Elezioni Americane: Biden vince, ma il Trumpismo è definitivamente sconfitto?
Donald esce di scena, ma potremmo dire lo stesso delle sue idee?
Di Fabio Carolla, pubblicato per Oltremanica, 11 Novembre 2020
Dopo mesi di battaglie, ostacolate, dallo scoppio della pandemia di COVID-19, si arriva — finalmente — alla giornata decisiva: 3 Novembre 2020, Trump contro Biden.
Ancora una volta, i democratici contro i repubblicani. Una battaglia, iniziata già qualche giorno prima (o qualche settimana, come nel caso della Florida) con i milioni di voti inviati per posta. Il voto a distanza, seppur spesso criticato da Trump, è stato infatti estremamente utilizzato quest’anno al fine di minimizzare il rischio di contagi. La US Election Project parlava di oltre 101 milioni di “early votes” ovvero circa il 73.6% dei 138.9 milioni di voti totali registrati nelle elezioni del 2016. La battaglia si sarebbe dovuta concludere nella notte tra il 3 ed il 4 Novembre, ma molti — tra cui anche il senatore Bernie Sanders, in una profetica previsione rivelatasi poi indiscutibilmente precisa — avevano già sottolineato come una notte sola non sarebbe bastata a completare lo scrutinio e sancire il vincitore. Difatti, i voti inviati per posta sono più lenti da processare, oltre al fatto che alcuni stati hanno scadenze per i voti postali ben oltre il 3 Novembre. É il caso di Nevada, Alaska, North Carolina: soprattutto quest’ultimo, la cui scadenza é addirittura il 12 Novembre. A contribuire al ritardo, non sono state solo le differenti scadenze, ma anche le prevenzioni prese in atto da alcuni stati — tra cui la Pennsylvania — che, nonostante avessero ricevuto i voti degli “early voters” (coloro che avevano anticipatamente votato per posta), hanno deciso di non iniziare il conteggio fino all’arrivo dell’”Election day”.
Finalmente, il 7 Novembre Biden sale sul palco di Wilmington, Delaware per proferire le sue prime parole da presidente eletto degli Stati Uniti d’America. Invoca Dio un paio di volte; fa riferimento alla Bibbia; parla di guarire il Paese; di abbassare la temperatura e di iniziare ad ascoltarsi gli uni con gli altri. È visibilmente emozionato e fatica a nasconderlo. Dopo il ritiro dalla campagna presidenziale nel 1988 e la sconfitta nel 2008 — contro il presidente Obama che lo ha poi voluto come Vice-Presidente — finalmente approda alla Casa Bianca e lo fa in grande stile: risulta vincitore come il presidente più votato nella storia degli Stati Uniti d’America, battendo proprio Barack Obama. Sono oltre 76 milioni i voti che hanno portato Biden ad assicurarsi il trono degli US, risultando vincitore in alcuni stati chiave, tra cui: Michigan, Wisconsin e Pennsylvania, tutti stati che avevano visto la vittoria di Trump nel 2016. Non ha sfigurato però l’avversario Trump che, con 71 milioni di voti, risulta il secondo candidato più votato nella storia del Paese.
Come si presentano distribuiti i voti quando guardiamo grafici e mappe? Secondo i dati riportati dalla BBC, il preferito delle elettrici è stato Biden con il 56%: probabilmente risultato delle accuse di violenze sessuali e sessismo rivolte all’ex numero 1. Altro dato chiave per la sconfitta di Trump riguarda l’etnia dei suoi elettori. Se i bianchi hanno preferito, con il 57%, a votare per il presidente uscente, tra gli elettori di colore, invece, solo il 12% ha votato per Trump. Circa gli “Hispanic/Latinos”, solo il 32% ha scelto Trump. Dato che non rappresenta il caso della Florida, dove Trump ha vinto il loro consenso. A spiegare il controverso risultato è stato il sindaco di Miami che, ai microfoni della BBC nella diretta del 3 Novembre, ha spiegato come Trump sia stato bravo a dipingere i “democratici come socialisti” per spaventare le popolazioni di immigrati — o figli di immigrati — provenienti da paesi come Cuba o Venezuela, in cui il socialismo ha spesso significato care perdite. Sembrano essersi rivelati inutili sono stati, nei giorni successivi, i tentativi del presidente di delegittimizzare il voto, gridando alla frode. Accuse smentite dalle più influenti testate giornalistiche mondiali in quanto mancanti di prove.
Quanto la vittoria di Biden può considerarsi sconfitta di Trump? Il trumpismo, variante tutta americana del sovranismo, ovvero la dottrina politica che esalta la centralità della sovranità nazionale, ha profondamente influenzato lo scenario politico degli ultimi quattro anni. Ha navigato ed ha attraversato il continente, per arrivare in Europa, dove ha rafforzato i leader sovranisti nostrani, quali Matteo Salvini e Giorgia Meloni in Italia; Marine Le Pen in Francia; gli stessi “brexiteers”, guidati da Nigel Farage nel Regno Unito. Questo modo di fare politica, con la sua globalità, si è imposto autolegittimandosi: i giovani maturati politicamente negli anni della presidenza trumpista riterranno normali determinati atteggiamenti tipici di the Donald? Gli stessi comportamenti che hanno fatto suonare il campanello di allarme alla generazione precedente di soggetti politici, spaventati dall’apparente indifferenza con cui l’amministrazione americana intavolava discorsi privi di argomentazioni solide, discorsi che si facevano via via più identitari e ignoravano l’obbligo di rendere conto ai cittadini del proprio operato, e che a più riprese chiudevano un occhio sulle realtà scientifiche comprovate sfidate senza sosta dalle politiche del presidente.
Dal 2016, molto è cambiato sul tavolo della politica internazionale ed italiana. All’annuncio della sconfitta di Trump, gli italiani Meloni e Giorgetti ci ricordano, rispettivamente dalle pagine della Stampa e delle Repubblica,che chi dà il trumpismo e il sovranismo per morti si sbaglia di grosso. Giorgetti, vicesegretario della Lega, afferma infatti:
“Il consenso del trumpismo in America si è confermato. Senza il Covid avrebbe stravinto.”
Meloni, leader di Fratelli d’Italia gli fa eco:
“Non dateci (i sovranisti) per morti. Trump ha perso per colpa del Covid”.
Salvini, dal canto suo, sembra non essere toccato dalla sconfitta dell’amato presidente americano, twittando,
“non vedo l’ora di congratularmi con il nuovo presidente, ma vorrei farlo sulla base di risultati ufficiali, non di quelli proclamati da tv e agenzie di stampa”
e mettendo quindi in questione i risultati delle elezioni parsi sulle più importanti testate del mondo, in pieno stile sovranista.
Molto è quindi ancora da vedersi: quattro anni fa nessuno immaginava l’effettivo impatto che Trump avrebbe avuto sul palcoscenico mondiale. Certo, ne si immaginavano le proporzioni, ma non si era ancora capita la natura effettiva del risultato di quelle elezioni. Ad oggi ci resta solo che chiederci: Trump ha perso, si potrà mai dire lo stesso del trumpismo?