ESSERE INTERPRETE E MAMMA: UTOPIA O REALTA’?

ESSERE INTERPRETE E MAMMA: UTOPIA O REALTA’?

Diventare genitore è davvero un’esperienza che scombussola e cambia la tua vita privata e professionale una volta per tutte. Può sembrare un cliché, ma è davvero così e forse non potrebbe essere diversamente dato che in famiglia c’è un essere umano “nuovo” che richiede gran parte della tua attenzione e a cui tu come mamma desideri dare affetto, vicinanza e tanta sicurezza.

Nonostante le mie paure prenatali, ammetto di essere rimasta piacevolmente sorpresa da questa nuova dimensione esistenziale, per quanto si tratti a tutti gli effetti di un altro lavoro. Eh già, come ben descritto da Daniel Stern nel suo libro “Nascita di una Madre”, essere madri è un mestiere che come tale richiede impegno, formazione continua, attenzione, dedizione e chi più ne ha più ne metta.

Ma come conciliare questa nuova attività lavorativa con quella che già svolgevi prima e che desideri riprendere? Qualcuno che conosce la professione dell’interprete di conferenza potrebbe sostenere che siamo abituati a gestire più cose o progetti contemporaneamente, dato che durante una traduzione simultanea il nostro cervello compie almeno tre attività nello stesso momento e questo magari è vero in teoria, ma la pratica è a mio avviso tutta un’altra storia!

È trascorso quasi un anno da quando ho ricominciato a lavorare “a regime” dopo la nascita di mia figlia e mi piacerebbe condividere alcuni suggerimenti che mi stanno aiutando a portare avanti i diversi ruoli che rivesto.

 

1 ORGANIZZAZIONE

Questa è la parola chiave da coltivare e a cui attenersi sempre. Se vogliamo ricominciare a lavorare o a ritagliarci del tempo per la nostra persona, è fondamentale stilare un piano di azione da condividere con la famiglia.

Cosa significa nello specifico?

Innanzitutto coinvolgere il padre della bambina e metterlo a conoscenza dei propri impegni professionali affinché anche lui possa trovare il modo di dare il suo contributo come genitore. A questo proposito, ritengo indispensabile scegliere un compagno intelligente e che sia capace di ascoltarvi e incoraggiare le vostre scelte professionali. Sì, i tempi sono cambiati e oggi per molte coppie sarebbe impensabile che uno dei due partner non lavorasse, ma non è così scontato che il marito o il fidanzato comprenda le vostre necessità e le valorizzi. Alla fine dei conti, il fatto che vi sentiate realizzate dentro e fuori la vita familiare conviene anche a lui e come dicono gli inglesi “Happy wife, happy life” 😊

Capita che i due genitori non riescano ad andare a prendere la bambina all’asilo nido o a stare con lei a casa se è malata e in tal caso è importante saper chiedere aiuto ai nonni, se sono disponibili e a portata di mano, o a una babysitter. Personalmente ritengo questa ultima figura molto utile e per quanto la sua selezione sia più difficile e laboriosa rispetto a quella dei nonni, non vedo perché non debba essere presa in considerazione.

 

2 SENSI DI COLPA? NO, THANKS

“Davvero tua figlia rimane all’asilo nido fino alle 17:30”? “Mamma mia, è davvero brava”! “Ma non stai lavorando troppo”? “Non è troppo piccola per andare all’asilo”?

Queste sono solo alcune delle domande e delle affermazioni che mi sono state rivolte in questi mesi e che possono farti dubitare sulla quantità di tempo che trascorri con tua figlia e sul fatto che tu la possa trascurare o meno.

Lo ammetto: ci sono giorni in cui mi vorrei sdoppiare ed essere contemporaneamente al lavoro e con mia figlia, ma ahimé, non è stato ancora inventato questo superpotere. Devo dire che in quanto libera professionista ho il vantaggio di poter decidere (non sempre, ma almeno in parte) come organizzare il lavoro senza avere l’obbligo di marcare un cartellino ogni giorno in determinate fasce orarie, anche se questo non significa che non ci siano periodi in cui obiettivamente si vede poco la propria figlia.

Credo che continuare a svolgere il proprio mestiere non danneggi affatto la crescita e lo sviluppo della bambina, anzi, penso che possa essere istruttivo per lei avere una madre a cui piace il proprio mestiere e poi mettiamola così: mica vado a sbronzarmi e a commettere dei reati quando non siamo insieme!

Da quel che ho visto, è importante saper trascorrere tempo di qualità con la propria prole e per questo motivo torniamo al suggerimento numero uno, ovvero l’organizzazione. È inutile e controproducente stare tutto il giorno con qualcuno se poi non siamo presenti con la testa.

Ovviamente le osservazioni di cui sopra vengono fatte soprattutto alla madre e non al padre, chissà perché?

