Do you brilliant? | intervista con Alice Alessandri
Da ragazzina pensavo avrei fatto la giornalista. Ero spinta dalla fiducia di un'insegnante, una grande curiosità verso il mondo e - non lo nascondo 🤭 - la voglia di intervistare Tom Cruise! Ho scelto così di studiare Scienze della Comunicazione ma, sebbene durante il percorso abbia deciso di non fare questa carriera, non ho mai smesso di farmi e fare domande. Questo spazio nasce dal desiderio di portare avanti un'idea in cui credo tantissimo: conoscere le persone che incontriamo - anche in un contesto professionale - prima di tutto per quello che sono e poi nella loro veste lavorativa. Ecco Alice Alessandri
Ciao Alice benvenuta!
Per iniziare, quale prima domanda dovrei porti per poterti conoscere come persona (non come professionista)?
Bella domanda! (sorride, ndr)
Innanzitutto, grazie per avermi coinvolto e per questa domanda. Io amo le interviste perché trovo che siano molto terapeutiche, è come se in qualche modo scoprissi nuove parti di me attraverso le risposte che do!
La prima cosa che mi viene in mente, in questo momento, riguarda il mio nome.
Spesso mi chiedono “perché i tuoi genitori ti hanno chiamata Alice?”, posso dire che intanto mia mamma andava molto fiera di dire che non aveva mai letto “Alice nel paese delle meraviglie”! (sorride, ndr).
Era un nome poco usato nel 1970, almeno a Cesena, praticamente c’ero solo io per cui ero abituata a girarmi se lo sentivo per strada. Adesso c’è un boom di Alice, ma io continuo a girarmi (sorride, ndr).
Avevo la sensazione che questo nome mi rendesse unica, anche se poi non era così inusuale come nome visto che la Disney ne aveva realizzato un film d’animazione!
Qualche anno fa ho deciso di leggere il libro e penso che la vera domanda che dovresti farmi è “Qual è il tuo paese delle meraviglie?”
Per me il paese delle meraviglie è la vita in generale, viviamo in un mondo di meraviglie.
Mi ritengo fortunata perché sono nata in una cittadina piccola, ma molto vivace, dove è possibile coltivare uno stile di vita buono, ci si può muovere in bicicletta ma siamo anche su un’arteria autostradale che consente di andare facilmente ovunque.
Io poi, per passione e per lavoro, ho viaggiato e viaggio molto e ho avuto la possibilità di vedere tantissime meraviglie, meraviglie di madre natura e altrettante meraviglie frutto della mano dell'uomo. E anche le persone sono una meraviglia.
Diciamo che io sono un’ottimista e, quindi, per me la meraviglia è un'attitudine con cui affrontare la vita! (sorride, ndr)
1. Passiamo ora alla domanda di rito: ci racconti chi sei senza parlare di cosa ti occupi?
Sono una persona attiva e solare, nata per stare insieme ad altre persone.
Questo è stato un mio tratto distintivo sin da piccola. Ho sempre amato l'idea di essere insieme, di stare insieme, di fare le cose insieme.
Mi piace buttarmi nella mischia, alzare la mano per dire la mia e contribuire. Non amo molto stare in panchina ma ho grande rispetto per chi “sta giocando” perché è più bravo di me.
Questa mia estroversione mi ha accompagnato in tutte le fasi, in ciò che faccio nei diversi ambiti e, grazie al mio stile di vita – e non anticipo niente sul lavoro (sorride, ndr) – ho molte occasioni di contatto con gli altri. Come tutti, però, anche io ho comunque bisogno di bilanciare ricercando momenti privati dedicati alla famiglia e agli amici più intimi.
Se penso agli interessi e alle passioni credo che scaturiscano dal mio amore per l'inverno, la neve e la montagna.
Ti confesso che la mia icona di riferimento è Elsa di "Frozen" (sorride ndr). Credo che osservando più in profondità il personaggio e la storia ci sia una grande potenza comunicativa perché si parla di entrare in contatto con le proprie qualità, le proprie abilità per imparare a non averne paura mettendole al servizio degli altri.
In generale mi piace molto lavorare con le mani, cucinare, creare e visto che amo l’inverno non posso che entusiasmarmi per il Natale e le sue tipiche decorazioni che mi diletto a realizzare! (sorride, ndr)
2. Qual è la tua scintilla? Ovvero, quella cosa, quella situazione che ti entusiasma a tal punto da farti perdere la cognizione del tempo o da farti sentire attraversata da una sensazione frizzantina alla sola idea di viverla?
