CREARE PER IL GUSTO DI CREARE
Vi racconto una piccola storia.
Qualche settimana fa stavo guardando un video fatto da un nostro giornalista e ho detto a voce alta: “E’ troppo statico, vecchio, dobbiamo comunicare in modo più moderno”. Uno dopo l’altro, si sono avvicinati i membri della nostra redazione e si è creato un gruppo d’ascolto improvvisato dal titolo: “Innoviamo”. Tutti accesi: ognuno voleva dire la sua.
Questo moto spontaneo è il risultato di un mood creato negli anni e motivo di immenso orgoglio.
Questo moto spontaneo sottintende il desiderio di partecipare, come se fossero tutti piccoli manager dell’azienda per cui lavorano.
Ecco allora alcune riflessioni riguardanti l’idea del creare per il gusto di creare.
Punto primo: il valore della novità
La novità ha un potere fortissimo.
Pensate a quando comprate un vestito nuovo. Non vedete l’ora di indossarlo e nella vostra testa risuona quella frase del film in cui Tony Manero dice: “Esco e vado a conquistare il mondo”.
O, ancora: pensate a quando visitate una città nuova o a quando provate un ristorante nuovo. L’energia che vi attraversa quando si ha a che fare con qualcosa di NUOVO non sarà mai la stessa della seconda, terza, quarta volta.
Vale sia se siamo utenti passivi della novità e vale a maggior ragione quando siamo noi a produrla.
E’ qualcosa che cambia la chimica mentale. E’ brivido vitale prima, senso di soddisfazione poi: se creiamo, ci sentiamo protagonisti.
Spesso le aziende sottovalutano questo aspetto perché non è un valore quantitativo, misurabile, scientifico, ma a mio avviso è come piantare una meravigliosa radice.
I risultati non sono immediatamente tangibili ma bisogna avere la percezione, la visione di quanto quella ricerca della novità porterà nel tempo.
Di più: se si allena la ricerca del nuovo, le aziende ridurranno il rischio di invecchiare.
Punto secondo: l’allenamento creativo nel quotidiano
Ogni tanto fermiamoci e pensiamo a come stiamo quando creiamo. Siamo vitali, protagonisti di noi stessi e percepiamo igiene mentale.
Ecco: questa bella sensazione richiede spazio per esprimersi.
Dal punto di vista dei leader aziendali è bene riconoscere la necessità di quello spazio.
A Google esiste il “ten per cent time”: il dipendente può destinare il 10% del suo tempo settimanale ad un proprio progetto, una sua iniziativa, qualcosa di non richiesto dall’azienda, alla quale sottoporrà invece il frutto del suo istinto libero e creativo.
In modo meno strutturato, si può comunque riflettere su quel concetto tanto presente nei performance managment: “think outside the box”, pensa fuori dagli schemi. Bel concetto, ma come si passa dall’ideale alla pratica?
Riconoscendo lo spazio necessario, l’aria al cervello, affinchè si possa pensare per davvero in modo creativo.
Le idee migliori vengono spesso camminando al parco o guardando un tramonto. Questo non significa che non bisogna andare in ufficio e passare le giornate al mare (purtroppo!).
E’ una questione di misura.
CONCLUSIONI
E’ importante riconoscere il valore della novità, di quanto sia positivo e vincente il mood del creare per il gusto di creare.
Sperimentare è una cifra aziendale che porta ad una rottura e dunque riconoscibilità, ma che prima di tutto infonde energia e senso di partecipazione nei collaboratori.
Questo modello di pensiero va incoraggiato.
Un grande leader ha il compito di mettere il talento in condizione di realizzare la giocata.
Giornalista, conduttore e telecronista Mediaset
7 anniConcordo! E "creare aiuta a creare": un'idea nuova condivisa con il gruppo ne genera altre o la completa con i punti di vista di chi partecipa alla creazione. La vera sfida per le aziende è selezionare i "creatori-creativi" giusti e avere fiducia in loro. La "misurabilità" della novità non è tangibile né immediata e il momento della creazione non è sempre programmabile: grandi idee possono nascere in ufficio ma anche a cena con colleghi o amici, di notte, al mattino presto dopo il caffè...