Da effetto farfalla a «effetto starnuto»: il caso degli Stati Uniti
Dopo il subbuglio dei mercati finanziari sembra esserci una tregua. Ancora una volta è l’incertezza che guida il mondo, oltre alle borse, colpiti politica e sistema internazionale
"Può il batter d'ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?"
Fu il titolo di una famosa conferenza che Edward Lorenz, matematico e meteorologo americano, tenne nel 1972; era una fortunata metafora con cui si postulava che un semplice movimento di molecole d'aria generato dal battito d'ali potesse causare una serie di movimenti, sempre su scala molecolare, in grado di scatenare un uragano, magari a migliaia di chilometri di distanza. A (ben) vedere, il tornado dei mercati finanziari, partito in Asia, transitato nefastamente negli Stati Uniti e scagliatosi infine in Europa sembra ricordare quel noto effetto. Solo che oggi lo si può chiamare in tanti modi diversi; Jesper Koll - direttore della società di servizi finanziari Monex Group – lo chiama “effetto starnuto”, affermando che: «È stato uno starnuto di New York a causare la polmonite giapponese" (QUI | The New York Times)». Il crollo delle borse di questi giorni è dovuto principalmente a due fattori, uno di natura strutturale; un altro di natura “emozionale”. Il rallentamento della spesa dei consumatori e il debole rapporto sui posti di lavoro di luglio hanno riportato in auge i timori di una recessione americana (QUI | Fortune Italia); in particolare, il rapporto sull'occupazione negli Stati Uniti ha mostrato un rallentamento significativo delle assunzioni, con la disoccupazione in aumento (al livello più alto in quasi tre anni) (QUI | The New York Times). Ciò ha accresciuto i timori che la più grande economia del mondo potesse scivolare in recessione e che la Federal Reserve potesse aver atteso troppo a lungo prima di tagliare i tassi di interesse (QUI e QUI | The New York Times). Nelle prime contrattazioni di lunedì scorso, l'indice S&P 500 è sceso di oltre il 4% e il Nasdaq, che quota soprattutto titoli di società tecnologiche, è crollato di quasi il 6%.
Alcuni investitori hanno visto la svendita di titoli come un segnale che l'economia fosse a rischio recessione, mentre altri hanno affermato che la mossa rappresentasse la conclusione dei cospicui investimenti sui titoli tecnologici e su quelli nell’ambito dell’intelligenza artificiale. L'indice Nikkei 225 è sceso del 12,4%, poiché i timori economici si sono aggiunti alle preoccupazioni inerenti al rafforzamento dello Yen. È stato il più grande calo giornaliero dell'indice di riferimento dal crollo dei mercati in quel famoso “lunedì nero” dell’ottobre 1987. Tuttavia - analizza ancora il New York Times (QUI) - : «Alcuni economisti sostengono che gli investitori stanno reagendo in modo eccessivo a un rapporto certamente negativo ma tutt'altro che disastroso, poiché molti indicatori mostrano che l'economia è fondamentalmente solida». Storicamente, aumenti della disoccupazione come quello di luglio (il tasso di disoccupazione è salito al 4,3 percento, il più alto dal 2021) sono stati un indicatore affidabile di recessione. "Anche prima del rapporto sull'occupazione, si notavano alcuni segnali concreti di cedimento nel mercato del lavoro", ha affermato Jay Bryson, capo economista di Wells Fargo. Tuttavia, Bryson si aspetta ancora un "atterraggio morbido", in cui l'inflazione si raffredda senza una recessione economica generalizzata, sebbene le possibilità di un esito più doloroso siano aumentate.
Più importanti delle previsioni stesse, che dopotutto si sono ripetutamente dimostrate inaffidabili, sono i fattori che le sottendono. L'economia americana non ha più delle “riserve di forza” che potrebbero aiutarla a superare le recenti turbolenze. Le famiglie, di fatto, non hanno più uno stock di denaro che possa fungere da paracadute, mentre le aziende non hanno più un deficit di posti di lavoro da occupare.
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La politica ha fatto da cassa di risonanza alla situazione economica. Donald Trump ha attaccato l’avversaria Kamala Harris, additandola come la causa del crollo dei mercati finanziari. È l’ennesimo «Kamala Krash» (QUI | Facebook video), come recita il nuovo slogan coniato dal candidato repubblicano. A questo si aggiungono il rischio di una rappresaglia iraniana verso Israele, alleato degli Stati Uniti; e la fase più calda della campagna presidenziale a stelle e strisce, ora che le coppie di candidati sono finalmente decise: Donald Trump e J.D. Vance per i repubblicani contro Kamala Harris e Tim Waltz per i democratici (QUI | The New York Times).
La conclusione è che quello in cui viviamo è un mondo incerto e volatile, complesso e ambiguo. L’incertezza e la volatilità sono tipiche dei mercati finanziari mentre la complessità e l’ambiguità proprie del sistema internazionale.