Queste domande mi fanno davvero riflettere.
Io faccio parte di quelle persone che hanno scelto di fare una professione che è molto totalizzante e molto connessa alla propria scintilla, quindi devo andare più in profondità per risponderti e trovare qualcosa che sia al di fuori dell’ambito lavorativo.
Se penso ai momenti che non vedo l’ora di vivere direi che sono tutti inerenti al lavoro manuale. Il nostro uscio di casa, ad esempio, è sempre decorato da una corona di fiori, diversa a seconda della stagione, che realizzo trovando divertimento e calma.
Quando abbiamo ospiti invece mi rendo conto che mi piace curare la tavola e l’apparecchiatura, mi piace proprio la ritualità della bellezza perché lo stare insieme, per me, deve essere anche uno stare in un posto bello.
3. Se ti chiedo di pensare a una foto d’infanzia, ce n’è una che ti viene in mente subito? Ce la racconti? C’è qualcosa che esprime ancora bene chi sei adesso?
Me n’è venuta in mente subito una che mi piace molto (sorride, ndr) in cui ci siamo io e mia sorella Enrica – lei è più giovane di me e la adoro!
Siamo caratterialmente molto diverse e in questa foto, dove lei avrà avuto un anno e io cinque, emerge chiaramente.
Lei è seduta pacifica e accenna un sorriso di circostanza mentre io, alle sue spalle, vestita con un abito di raso e un improbabile cerchietto da indiano (sorride, ndr) ho la bocca aperta e sto sicuramente urlando qualcosa.
Quella foto mi fa tanto ridere perché io sono proprio così anche oggi: all’apparenza posata, internamente tanta energia da incanalare.
4. Ricordi un momento specifico in cui hai capito cosa avresti voluto fare nella vita? Avevi un sogno da realizzare, una missione da compiere, un contributo da apportare?
Quello che faccio oggi forse l'avrei potuto immaginare già verso i 10, 11 anni perché c'erano alcuni indizi piuttosto chiari.
So che non posso raccontare ancora di cosa mi occupo (sorride, ndr) ma ti dico solo che mentre frequentavo la quinta elementare c'era una maestra della prima che quando aveva bisogno di assentarsi veniva in classe e chiedeva alla mia maestra “Marta, scusa mi puoi prestare Alice?” e io, non so come, tenevo la classe! (ride, ndr).
Per molto tempo non ho colto segnali come questo e ho continuato a seguire altre direzioni.
Il motto di mio babbo è sempre stato “ci si affoga nell'acqua alta” e dunque io al liceo volevo studiare ingegneria civile, per la precisione “ponti e grandi strutture”; era proprio questa specializzazione che mi affascinava, ero brava in matematica, avevo già “manie di grandezza” (ride, ndr) e questa idea di contenere/facilitare le connessioni!
Poi per fortuna la vita è più saggia di noi e sistema le cose.
In quinta liceo ero incinta, il 31 maggio 1989 è nato mio figlio Riccardo e neanche un mese dopo, il 21 giugno, ho dato l'esame di maturità diplomandomi con un buon voto.
Proprio quell’anno apriva a Cesena la facoltà di Scienze dell'Informazione, perfetta per me che avevo frequentato il liceo scientifico sperimentale in informatica.
Quello che ho studiato mi è servito e ho raccolto belle soddisfazioni ma non era quello che accendeva la mia scintilla.
Su questa mia esperienza ho scritto un articolo sul blog –“Dall'informazione alla Comunicazione, il mio metodo di lavoro” – nel quale ho ripercorso alcuni passaggi della mia vita e ho capito che quella che sono oggi è il frutto di tutto ciò che è accaduto e so di essere stata brava ad un certo punto a unire i puntini e seguire quella che davvero era la mia strada.
5. Dai, ora puoi raccontare di cosa ti occupi.
Sono una formatrice e consulente aziendale e mi occupo di etica nel business all’interno di Passodue, lo studio che ho fondato con mio marito Alberto Aleo.
Accompagniamo aziende e professionisti ad agire in modo etico nell’ambito della vendita, del marketing strategico e della leadership così da ottenere risultati di soddisfazione per tutti gli attori coinvolti.
6. Qual è la tua definizione di etica?
La mia definizione di etica – quando mi si chiede di dirlo in poche parole - è lavorare e agire rispettando noi stessi e gli altri.
