto molte persone a stili di vita che non si sarebbero mai premurate di percorrere. Genitori che stanno riscoprendo la bellezza di stare molto tempo con i propri figli ed a ripensare al loro ruolo all’interno della società. Agli albori della globalizzazione e dell’Unione Europea, ci avevano fatto credere in tutte le salse che occorresse salutare tali fenomeni con molto favore in nome di mercati sempre più grandi con conseguenti enormi benefici per le imprese e per le persone, sia in termini economici che di sviluppo sociale. Negli anni ottanta, mi trovavo a svolgere il servizio militare in Liguria e partecipai ad un convegno dove si parlava proprio di questi temi e tra i relatori vi era il Dott. Locatelli Direttore del Sole24ore, che magnificava proprio i vantaggi che avremmo avuto dalla c.d. globalizzazione e stigmatizzava il fatto che noi in Italia non avessimo grandi imprese per competere sui mercati internazionali e che i nostri imprenditori avrebbero dovuto modificare le loro visioni. Intervenendo nel dibattito che ne seguì, manifestai tutto il mio disappunto verso le tesi del Dott. Locatelli, in quanto facevo rilevare che la globalizzazione avrebbe arricchito, invece, solo pochi a scapito di molti e che proprio in quel periodo, diversi economisti venivano a studiare i nostri distretti industriali che tanta fortuna avevano arrecato alla nostra economia. A distanza di alcuni decenni, di fronte al fenomeno che stiamo vivendo con il Coronavirus, si scopre che quel modello di turbo capitalismo legato alla globalizzazione governata da colossi come Microsoft, Amazon, Apple e Facebook arrivando a condizionare i comportamenti individuali, non ha prodotto tutti quei benefici che venivano prefigurati. Tanto che Stiegler definisce “psicopotere” o “neuropotere” questa capacità delle piattaforme digitali di manipolare i profili e i comportamenti di ciascuno di noi. Riversando tutti i nostri dati su tali piattaforme, si è riscontrato, per es., che l’elezione di Trump non ci sarebbe stata e la Brexit avrebbe avuto un esito diverso. Figurarsi cosa succede a livello di scelte personali sul piano economico. E tuttavia, se ci pensiamo bene, il fenomeno del Coronavirus ha già mietuto molte imprese e molte ne mieterà senza scalfire minimamente i profitti delle multinazionali, perché continueremo ad essere governati da quel “neuropotere” individuato da Stiegler. Occorre, quindi, approfittare di questa crisi e ripensare al rapporto di ciascuno di noi con l’ambiente, a perseguire nelle nostre scelte economiche il vantaggio sociale di molti e non il mero individualismo, in una logica di produzione sociale del territorio. L'esito di questo processo devono essere le comunità locali autodeterminate, le sole in grado di riformare radicalmente l'attuale assetto politico-istituzionale e di modificare quei meccanismi del sistema economico che, promuovendo e istituzionalizzando la ricerca esclusiva del profitto, la competizione esasperata, il consumismo dissipativo, il disinteresse per ogni principio di equità redistributiva, hanno portato a destabilizzare i processi di autorganizzazione del sistema sociale e del sistema naturale. Secondo Aristotele, che per primo utilizzò l'espressione "ragione pratica", egli l’applicava all'educazione collettiva al retto agire, un modo di concepire i rapporti sociali del tutto alternativo a quello fondato sulla gestione e manipolazione di cose e persone. Tornano, quindi, di grande attualità le parole espresse dal grande fisico Einstein nel 1931: “Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni perché la crisi porta progressi. La creatività nasce all’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato’. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. L’ inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. È nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa che è la tragedia di non voler lottare per superarla.”

Avv. Filippo Grattagliano

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