Efficienza organizzativa e benessere individuale
Ho preso spunto da un invito del mio amico Luca Solari -http://www.unimi.it/chiedove/cv/ENG/luca_solari.pdf - sul tema "Efficenza aziendale e benessere dei lavoratori: una sintesi possibile?" per scrivere questo post / riflessione.
Benessere e Motivazione
Il mio primo pensiero rispetto al titolo provocazione è che non solo sia possibile ma sia necessario, convinto come sono che l'essere umano è un organismo proiettato verso il suo benessere che, per questo motivo diventa la più intensa forma di motivazione.
Se poi si analizzano i fattori competitivi oggi non si può che convenire sul fatto che l'elemento motivazionale rimanga ormai l'unico fattore determinante sul quale un'organizzazione può costruire la propria distintività.
Da tempo ormai la tecnologia ha abbassato i propri costi e ha cessato di essere una barriera all'ingresso e un fattore competitivo al pari della buona Organizzazione (intesa come disciplina) la cui conoscenza è alla portata di tutti.
Con questo non voglio di certi trascurare il peso e l'importanza di una giusta scelta degli strumenti (tecnologia) e dei modi (Organizzazione) con cui impostare i processi ma affermare come tutto sia accessibile tranne la capacità e i comportamenti di ogni singola persona che sono, per loro natura unici e irripetibili.
Lo diceva già Thomas Davenport in Human Capital quando affermava che le persone non sono risorse bensì proprietari di risorse che decidono o meno di mettere a disposizione della loro organizzazione in base al loro livello motivazionale. Livello che è strettamente legato alla possibilità di raggiungere il proprio benessere.
Definizione di benessere
Diventa quindi importante, a questo punto definire con precisione cosa si intende per benessere e quale ruolo può avere l'organizzazione nel suo raggiungimento.
Sul primo mi sento di sposare totalmente la definizione che ne dà A.Sen secondo il quale il benessere e successo individuale si ottiene con il raggiungimento dei propri (individuali) obiettivi. Il concetto di benessere è pertanto un fatto soggettivo, relativo e non assoluto che cambia non solo da persona a persona ma è dinamico nel tempo anche per la singola persona.
Rispetto a questo l'individuo ha un preciso e inderogabile dovere sia verso di sè che verso la comunità che lo circonda (quella formata dalle persone con cui è in relazione): chiarire, a sè stesso, qual è il proprio benessere e come lo può raggiungere, per poi comunicarlo in modo trasparente e esaustivo. In altre parole deve lavorare su se stesso e comprendere qual è il suo modo di star bene evitando di prendere pericolose scorciatoie verso forme di benessere istantanee ma poco durature, perchè si potrebbero trasformare in cause di tensioni e malessere per sè e per le persone con cui interagisce. E lo deve fare in modo trasparente in modo da consentire a chi ha lo stesso obiettivo di convergere su di lui e, allo stesso tempo, lasciare chi non ce l'ha la possibilità di divergere parzialmente o totalmente.
Ruolo dell'organizzazione
Posto questo principio rimane da vedere il ruolo dell'organizzazione. Il primo pensiero è che il successo dell'organizzazione avviene solo se tutte le sue persone sanno di poter percorrere, quando sono al suo interno, un "pezzo" di strada verso il proprio benessere.
Ci deve essere quindi una convergenza di obiettivi del singolo rispetto a quelli dell'organizzazione, allontanandosi da quel fenomeno di "eterogenesi dei fini" che troppo spesso oggi la fa da padrone nelle situazioni organizzative.
L'organizzazione deve pertanto essere ferma chiara e decisa du due punti: stabilire la propria Compliance, le regole del gioco di cui intende dotarsi, e dichiarare in modo esaustivo e inequivocabile i propri obiettivi.
Il contratto tra le parti e il ciclo del valore relazionale
Fatto questo non devono esistere dubbi per l'individuo; se stai dentro stai dentro se non condividi regole e obiettivi le strade devono separarsi.
Passato questo scoglio che prevede l'eliminazione del buonismo da entrambe la parti, il ruolo dell'organizzazione può dispiegarsi nei passi che compongono il ciclo del valore relazionale:
adesione, scegliere solo chi ha capito gli obiettivi e sceglie di aderirvi
conoscenze, scegliere chi ha le conoscenze o può svilupparle e sostenerne lo sviluppo
comportamenti, eliminare le libertà negative e ampliare le libertà positive sapendo trasformare i vincoli in opportunità
risultati, analizzare i risultati e farne tesoro in una logica di PCDA ovvero di miglioramento continuo
sensibilità sociale, guardare agli effetti che i propri obiettivi producono sul resto della comunità.
Conclusione
Va detto, e lo ripeto a costo di essere ridondante che questi son momenti di verifica continua per la permanenza del rapporto tra organizzazione e individuo: laddove in qualsiasi di questi passaggi l'individuo trovasse l'organizzazione insoddisfacente dovrà avere il coraggio di abbandonarla pena vedere il suo benessere pregiudicato. Vale però lo stesso per l'organizzazione la quale dovrà non esitare ad allontanare qualsiasi persona che non è in linea col suo progetto.
In conclusione posso davvero affermare che sia l'individuo che l'organizzazione per guadagnare benessere il primo e efficienza la seconda non devono cadere nell'indulgenza e nella bontà di breve termine: qualsiasi debolezza in tal senso penalizzerebbe l'esito finale cadendo nella trappola, già citata, dell'eterogenesi dei fini.
Gl individui non devono essere buoni con sè stessi ma sfiorando una apparente contraddizione devono volersi davvero bene, così come l'organizzazione non può essere buona verso il singolo perchè farebbe pagare un prezzo davvero alto al benessere del resto della comunità.
Noi di www.energeticoaching.net siamo nati per questo, per agire sulla consapevolezza dell'individuo rispetto alla sua dimensione del benessere e al modo di integrarlo con le persone con cui si trova in relazione. Grazie alla bioenergetica e all'esplorazione delle proprie risorse riusciamo a dar luce su cosa significa star bene e su come lo si possa stare in mezzo a una organizzazione.