Lo si può fare nell’ambito delle relazioni commerciali tra venditore e cliente o all’interno del proprio team di lavoro ma anche, ad esempio, decidendo di non parcheggiare in seconda fila!
Ultimamente la parola etica è piuttosto abusata, utilizzata quasi a livello promozionale "per farsi belli"; ma l’etica è connessa ai nostri comportamenti e non alle nostre parole.
Per capire se il proprio approccio è etico è necessaria una buona dose di consapevolezza, ovvero la capacità di stare in contatto con sé stessi per riconoscere se le nostre azioni sono allineate con i valori profondi che ci animano, se siamo autentici o se stiamo scendendo a compromessi che ci allontano dalla nostra essenza.
Noi abbiamo coniato l’espressione “essere in conflitto di identità” che esprime quei momenti in cui chi sei e quello che fai non sono coerenti tra loro, una situazione che mina la fiducia in sé stessi, rende meno efficaci in quello che si fa e ci allontana dalla felicità.
Questo primo atto etico è necessario ma non sufficiente.
Dobbiamo infatti poi rivolgere lo sguardo verso l’altro per capire con chi ci stiamo relazionando, quali sono i suoi valori, cosa ritiene importante e di cosa ha bisogno. Solo in questo modo possiamo creare una condizione di scambio etico, che consente quindi la soddisfazione di entrambi.
Perché tutto questo possa avvenire dobbiamo imparare ad assumerci la responsabilità di agire per primi in modo etico così da stimolare anche l’altro a farlo senza aspettare che parta dall’esterno.
Questi principi valgono in tutti gli ambiti della vita e nei differenti contesti lavorativi - azienda strutturata, libera professione… - possono cambiare i gradienti, il linguaggio, le modalità, ma le relazioni umane sono sempre le stesse.
Come Passodue lavoriamo in ambito professionale ma pensiamo che, quando una persona si abitua al piacere di essere in pace con sé stessa e con i propri valori, alimentando relazioni costruttive sul lavoro, poi tutto questo si espanda anche alla vita privata, migliorandola.
7. Quali sono le prime difficoltà che hai incontrato quando hai iniziato a occuparti di vendita etica?
Quando abbiamo iniziato a parlare di vendita etica nel 2012 sembravamo dei marziani: “fa già ridere così, è un ossimoro” ci sentivamo dire.
Noi, nonostante tutto, abbiamo continuato forti del fatto il nostro metodo nasceva da una ricerca indipendente basata sull’osservazione delle buone prassi dei venditori che, grazie al loro approccio, riuscivano a raccogliere risultati duraturi nel tempo.
Volevamo convincere gli “spietati del mercato” che l’etica poteva essere un elemento strategico per fare profitti e dopo 12 anni possiamo dire che con molti di loro ci siamo riusciti.
L’etica, infatti, non è buonismo, il buonismo uccide il sistema economico, ma è un’opportunità per il successo allargato a tutti gli attori coinvolti.
L’altra chiusura che abbiamo incontrato è stata quella del mondo accademico italiano; questo ci ha portato negli USA dove, al contrario, abbiamo trovato grande apertura e disponibilità al confronto e al dialogo. Una su tutti voglio citare la nostra mentore prof.ssa Mary Gentile, fondatrice del programma Giving Voice to Values - due dei nostri libri sono stati pubblicati in lingua inglese nell’omonima collana - guida saggia e fonte di ispirazione.
8. Cosa consiglieresti di fare per superare il disagio con la vendita che accomuna molti nell’ambito artistico e creativo? Come si può allontanare il pensiero che la vendita possa portare a snaturarsi o a tradire la propria arte?
Uno dei miei motti è “fare pace con la vendita”; dedico molta energia ad aiutare le persone che incontro in aula affinché si rendano conto che tutti vendiamo qualcosa a qualcuno e questa azione ci consente di dare espressione a quello che siamo, non ha nulla di “sporco” o di sbagliato.
Sapersi vendere è saper riconoscere ed esprimere al mondo, in modo onesto ed autentico, il proprio valore.
Il mondo artistico – e forse più in generale il mondo dell’immateriale – è quello più toccato dal pregiudizio della vendita ma come ricorda spesso Alberto, è stato Giotto il primo a farsi pagare non più a metro quadro ma per il proprio talento! Per farlo bisogna prima di tutto saperlo riconoscere e prendersene la responsabilità.
