Dal campo del ”abbiamo sempre fatto così”, al campo della logica incontrovertibile…
ognuno deve "scegliere le sue battaglie".. scegliendo se stare nel campo dell'abitudine o scendere in quello della logica (fonte unsplash.com)

Dal campo del ”abbiamo sempre fatto così”, al campo della logica incontrovertibile…


Passare dal campo della “abitudine” ad una “logica incontrovertibile”…

Quando la richiesta di un collega è assurda ed inutile o sottende un lavoro che lui/lei avrebbe dovuto fare (ma che non ha fatto), un metodo utile per eliminarla è mettersi nella condizione di farsi spiegare il “perché dovreste rispondergli” (applicando un concetto simile alla nota “inversione dell’onere della prova”).

Spesso partiamo dal presupposto di “dover rispondere a qualsiasi richiesta” perché dobbiamo dimostrare di essere sempre disponibili, perchè sta male "non farlo" o perché temiamo ritorsioni da parte di responsabili “irresponsabili”...

In realtà se qualcuno ti chiede qualcosa, quel qualcuno ti sta sottraendo tempo e dovrebbe prima convincerti con la logica che la richiesta è ben posta.

Più che partire dal presupposto di dover rispondere a tutti i costi, è necessario invertire il paradigma e chiedersi: perché dovrei rispondere?

Qualsiasi risposta ad una domanda richiede del tempo e questo tempo viene sottratto non solo alle priorità di chi deve rispondere ma anche all’azienda per cui lavoriamo (e si sa che in gergo aziendale “il tempo è denaro”); motivo per cui richieste ridondanti, frutto del pressappochismo, della poca competenza, del poco impegno e della mancanza di una corretta comunicazione interna andrebbero sempre spedite al mittente.

Fin qui tutto chiaro ma come si fa a respingere una richiesta elegantemente senza impattare sulla relazione?

Una soluzione può essere quella di chiedere al proprio interlocutore di motivare dettagliatamente la genesi della richiesta, specificando se non ci fossero strade alternative per arrivarci.

In genere questo è sufficiente per far “ragionare” l’interlocutore (abituato ad inserire il “pilota automatico” ed fare domande senza farsele) e per rifare un check sul processo logico che avrebbe dovuto seguire prima di sottrarre il vostro tempo.

Quando la risposta non è soddisfacente generalmente conviene insistere con ulteriori domande… fino a che la controparte non è costretta ad ammettere che la (sua) domanda era inutile, mal posta o ridondante (e che avrebbe potuto arrivare alla risposta con qualche sforzo in più).

Hai provato a chiedere a Tizio? Sei sicuro che non sia scritto in quel file? hai verificato che l’informazione non fosse disponibile presso l’ufficio tal dei tali?

Molte volte si risolve così ma nel caso si trovi qualche “caso ostico”, generalmente la cosa può salire di livello: a quel punto la strategia rimane la stessa e le domande passano al livello gerarchico superiore.

Quando si passa dal campo della “consuetudine” al campo della “logica”, è difficile che qualcuno possa trovare argomentazioni adatte a convincere che una cosa inutile diventi improvvisamente utile (se è intrinsecamente inutile, lo è a prescindere dal livello gerarchico dell’interlocutore).

In genere bastano uno o due passaggi per trovare qualcuno che “capisce” e che risolve il problema alla fonte… evitando che richieste inutili si ripetano e vadano ad assorbire risorse aziendali.

Quando ci si sposta dal piano dell’abitudine a quello della logica si rendono le cose più semplici e spesso si ha come risultato il miglioramento dei processi interni di comunicazione.

Spesso le persone che domandano “non si domandano perché domandano”… e spesso quelli che ricevono “laqualunque richiesta” tendono a rispondere perché così rimandano un problema di comunicazione che va affrontato… rimanendo però inchiodati a logiche inefficienti, cominciando ad odiare i colleghi fastidiosi ed alimentando processi inutili.

