Digital marketing: le 10 regole pratiche che devi conoscere

Digital marketing: le 10 regole pratiche che devi conoscere

Che il digital marketing rappresenti il nuovo terreno di competizione per le aziende è ormai palese. Non si tratta di una “moda” derivata dai problemi della pandemia e dalle occasioni del PNRR, ma di una tendenza chiara e inarrestabile, già in atto. Oggi ogni azienda deve progettare, attuare e misurare la propria attività marketing prima di tutto nel digitale.

Per molte società si tratta di una vera rivoluzione, un cambio di paradigma che spesso genera confusione, disorientamento e attività poco efficaci. Dove investire? Come? A chi affidarsi? In questo campo, spesso basta poco per fare la differenza tra un investimento redditizio e un inutile spreco di soldi.

Ma quindi, su cosa dovrebbe puntare un’azienda? E in quale modo?

Vediamo insieme i 10 punti essenziali per un’attività di digital marketing davvero efficace.

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1) La strategia

Uno degli errori più comuni per le aziende è quello di affrontare il digital marketing come una serie di attività isolate. Qualcuno si occupa del sito, qualcuno dei social e qualcun altro ancora della pubblicità. Ciascuno con i propri obiettivi specifici e le proprie risorse.

Affinché il digital marketing funzioni davvero è fondamentale che a monte ci sia una persona in grado di pianificare una strategia cross-platform, che quindi abbracci ogni aspetto di queste attività e che possa farle funzionare di concerto, per massimizzarne i risultati.

  • Sì: una risorsa, interna o esterna, con vasta esperienza di digital marketing, in grado di creare e supervisionare una strategia completa a 360 gradi.
  • No: il lavoro svolto ad interim dal CTO o dal CSO, o peggio ancora dal CEO, nei ritagli di tempo.

2) Gli obiettivi (e i KPI)

Se è vero che pianificare troppo porta a non iniziare mai, è altrettanto vero che sviluppare delle attività digitali senza avere dichiarato gli obiettivi rischia di non portare a nulla.

Gli obiettivi non servono per giudicare la qualità del lavoro, ma per avere una visione comune all’interno dell’azienda e per capire se è necessario applicare degli interventi correttivi. A volte poi ci si rende semplicemente conto che i target fissati non erano corretti e che vanno rivisti, ma se non si definisce un risultato specifico è impossibile provare a raggiungerlo.

I KPI, key performance indicator, sono i parametri in base ai quali misuriamo gli obiettivi: il numero di prodotti venduti online, i nuovi clienti contattati, il numero di visite sul sito Internet, le interazioni sulle pagine social. Per ogni obiettivo vanno stabiliti quali sono i numeri che concretamente ci possono dire se stiamo ottenendo quello che volevamo.

  • Sì: definire almeno un obiettivo per ciascuna attività digitale e i relativi KPI.
  • No: avviare un’attività perché lo fanno anche gli altri, senza sapere dove si vuole arrivare.

3) Il sito Internet

Che oggi qualsiasi azienda abbia bisogno di un sito Internet lo hanno capito tutti: dal piccolo commerciante alla grande multinazionale. Ma come deve essere fatto il sito? Lasciando le considerazioni tecniche a chi si deve occupare dello sviluppo, ci sono alcuni elementi che chiunque può e deve verificare.

Innanzitutto, un sito deve essere responsive. Ovvero, consultabile e leggibile anche da smartphone, in grado di adattare i contenuti alla dimensione dello schermo. Ormai è un requisito scontato e indispensabile. Se un sito non è responsive, abbiamo un grosso problema.

In secondo luogo, deve essere veloce. Non solo per risultare piacevole nell’uso (aspetto comunque fondamentale), ma anche per ottenere un buon posizionamento dai motori di ricerca, a cominciare da Google. Ma come faccio a sapere se il mio sito è veloce? Ci pensa Google stessa, con il punteggio dei Core Web Vitals, misurabile da qui: https://pagespeed.web.dev/. Il valore di riferimento è sempre quello dei “Dispositivi mobili”, non quello Desktop, poiché Google ha adottato una politica “mobile only”.

