Digitalizzazione, scuola, pandemia e INVALSI

Digitalizzazione, scuola, pandemia e INVALSI

I risultati #INVALSI, appena pubblicati, fotografano un livello di preparazione dei nostri ragazzi a dir poco insufficiente e ci chiamano a riflettere con lucidità su quello che è avvenuto o non è avvenuto nella #scuola e non solo durante il lockdown.

Il punto non è se ricorrere o meno alla Didattica a Distanza (#DAD) in caso che malauguratamente se ne protragga la necessità. Il punto è che il tempo scolastico trascorso a casa non sia più per gli alunni un’esperienza solitaria, separata e completamente diversa dal tempo scolastico a scuola, un’esperienza faticosamente vissuta da autodidatti.

Sperando che sia possibile già il prossimo settembre, occorre far rientrare “l’educazione digitale” nelle attività didattiche a scuola, in presenza. In altre parole, appare necessario che a scuola gli alunni abbiano occasione di acquisire familiarità con gli strumenti digitali che utilizzeranno nel tempo scolastico a casa, per progredire dall’inconsapevole e disinvolta dimestichezza con le app del proprio smartphone alla comprensione delle app, o per meglio dire degli strumenti online, che utilizzeranno anche a casa per “studiare” (si dice ancora così?!) ed apprendere.

Appare necessario che la Didattica a Distanza si trasformi in Didattica Digitale Integrata (#DDI) e che essa, così ben prefigurata in tante declaratorie, diventi pratica quotidiana anche nel tempo in presenza a scuola, entrando a far parte del POF (Piano dell’Offerta Formativa). Una DDI a scuola potrà al tempo stesso consentire ai docenti di mettere a punto il modo migliore di utilizzare i nuovi strumenti digitali, valutando “dal vivo” all’interno dell’aula l’efficacia della propria azione didattica.

Con le nuove responsabilità riemergono nella scuola criticità non nuove e di molteplice natura. Certamente ai docenti è richiesto di fare propri i nuovi strumenti didattici. Si tratta di uno sforzo grande, che potrà essere accompagnato da formazione specifica giacché molti di loro sanno di non partire dalla …disinvolta dimestichezza dei loro alunni di cui sopra. Sul tema il dibattito è ampio.

Di tutt’altra natura, ma egualmente impattanti, risultano le criticità che derivano dalle problematiche condizioni di impiego della rete all’interno degli edifici scolastici. Come si può pensare, infatti, di insegnare agli alunni l’uso avveduto e proficuo di app e piattaforme per lo studio, se a scuola non è possibile usarle? Rendono critico questo tentativo le caratteristiche per così dire fisiche delle scuole: la concentrazione di un gran numero di utenti che svolgono contemporaneamente attività di rete e sulla rete, talvolta anche molto intense. Si tratta a ben guardare di una criticità doppia: una relativa alla rete interna alla scuola, es. al Wi-Fi. L’altra relativa alla connettività verso Internet, che ogni tanto aumenta ma stenta a tenere il passo del fabbisogno. Progressivamente andrà considerata l’opportunità di predisporre piattaforme in cloud privato e locale, cioè interne alla scuola, per attenuare le congestioni della connessione che si determinano quando ad es. un download viene eseguito da tutti gli alunni di una classe che scaricano documenti contemporaneamente un documento, a volte persino il medesimo.

Fortunatamente ci sono importanti progetti in corso, come il Piano Scuole Connesse e il DDL sulla Rete UNIRE. Possono essere approfonditi in quest’articolo su Agenda Digitale.

La scuola insegni la digitalizzazione

L’adattamento alle nuove condizioni socio-tecnologiche determinate dalla pandemia è appena iniziato ed è già possibile riscontrare grandi differenze fra organizzazioni meglio predisposte al cambiamento, che sono riuscite a darsi nuove forme operative, e organizzazioni invece più sclerotizzate che stentano a farlo. Le capacità di adottare i modelli e gli strumenti operativi della rete, in breve la “digitalizzazione”, sono decisive per ripensare e ricostruire le organizzazioni e garantirne la sopravvivenza nel “mutato paesaggio” post-pandemico, intensamente digitale.