Spostarsi nel campo della “logica” a volte è noioso, fare domande è faticoso e talvolta imbarazzante ma sul lungo termine è un vantaggio per tutti: oltre a far emergere processi che non funzionano, si allenano i “leader a fare i leader”… ed i colleghi fastidiosi a capire che se vogliono accrescere la loro leadership, devono farlo utilizzando la logica (unica leva potente per far fare agli altri “quello che deve essere fatto” indipendentemente dai ruoli)

Scendere nel campo della logica in un mondo in cui la logica spesso si perde nei meandri delle inefficienze e del “abbiamo sempre fatto così” non è sempre facile perché richiede un mix di coraggio, esperienza e determinazione… ma il campo della logica è poco battuto e quando si sfida qualcuno in quel campo (senza l’obiettivo di batterlo ma con l’intento di cercare “soluzioni migliori”), nascono sempre ottime cose.

Il modello “devi farlo perché devi farlo” non funziona più… ed oltre ad essere obsoleto crea un sacco di inefficienze che nessuna azienda può più permettersi.


Michela Ruffino

Counselling, HR Management, Recruiting, Training

2 anni

Per evitare di incrinare la Relazione, occorre spostare la conversazione sul Contenuto. Questa è una delle prime regole imparate nel Master Gestione Risorse Umane. Trovo dunque questo articolo estremamente valido nel porre l'attenzione sulla logica della richiesta, tuttavia appare dispendioso talvolta dover approfondire, fare domande, per condurre l'altro alla soluzione del suo problema e rischiamo di diventare il problem solver involontario del collega. Per evitare questi rischi, ogni tanto fare l'elenco dei propri compiti ancora da assolvere e ammettere di non poter essere di aiuto per mancanza di tempo ed energie può essere una strategia basata sull'ontestà che paga sempre e toglie il cartello "Gioconda" dalla fronte :-) . Se fosse il proprio capo a fare la richiesta assurda, esporgli la propria scaletta di impegni e chiedere a lui/lei di ridefinire le priorità per poter inserire la nuova task è un buon modo per far rendere conto e ridare la responsabilità di gestire il carico all'altro. Grazie per l'approfondimento!

Sul lavoro:troppi incompetenti e danno alle aziende,la colpa e di chi li assume,si fanno grandi sulle spalle degli altri

Anna Clericó

Solare spirito libero,indipendente ed energica. Amo leggere e scrivere.Obiettiva e cinica,amo trovare soluzioni.Così determinata nel perseguire un obiettivo che è più probabile sia lui ad arrendersi!

2 anni

Ognuno di noi è il proprio mondo, fatto di valori e principi, è importante avere forza mentale, non avere timore di dire ciò che si pensa, ma soprattutto importante è sottolineare che ognuno ha un'idea che non sempre è condivisa e non sempre è giusta, ricordando che è meglio sbagliare da sé,solo chi non fa non sbaglia! Il giudizio non dovrebbe spaventare ma rivelare con chi si ha a che fare.. E comportarsi di conseguenza. Dovremmo mettere tutti nelle condizioni di non farci richieste inopportune ma se qualche coraggioso osa, si abbia il coraggio e il sorriso di rimettere a posto con tanto di non meritato ringraziamento.. E se non basta si coinvolga solo chi è in grado di aiutare..

Buoni spunti di riflessione… fanno sentire meno soli di fronte alle difficoltà che ogni giorno ci si presentano …

Erica Boffi

Laureata in filosofia presso Università di Torino

2 anni

Certo il modello de “devi farlo perché devi farlo” non funziona più o per meglio dire non ha mai funzionato, non non settore educativo e neppure in quello genericamente del lavoro. I termini del confronto manageriale abitudine e logica si possono sostituire con linguaggio filosofico in ripetizione e differenza. La civiltà nella sua storia ha utilizzato più spesso la ripetizione, così rassicurante e conservatrice. La differenza l’hanno sempre fatta le invenzioni, le tecniche, le rivoluzioni e le guerre. Si capisce perché l’umanità abbia fissa in testa l’idea del ripetere ovvero l’abitudine. Purtroppo le rivoluzioni e le guerre, che spesso sono state precedute da grandi invenzioni, sono sempre bagni di sangue. Questo per spiegare che anche nel nostro piccolo o grande quotidiano la logica- differenza si paga col “sangue” che in questo caso si legge più lavoro, apprendimento di cose nuove, maggior attenzione e più tempo. Tutto vero, ma la domanda che è sempre venuta spontanea in queste situazioni è poi sempre la stessa: chi controlla il controllore? Ovvero cosa garantisce l’autorevolezza di chi mi chiede di togliermi di torno o di lavorare di più? Ci vuole la certezza che non sia solo la posizione gerarchica.

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