Terzo punto, deve essere sicuro, ovvero deve usare il protocollo “https:” e non “http:”. Per scoprirlo, basta aprire il sito, cliccare sulla barra dell’indirizzo e visualizzarlo per esteso. 

Queste accortezze tecniche non devono però distrarre dal punto più importante: il sito comunica correttamente? Riesce ad accompagnare chi scopre per la prima volta l’azienda, senza sapere ancora di cosa si occupa, ma anche chi è già cliente e vuole delle informazioni specifiche? “User experience” e “customer journey” sono due termini tecnici che si riconducono a un concetto molto concreto: il sito deve essere piacevole da usare e condurre l’utente alle informazioni di cui ha bisogno nel modo più chiaro.

  • Sì: un punteggio di almeno 50 su Google Page Speed.
  • No: un sito che non cambia in base alle dimensioni dello schermo.

4) Il content marketing

I contenuti sono la risorsa più preziosa per la comunicazione e il marketing di un’azienda. Sono il punto di partenza, e non a caso i grandi guru americani hanno forgiato l’espressione “content is king”, il contenuto è il re.

Attraverso contenuti correttamente sviluppati, l’azienda riesce a raccontare i propri valori e i propri prodotti in modo efficace, rispondendo davvero agli interessi e ai bisogni dei potenziali clienti. A fare la differenza è la capacità di parlare di sé mettendo però sempre l’interlocutore al primo posto, partire dai suoi problemi e dalle sue opportunità per spiegare quello che possiamo fare per lui.

Il content marketing, in senso più ampio, è anche SEO, ovvero la capacità di posizionarsi sui motori di ricerca, essere trovati quando qualcuno cerca argomenti attinenti alla nostra attività.

  • Sì: raccontare l’azienda partendo dalle esigenze del cliente.
  • No: un sito che non compare nelle ricerche di Google.

5) I canali social

Per un’azienda, essere presente sui social media non è questione di mode. Rappresentano un’occasione unica per stabilire un rapporto diretto con i propri clienti, per ascoltare le loro richieste e per creare comunità basate su interessi e passioni comuni. A fare davvero la differenza è come vengono scelti e come vengono usati questi canali. Servono strategia, obiettivi, piani editoriali, linee di condotta e linguaggi molto precisi, pensati per comunicare efficacemente con il proprio pubblico.

I canali social sono uno strumento eccezionale per raggiungere tutti coloro che sposano i valori dell’azienda e che hanno passioni o bisogni connessi ai suoi prodotti. E ci permettono di scoprire, direttamente dalle loro voci, come possiamo migliorare la nostra offerta. Solo pochi anni fa, le aziende spendevano cifre considerevoli per ricerche di mercato e sondaggi, cercando di capire meglio i propri clienti; oggi tutto questo è a portata di mano, basta saperlo cogliere.

  • Sì: utilizzare i social giusti per raggiungere i clienti davvero interessati e per ascoltarli.
  • No: pensare che il successo di una pagina social sia il numero dei suoi follower.

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6) Il digital advertising

Se i contenuti e i canali social sono strumenti essenziali per comunicare e condividere i punti di forza dell’azienda, l’advertising è indispensabile per raggiungere il pubblico.

Rispetto alla pubblicità tradizionale, quella digitale ha due vantaggi enormi: permette di definire con estrema precisione a chi ci si vuole rivolgere, in termini di interessi, caratteristiche demografiche, comportamenti; e permette di misurare con precisione i risultati, arrivando a capire esattamente quanto costa ogni singola vendita e ogni contatto. Senza dimenticare che, rispetto all’adv classico, quello digitale ha un costo nettamente inferiore.

Ma, ancora una volta, la differenza tra investire e buttare i soldi può nascondersi in un piccolo dettaglio: una campagna indirizzata al target sbagliato, un errore nelle impostazioni, un particolare fuori posto.

Gli strumenti di advertising digitale a disposizione sono molti, tutti estremamente efficaci… se si sceglie quello giusto per le proprie esigenze.

  • Sì: campagne progettate per un pubblico specifico e analizzate con precisione.
  • No: pubblicità senza un obiettivo concreto e misurabile.