9. Dal tuo punto di osservazione - come formatrice e consulente - quale pensi che sia una delle maggiori sfide del mondo del lavoro oggi sulla quale, però, ritieni si possa intervenire? Cosa pensi si possa fare per attivare, per facilitare un cambiamento?
Un tema che mi sta a cuore - che in qualche modo rappresenta la sfida a cui dedico molte delle mie energie - è rendere consapevoli le persone della possibilità, anche in ambito lavorativo, di realizzarsi come esseri umani in modo che la loro anima trovi spazio, opportunità di esprimersi e ascolto.
La vita ci pone continuamente sfide evolutive e il mondo del lavoro è un contesto privilegiato per la nostra crescita.
Come Passodue stiamo lavorando già sul tema delle diverse generazioni che oggi condividono lo spazio del lavoro e come nel nostro stile lo stiamo facendo partendo dai valori. Solo così ci si può incontrare, capire e mettere le basi per fare le cose bene insieme.
10. Cosa vuol dire per te la parola formazione?
La mia formazione si nutre di curiosità, apertura e ispirazione. Ho sempre cercato di imparare da chi è bravo, in ogni campo. L’eccellenza mi stimola, non nutro mai gelosia piuttosto mi chiedo “Come posso migliorare? Cosa mi manca per raggiungere quel risultato?” e poi mi metto all’opera.
Leggo tanto, vado al cinema, ascolto ogni persona che incontro, mi lascio contaminare, emozionare e poi rielaboro, non replico ma integro ciò che ho appreso nel mio approccio.
Alice, siamo quasi arrivate alla fine.
Se ti dico “Do you brilliant?” tu cosa pensi?
Penso che ciascuno di noi abbia il compito di brillare, una sorta di dovere morale verso noi stessi e gli altri.
Se siamo venuti al mondo un motivo c’è e tutte le volte in cui si tiene nascosta la propria luce non si sta facendo del bene a nessuno.
Io ho lavorato molto su questo punto ed oggi cerco di aiutare le persone a ritrovare la loro fiammella a cui devono dare spazio e alimentarla. Questo si ricollega a quello che ti dicevo su Frozen, secondo me è davvero importante riconoscere quella scintilla, saperla controllare e metterla al servizio degli altri. Il mio talento è quello di abilitare gli altri a riconoscere e tirare fuori i propri talenti.
Sai, ti sei avvicinata tanto al senso che ho immaginato quando ho pensato a questa formulazione, se chiedessi quindi a te
✨Cosa ti entusiasma e fa brillare la tua scintilla? ✨
La mia scintilla brilla e si rinforza ogni volta che sento di essere riuscita a dare un contributo alla vita lavorativa, e non, di qualcuno che è stato in aula con me.
Questi momenti restituiscono un senso profondo a tutto il lavoro profuso, la stanchezza, i viaggi, le serate a scrivere o studiare, la sveglia all’alba per prendere treni o aerei, nutrendomi di nuova energia.
Per concludere, ci indichi la prima canzone/video che ti viene in mente e che pensi possa raccontarti? Se ti va aggiungi due parole per raccontarci la tua scelta?
“Flashdance... What a Feeling”, colonna sonora di un film cult per la mia generazione.
La protagonista di giorno saldatrice e la sera ballerina con un talento per la danza classica che interpreta a modo suo, fuori dagli stilemi accademici.
Mi piace pensarmi come lei - ho pure ripreso a fare danza classica anche io (sorride, ndr) - soprattutto penso che possiamo e dobbiamo dare voce alla nostra autenticità.
🎼 Se vuoi sentirla clicca qui
Alice, ti ringrazio per esserti messa in gioco nel rispondere alle domande, raccontandoti in modo spontaneo, autentico e accogliente. L'energia e l'entusiasmo nel trasmettere la tua visione etica della vita - oltre che del lavoro - sono contagiosi e credo possano essere di grande ispirazione per tutti quelli che sono proprio alla ricerca di una chiave diversa, e più umana, per approcciarsi ai temi di vendita, marketing e leadership.
Roberta (aka MissWonder)
Io sono Roberta Ponticiello, founder, project manager e mentor di ✨ brilliant - let your spark shine ✨ e organizzo percorsi di #formazione e #mentoring per il settore #Arts #Media #Entertainment
Formulente - Formatore & Consulente per persone nel business. Facilitatore e guida nella trasformazione aziendale e nello sviluppo del mindset.
1 meseBellissima intervista. 🙏🏼
Business Ethics Trainer
1 meseGrazie Roberta, è stato proprio bello farmi intervistare da te!!!