Per questo abbiamo bisogno di una scuola che insegni a comprendere i modelli operativi digitali, a “smontarli e rimontarli”, che “alleni al cambiamento”. Di una scuola mantenga quell’autonomia che essa stessa rivendica e non cada nell’adozione acritica di modelli didattici standardizzati: le cosiddette piattaforme, quasi sempre sofisticate e complesse ben oltre le necessità didattiche, e che generano omologazione e dipendenza, effetti differiti nel tempo e antitetici a quegli obiettivi generali, continuamente evocati, che raccogliamo sotto i concetti di resilienza e sovranità digitale.

Il ruolo della scuola nella costruzione di una società digitale è fondamentale. L’occasione del #PNRR è irripetibile. Gli interventi della politica sulla scuola siano attenti e precisi. Non bisogna pretendere risultati istantanei ma non si può perdere un minuto.

(Un'analisi più estesa è disponibile su Agenda Digitale.)

Raffaele De Troia

Funzionario Informatico [Information Technology Officer]

3 anni

Il tema è vasto, complesso ma anche molto importante e urgente. Come spesso accade nel nostro paese, e come sottolinea anche l'ottimo Francesco, la situazione è tutt'altro che uniforme: istituti che sono meglio organizzati e altri che annaspano. Secondo me il primo passo su cui si dovrebbe lavorare da parte del governo è proprio cercare l'uniformità: dare un modello unico di DDI reale e realistico ma anche sufficientemente dettagliato, fornire consulenza agli istituti che ne hanno bisogno (quante volte vediamo professori improvvisarsi esperti di tecnologie sicuramente con le migliori intenzioni ...), modulare l'erogazione delle risorse secondo le necessità reali degli istituti. Potrebbe essere anche utile valutare la possibilità di richiedere aiuto alle famiglie: io come genitore con due figli in DAD sarei ben felice di supportare tale processo perché va tutto a vantaggio della crescita culturale e sociale dei miei figli. Un grosso lavoro va fatto anche sui docenti, per riuscire a superare gli scogli nella fase didattica e soprattutto nella fase valutativa. Infine, occorre sensibilizzare le famiglie a aumentare il livello di attenzione sulla preparazione dei propri figli che possono essere facilmente e naturalmente tentati a sfruttare le scappatoie che la didattica a distanza offre. Allineati due dei tre attori (scuola e famiglia), si spera che i protagonisti (gli studenti) siano condotti nella giusta direzione.

Mario Crocco

Docente di Elettronica e Informatica abilitato

3 anni

Da docente mi permetto solo di fare un’osservazione. Tecnologicamente la scuola italiana è arretrata e non mi riferisco solo alle tecnologie ma anche e soprattutto alla reticenza verso tali tecnologie da parte dei docenti. E non finisce qui. Culturalmente siamo (vorrei dire “la maggioranza lo è “ma voglio mettermi nel calderone) arretrati rispetto a quei paesi in cui la DAD è qualcosa di naturale. I docenti la vedono come un modo come un altro per fare didattica, i ragazzi come un modo per “non fare” visto lo scarso controllo dei genitori. E poi.....poi ci di mette la privacy (telecamere sì, telecamere no!) e un governo fatto di gente impreparata e dilettanti allo sbaraglio (vedi le sedie con le rotelle che, in qualità di RSPP, ho vietato di comprare in una scuola). Mi fermo....ma ci sarebbe tanto da dire

Francesca Muserra

Partner @ Studio Tributario e Societario Deloitte | Coordinatrice Think Tank STS Deloitte

3 anni

Grazie Gianfranco per la disamina puntuale e assolutamente reale

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