7) L’email marketing

“Le newsletter sono solo un fastidio, non le apro neanche”.

Lo diciamo tutti, ma non è vero. Molte newsletter sono fastidiose e inutili, non c’è dubbio. Ma sicuramente ciascuno di noi ha delle newsletter che invece guarda con attenzione. E magari neppure si rende conto che siano newsletter.

E allora, quali funzionano davvero? Quelle che ci parlano dei nostri interessi, quelle che non cercano ossessivamente di vendere, ma che ci offrono contenuti validi. Quelle che cavalcano le nostre passioni o che attirano il nostro interesse professionale. Quelle che raccontano le storie che ci piacciono e che ci servono. Il contenuto, ancora una volta, è il re.

  • Sì: newsletter di contenuto, indirizzate a chi mostra un interesse reale, possibilmente personalizzate.
  • No: spam commerciale per elemosinare una vendita.

8) I chatbot

Molte aziende, che siano B2C o B2B, investono tempo e risorse per rispondere sempre alle stesse domande. Un’analisi accurata del customer care nella maggior parte dei casi rivela che almeno il 50% delle richieste ruota intorno a pochi temi fondamentali.

L’utilizzo di un chatbot, un assistente virtuale evoluto, permette di ridurre drasticamente questi sprechi di tempo. Se programmato correttamente, è in grado di soddisfare le domande di una fetta importante del proprio pubblico, che si tratti di assistenza post vendita o di supporto pre vendita, per qualsiasi genere di attività.

  • Sì: un chatbot capace di rispondere efficacemente alle domande chiave, riducendo il lavoro del customer care.
  • No: un chatbot che prova a rispondere a tutto e non riesce a rispondere a niente.

9) La lead generation

Il termine, attualmente molto in voga, indica una pratica antica quanto le attività commerciali: trovare nuovi clienti. O meglio, nuovi contatti, che possono diventare clienti.

La raccolta dei lead, in ambito digitale, può avvenire con molti strumenti diversi. In generale, gli ingredienti per una campagna di successo sono due: un target ben definito e un lead magnet efficace. Cos’è il lead magnet? Quello che offro in cambio del contatto. Un contenuto speciale, un gadget, uno sconto, addirittura dei soldi (non stupitevi, avviene molto più di frequente di quanto potreste immaginare).

Perché è così importante fare bene la campagna di lead generation? Perché in questo modo costa meno e, soprattutto, i contatti che fornisce sono realmente di valore, con una buona probabilità di diventare in futuro clienti.

  • Sì: una campagna focalizzata a raccogliere meno lead, ma di alta qualità.
  • No: un’attività di lead generation che poi non ha un seguito efficace.

10) L’analisi

Il lavoro da fare è tanto ed è complesso. Ma purtroppo, farlo non è sufficiente: va misurato e analizzato di continuo. Perché nel digitale le regole cambiano di continuo: cambia lo scenario, cambiano le abitudini dei clienti, cambiano le piattaforme tecnologiche. Quella che il mese scorso era una campagna di successo, oggi potrebbe rivelarsi un fallimento.

Chi si occupa di digital marketing deve controllare sempre i risultati e analizzarli, per comprendere le tendenze prima che sia tardi.

In fondo, uno dei grandi punti di forza del digitale è proprio la sua misurabilità: non serve aspettare dei mesi per capire se qualcosa non sta funzionando o se occorre un intervento correttivo. Lo capiamo subito. L’importante è sapere cosa e dove guardare.

  • Sì: un allineamento mensile per analizzare e valutare i risultati.
  • No: trovare una strategia che funziona e continuare ad applicarla senza verifiche.

David Pierantozzi

Founder Studio Pierantozzi. Consulenza di direzione, controllo e organizzazione aziendale. Of counsel Nexus Stp.

2 anni

Condivido pienamente. Aggiungo che la paura di cui si parla nel post è anche figlia di una cultura digitale molto bassa nell'ambito della impresa familiare italiana (che rappresenta oltre il 90% delle nostre imprese). Qualsiasi iniziativa volta a portare cultura nelle imprese diventa dunque non importante, ma addirittura vitale per il futuro della nostra imprenditoria.

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