Dipingere con i suoni: I Quadri di un’esposizione di Mussorgsky
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Dipingere con i suoni: I Quadri di un’esposizione di Mussorgsky

Dipingere con i suoni: I Quadri di un’esposizione di Mussorgsky

Modest Mussorsgky (1839-1881), è stato un compositore russo piuttosto anomalo. Ha scritto relativamente poco, aveva costanti difficoltà col denaro e con l’alcol, lavorava in ufficio ed è ricordato quasi esclusivamente per i Quadri di un’esposizione e per il Boris Godunov, capolavoro dell’opera russa; le sue musiche in generale sono così ardite, originali, a volte apparendo anche un po’ rozze, che spesso altri compositori si invogliavano a metterci sopra le mani per correggerne i presunti errori o per rielaborarne l’orchestrazione.

I Quadri di un’esposizione, originali per pianoforte, sono infatti il pezzo più orchestrato della storia della musica: si contano una trentina di versioni per orchestra sinfonica e una cinquantina di arrangiamenti vari, dal jazz di Duke Ellington al progressive rock degli Emerson Lake and Palmer. La versione che spicca più di ogni altra è quella che ha portato i Quadri al grande pubblico, ovvero quella di Maurice Ravel, mago dell’orchestrazione incontrastato, tanto che, quando si parla di Quadri di un’esposizione, il binomio Mussorsgky-Ravel è ormai inscindibile.  

Ma la genialità del russo era comunque già tutta contenuta nell’idea compositiva originale, che ne fa un pezzo unico nel suo genere. L’idea è questa: fruire di una mostra d’arte non attraverso gli occhi ma attraverso le orecchie; una sorta di museo sonoro. Il compositore, perciò, finge che i quadri, e il visitatore stesso, siano fatti di materia musicale. Le Promenade, ossia le passeggiate, rappresentano lo spostarsi del visitatore da un quadro all’altro; all’interno della composizione la Promenade compare diverse volte, ora esaltata ora malinconica, ora allegra ora sognante, a seconda dello stato d’animo dello spettatore che passa davanti ai dipinti dalle diverse sfaccettature emotive: raffigurazioni di gnomi malvagi, di castelli medievali, pulcini che ballano e così via. L’ultimo quadro rappresenta la maestosa porta di Kiev, grandioso momento musicale spezzato da brevi incursioni di inni della chiesa ortodossa; i rintocchi delle campane, suoni profondamente legati alla tradizione russa, dominano l’ultima parte della composizione, imponente e piena di giubilo.

L’idea, così originale, di mettere in musica una mostra d’arte gli era venuta grazie a Viktor Hartmann, suo amico pittore prematuramente scomparso. Per commemorarlo nel 1874 era stata organizzata una mostra con sue opere e Mussorsgky, visitandola, ebbe l’idea per il brano. In soli venti giorni aveva già scritto tutto. 

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