Disabilità e Pandemia, il silenzio degli Innocenti
La pandemia, l’immobilità, l’aumento dei disagi connessi alle restrizioni delle libertà personali e alla disgregazione dei rapporti sociali.
Scrivo questo articolo ispirata da un video della giornalista Carlotta Riccio Cobucci che gentilmente mi ha girato; immediata e doverosa la conseguente riflessione, che voglio condividere con voi, connessa tra l’altro ad alcune realtà che conosco personalmente e perché proprie dei miei pazienti.
Abbiamo parlato quasi di tutto dopo un anno: le ricadute della mancanza dello sport, smart working, didattica a distanza, aumento della violenza in tutte le sfere sociali, decadimento fisico e psicologico, gli anziani, le donne, i giovani… il futuro.
Ma alcuna notizia o spazio televisivo reiterato ha parlato di cosa sia accaduto in questo anno ad una fetta sociale come quella delle persone affette da disabilità.
Come è stato vissuto e viene vissuto questo periodo da bambini, ragazzi, adulti che necessariamente devono contare sull’aiuto di altri per condurre la loro vita e svolgere anche le più semplici attività quotidiane?
Voi lo sapete?
Cosa ha potuto significare per dei ragazzi, prendiamo ad esempio, affetti da Sindrome di Down, rimanere chiusi in casa? Non svolgere le loro tipiche abitudini?
Mia sorella è affetta da Sindrome di Down, è circa un anno oramai che non lavora, aveva la sua cara borsa lavoro che scandiva la sua giornata; non ha una percezione del tempo, Lei, esso è organizzato sulla base delle sue abitudini che contavano tra l’altro dell’incontro in palestra di amiche e amici, e dello svolgimento della sua amata attività sportiva quotidiana, fondamentale tra l’altro per il suo metabolismo (è ipotiroidea) e in generale per il bisogno della continua stimolazione fisico-cognitiva che le garantisce il mantenimento dei suoi traguardi e progressi in tutte le sfere vitali e sociali.
Cosa accade ad un ragazzo tetraplegico a seguito di cerebrolesione, laureato, ma confinato in casa perché i suoi tipici luoghi di ritrovo da un anno non li frequenta più. Sono stati chiusi, poi aperti, ma con limitazioni troppo rigide, poi i trasporti non più disponibili ecc…
“Dottoressa” mi dice, “come posso fare per parlare con una ragazza?!!”
Cosa rispondo a Gaia, un ritardo mentale e un’allegria sopita, sola con la mamma di 65 anni, che a 25 anni mi chiede: “Dottoressa sto invecchiando secondo lei? Parlo solo con mia mamma da mesi e lei è troppo stanca adesso per cercare di comprendere quello che le dico!”
E poi… tanto, tanto altro ancora, sempre in silenzio, perché loro stanno in silenzio, non hanno pretese, ma domande. Non si aspettano ma aspettano, non rifiutano, ma accolgono …sempre.
Pubblicai un post, tempo fa proprio qui su Linkedin, di un’antropologa la quale spiegava come ciò che distinse la nostra cultura umana dal resto del mondo animale fu proprio la capacità di occuparci degli individui più deboli e in difficoltà, cioè di coloro che in natura non avrebbero avuto speranza…
ecco, mi chiedo, lo stiamo facendo oggi?
L’essere diversamente abili ha un cardine essenziale ed esistenziale: la rete sociale, intendo con questo: i rapporti sociali, l’aiuto condiviso, il supporto sociale, la relazione e, forse il più importante, il contatto fisico e sociale.
Coloro che hanno una disabilità trovano nel loro prossimo e nella modalità di relazione con lui, la conditio sine qua non della loro qualità di vita.
Allora cosa possiamo fare? Viene da chiedersi, se ognuno è fin troppo investito dai propri di problemi, come fare a guardare quelli dell’altro, quelli del più debole?
Io rispondo ‘non come fare’… ma semplicemente fare.
Facciamo umanità, facciamo anima, partecipiamo della vita dell’altro, più debole, siamo presenti al vicino, perché sta in questo il segreto della nostra umanità e quindi la nostra più intima sostanza. E solo nella capacità di adempiere alla nostra natura (umana) sta la conquista di una ricchezza che è ricchezza di animo.
E quando si conquista la propria anima e si condivide la conquista con chi mi è accanto, che con me sta facendo la stessa cosa, nuova luce si accende e le ombre si dissipano.
Tutto diventa affrontabile, per tutti, in ogni modo….
Il mio più caro augurio è vivere la solidarietà.
Dott.ssa Agnese Scappini
per info e domande : agnesescappini@libero.it
Avvocato del Foro di Roma presso lo Studio Legale Internazionale "Avv. Vincenzo Falcucci & Partners"
3 anniAlziamo la Voce. Con la forza della Legge
Front-office operatrice politiche attive | Web content creator | Facilitatrice Scrittura Terapeutica | Volontaria traduttrice libri Inbook. Ascolto il respiro delle parole, ne curo la voce.
3 anniUno tra gli articoli più veri e necessari che abbia letto! Grazie.
line operator
3 anniBuon giorno e buon lavoro dottoressa, io un disabile, lo ho in casa, e vedo come soffrono, anche se non dicono nulla, da marzo 2020 che non esce perché potrebbe prender qualcosa! Si prender qualcosa, per loro vuol dire situazione grave, finire in ospedale! realtà che loro terrorizza moltissimo! Perché purtroppo se non sono autosufficienti la loro paura più grande è allontanarsi dalla famiglia e dai luoghi sicuri. E soprattutto sono annoiati e apatici, come i bimbi che vedo ogni giorno... E io l'appoggio perché comunque che un articolo venga letto, o un intervista vista o meno.. Lei fa la differenza! Perché non bisogna tacere su queste realtà!
Coach ACC/ICF - Formatrice Reinserimento Professionale - Certificato ACC/ICF - FSEA 1 Formatore per adulti
3 anniUn articolo stupendo scritto con tatto e rispetto, senza giudizio, con esempi concreti e che fanno riflettere! Grazie