Cosa accade se a guidare un gregge non è un pastore?

Sembra sia stato questo l’interrogativo che si è posto un noto “tecnico” prestato alla politica. Al che mi viene di rispondergli: perché le pecore non possono farlo? E subito dopo: se per gregge di pecore si allude al popolo non penso che il paragone possa reggere a meno che non vi sia la presunzione che l’umanità si divida necessariamente in due ceti: il suddito a cui non è dato di pensare e il dominus che pensa per lui.  In questo caso che senso ha parlare di democrazia e delle stesse istituzioni democratiche? Questo pensiero senza dubbio è molto antico se i nostri antenati hanno cercato di risolverlo in vario modo e persino creando dei pesi e dei contrappesi a livello di “vertici” come nell’antico Egitto tra il faraone e la casta sacerdotale. Ciò non di meno nei governati vi è latente la tendenza a ribellarsi alla pressione e alle imposizioni del potere. E quando il livello diventa “critico” scattano reazioni anarchicheggianti che si traducono nella vita politica dei paesi occidentali in una vera e propria crisi di identità. Ma se questa è, in linea generale, la base del nostro ragionamento e ci caliamo nella realtà italiana, anche se ci limitiamo a considerare solo gli eventi più recenti, ci rendiamo conto che la prima significativa svolta l’abbiamo avuta con l’exploit del Movimento cinque stelle che ha ottenuto il 25% del consenso popolare. Era chiaramente un voto di protesta che il “dominus” di allora non rilevò in tutta la sua ampiezza e consistenza archiviandolo come il solingo belato di una pecora. Se avesse in quel preciso momento tenuto in debito conto il segnale, per quanto significativo, forse avrebbe cercato un antidoto appropriato per evitare ciò che è risultato nelle politiche di cinque anni dopo. E ora la protesta è diventata forza di governo tra i leghisti e i pentastellati che hanno pescato nella stessa mangiatoia del malumore popolare. Ma cosa vuole questo popolo di scontenti se non di essere governati con saggezza e lungimiranza? A questo punto restando al paragone del gregge non credo che alle pecore interessi chi le guidi se non per avere la certezza di essere amministrate con scelte consapevoli e condivise e non per essere tosate dall’alba alla sera e a pascolare in un deserto. Dopo tutto non si governa in nome del popolo? (Riccardo Alfonso)


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