 

3 ESERCITARE LA PAZIENZA E AVERE UN PIANO B

Il primo punto è davvero tosto per me, quando c’è un inconveniente mi piace risolverlo subito e alla svelta! Tuttavia, complice anche la pandemia, sto imparando che non è sempre possibile e per questo motivo consiglio di preparare almeno un piano B qualora l’asilo ti chiami per dirti che la bimba ha la febbre o che tutta la sezione va in quarantena causa infezione da Covid-19.

In poche parole: contare sulla rete di supporto del punto 1 (marito, nonni, babysitter, amici o simili) e su un gruppo di colleghi fidati che possano sostituirci in caso di emergenza.

 

4 NON AVERE PAURA

Credo sia successo e succeda ad altre donne in procinto di diventare madri: alzi la mano chi non ha paura di essere discriminata o tagliata fuori dal giro di lavoro per il solo fatto di avere un figlio?

Certo, se ci pensiamo bene è terribile e assurdo allo stesso tempo, ma sappiamo che in paesi come l’Italia le aziende spesso tendono a considerare la maternità un fardello anziché un’opportunità e questo si ripercuote inevitabilmente sulla vita quotidiana di noi donne.

Sono sincera, per adesso mi sono sentita “messa da parte” soltanto da un’agenzia che ha dimostrato in un paio di occasioni di non volermi contattare per un lavoro fuori regione perché a detta loro “mia figlia è ancora molto piccola”… non è bastato fare loro presente che casomai sono io che decido se accettare l’incarico o meno in base ai miei impegni familiari e non.

Mi ha un po’ intristito il loro ragionamento, ma fortunatamente non sono tutti così e chiusa una porta si apre un portone.

Volere è potere e avere dei figli non rende automaticamente una donna incapace di lavorare, anzi: le ricerche portate avanti in questo campo dimostrano il contrario e forse anche per questo motivo, si diventa più selettive quando si deve accettare una proposta di collaborazione.

Inoltre, iniziando a frequentare il mondo infantile (asili, scuole, ludoteche e via dicendo) i momenti di socializzazione si moltiplicano e questo può portare a inaspettate e piacevoli conoscenze che possono in futuro trasformarsi in rapporti di lavoro.

 

5 STIPULARE UNA POLIZZA SALUTE

Questo è un consiglio che magari vale più per la fase prenatale e merita farci un pensierino considerata la miseria riconosciuta dal fondo di previdenza sociale per i lavoratori autonomi appartenenti alla Gestione Separata.

Ho già avuto modo di affrontare l’argomento e di comparare la maternità italiana per le libere professioniste con quella tedesca e inglese in questi due articoli: E se l'interprete diventa mamma?, What if the interpreter becomes a mum (in the UK).

Avere un buon materasso economico su cui riposare nei primi mesi di vita del bambino è una sicurezza in più e una preoccupazione in meno anche in vista del futuro e di eventuali periodi di magra.

 

Queste sono solo alcune riflessioni che ho avuto modo di maturare negli ultimi diciotto mesi e immagino che col passare del tempo se ne aggiungeranno di nuove.

Una cosa è certa: trovare un equilibrio soddisfacente tra vita professionale e familiare è una sfida e molto probabilmente qualcosa in continua evoluzione.

 

So di non essere la sola a vivere questa condizione e mi rivolgo dunque a tutte le mamme lavoratrici, siano esse interpreti, traduttrici, impiegate, manager, libere professioniste o meno:

come fate a conciliare il vostro ruolo professionale con quello materno? Avete qualche consiglio da dare o qualche espediente da condividere?

Non esisterà la ricetta magica, ma le esperienze di ognuna di noi possono essere utili alle altre.

 

Marija Belicheva

Project Manager presso Alma Mater Studiorum - Università di Bologna

2 anni

Concordo con Chiara Vecchi, MA sul non fare paragoni, può essere contraproducente, anche solo per il fatto che siamo tutte diverse! Un articolo molto interessante e veritiero. Sopratutto la parte sulla discriminazione e essere tagliata fuori. "Certo, se ci pensiamo bene è terribile e assurdo allo stesso tempo"... E non solo in Italia.. #parenting #workingmums

Chiara Vecchi, MA ITI Associate

Copywriter e traduttrice da tedesco e inglese in italiano | Lifestyle & Beauty, Medcomms, Medicina, Marketing, Viaggi & Turismo

2 anni

Che bell'articolo Brenda, autentico e sincero! Credo che un'altra strategia importante sia quella di non paragonare noi ad altre persone - mamme o non mamme - perché ognuno ha la propria storia e ogni bambino è diverso. I confronti in questi casi non fanno bene, mentre aiuta tanto la condivisione: tirare fuori i problemi fa provare meno solitudine e aiuta passare i momenti difficili. Grazie di cuore per quello che hai scritto!

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