Due cose sulla comunicazione e sul feedback in azienda
Qualche giorno fa rileggevo vecchi appunti personali su come valorizzare il processo di feedback in azienda.
Li condivido con voi, così un po' artigianali come li avevo buttati giù, spontanei.
Ci guardiamo le spalle
C’è un bisogno disperato di parlarsi e capirsi nelle aziende. Facciamo una gran fatica a scambiarci opinioni su come lavoriamo e su cosa pensiamo del lavoro degli altri, senza scadere in giudizi poco informativi. Ci affidiamo a software di valutazione e poi facciamo fatica a guardarci in faccia e dire quello che pensiamo.
E poi, abbiamo perso la spinta a fare domande, soprattutto a noi stessi.
Si parla molto dell’importanza del feedback, eppure c’è diffidenza: a volte lo si fa per moda, altre lo si fa per convinzione ma comunque si fa fatica a vederne gli effetti positivi. Ci guardiamo le spalle, timorosi dei giudizi degli altri; a ragione, perché troppo spesso si incentiva l’uso del feedback come strumento di confronto, ma poi viene manipolato per decretare se siamo buoni o cattivi dipendenti.
Perché? Il concetto e la storia stessa della parola feedback porta su questa strada.
→ definizione Treccani
- Nel linguaggio tecn. e scient., termine equivalente all’ital. retroazione, che designa il processo per cui l’effetto risultante dall’azione di un sistema (meccanismo, circuito, organismo, ecc.) si riflette sul sistema stesso per variarne o correggerne opportunamente il funzionamento: f. positivo o negativo, secondo che si abbia, come risultato finale, l’intensificazione oppure l’attenuazione dell’effetto.
- In elettronica, f. negativo (o, con espressione ital., reazione negativa o controreazione) è, in un amplificatore, il riporto di una parte del segnale di uscita di uno stadio qualunque all’ingresso di quello stadio o di uno stadio precedente, fatto allo scopo di stabilizzare l’amplificazione.
- Il termine si è diffuso anche in altre discipline (neurologia, linguistica, psicologia, ecc.) per designare fenomeni di retroazione.
La parola feedback rimanda al modello cibernetico della comunicazione basato su tre assunti:
- comunicare vuol dire trasferire informazione = ridurre l'incertezza
- comunicare vuol dire passare un messaggio da emittente a ricevente
- concetto di retroazione (feedback): l'informazione torna indietro, dal ricevente all'emittente
Problemi del modello cibernetico:
- presuppone che l'informazione esiste al di fuori da noi
- non sempre un segno comunicativo ha lo stesso significato per tutti
- la retroazione non prevede di valutare l’efficacia o meno del messaggio
- non si pensa a come l’informazione retroattiva viene interpretata
- non si considera l’influenza del ruolo sulle dinamiche comunicative
Che fare allora?
C’è un modello di comunicazione diversa, quello semiotico-costruzionista: la realtà si costruisce comunicandola, non c'è una realtà "da comunicare". Cade il concetto di informazione e nasce quello di interazione.
Questo cosa vuol dire?
- chi comunica è contemporaneamente emittente e ricevente
- il concetto di noncomunicazione tra due persone (o tra due ruoli) non esiste: anche il "silenzio" parla
- il segnale comunicativo è responsabilità sia dell'emittente che del ricevente.
Dare feedback pensando che la comunicazione sia unidirezionale è un errore grossolano con effetti dirompenti.
Il feedback è qualcosa che io penso di te e non c’è nessuna ragione al mondo per pensar che la mia visione sia oggettiva.
Quello che io penso di te ha a che fare con te, ma soprattutto con me.
Come fare a tenerne conto nei progetti di feedback in azienda?
Va cambiato il modo di pensare e progettare il feedback. Farlo a 360° aiuta, ma non basta.
Un progetto di feedback deve servire a mettere in dialogo le persone, per migliorare non tanto l'una o l'altra, ma per migliorare l'interazione tra loro.
Un progetto di feedback deve essere sempre dialogico, innescare conversazioni, domande, riflessioni comuni. Mai valutazioni unidirezionali.
Proposta
- fare sempre domande aperte che diano modo alla persona di descrivere la sua opinione
- mai limitarsi al voto, al numero, al giudizio
- dare alle persone l'occasione di parlarsi
- calarsi sempre nel ruolo e nel contesto, per gestire la situazione
- mai dimenticarsi dell'obiettivo comunicativo (perché devo/voglio darti un feedback?)
- lavorare sia con chi da il feedback sia con chi lo ricevere
Competenza da allenare
Fare domande. Perché se il nostro segno comunicativo non è chiaro, il nostro interlocutore ci aiuterà a renderlo più chiaro.
Meno risposte pronte e più domande pensate.
Un progetto di feedback deve basarsi soprattutto su un buon ascolto, e sulla fiducia. Solo così, quando correttivo, si può accettarlo come un'occasione di crescita, e non come un rimprovero, e solo così si può imparare a consegnarlo come un regalo e non come un rimprovero
Psicologa & Formatrice | Ti sostengo nel tuo viaggio verso una genitorialità consapevole | Percorsi per tornare a brillare: per donne, mamme e coppie
5 anniOttimi spunti Anna, grazie. Dare feedback significa dire agli altri come noi li viviamo.