Eyes on the world #5
🇪🇺 La notizia principale della settimana riguarda la riunione del Consiglio dell’#UE a Bruxelles, dove tutti i capi di governo dell’Unione si sono accordati sull’approvazione del #bilanciopluriennale 2021-2027 e sul #RecoveryFund da €750 mld. Le nazioni che hanno maggiormente osteggiato l’accordo, Ungheria e Polonia, hanno accettato un compromesso volto a mantenere il meccanismo così com’è, con alcune limitazioni. Ad esempio, l’erogazione di fondi in corso non verrà interessata dall’accordo in vigore dal 1° gennaio 2021. Inoltre, se un paese farà ricorso contro il meccanismo dello stato di diritto (che nelle suddette nazioni non è quasi mai rispettato), bisognerà attendere una sentenza della Corte di giustizia europea prima che si attivi. Potrebbero volerci mesi se non anni, insomma. C’è da dire però che l’economia delle due nazioni dipende quasi interamente dai fondi europei e che la loro guida, soprattutto negli ultimi anni, ha preso sempre più una deriva semi-autoritaria, con le misure intraprese dell’UE rivelatesi molto spesso inefficaci. Ma stavolta forse sarà diverso. Non solo i Paesi Bassi hanno ottenuto la retroattività del meccanismo dello stato di diritto (che riguarderà quindi anche le violazioni compiute prima della sentenza della Corte), ma sarà possibile sospendere l’erogazione dei fondi in modo molto più semplice: basterà la maggioranza qualificata in sede di Consiglio dell’UE, dove i paesi dell’Europa occidentale hanno una maggioranza solida. Per l’approvazione del Recovery, si sarebbe potuto procedere anche senza il loro consenso, ma si è preferito trovare una soluzione unanime. Durante la riunione, sono state rinnovate anche le sanzioni alla Russia, approvate nel 2014 in seguito all’annessione della Crimea ai danni dell’Ucraina. Ad ogni modo, ora sarà possibile sbloccare i €209 mld destinati all’Italia, con il governo a lavoro per capire dove destinarli e in che modalità (non senza discussioni in merito).
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🇬🇧 Sempre mercoledì scorso, a Bruxelles si sono incontrati la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e il primo ministro britannico #BorisJohnson per parlare di #Brexit. Seppur timidamente, è sembrato che il #RegnoUnito potesse ritornare sui suoi passi, specialmente riguardo le norme proposte a settembre in totale violazione degli accordi presi in precedenza con l’Unione. I negoziati – soprattutto a livello commerciale – stanno affrontando una fase di stallo da parecchi mesi ormai, e l’uscita definitiva del Regno Unito dall’Unione si avvicina sempre più (1° gennaio 2021). E senza accordo. Dopo 3 ore di incontro, i due si sono dati una nuova deadline, ovvero oggi, domenica 13 dicembre. Una decisione definitiva potrebbe arrivare in giornata. Ciò che emerge è che l’incontro non sia stato particolarmente positivo e che la distanza tra le parti non sia stata colmata affatto. Risulta quindi difficile credere che oggi si giunga a un qualche accordo. Le questioni in sospeso sono 3, da mesi: il Regno Unito che vorrebbe mettere in campo “standard” diversi per fare concorrenza sleale all’UE e attirare investimenti stranieri, il meccanismo di risoluzione di eventuali controversie e l’accesso alle acque britanniche dei pescatori europei. Il primo di questi aspetti sembra il più difficile da sciogliere, con le parti che si accusano a vicenda di volerne approfittare. Nessun accordo degno di questo nome sembra possibile da raggiungere prima di Capodanno, soprattutto visti i tempi strettissimi e l’importanza dello stesso. Numerosi leader europei, Angela Merkel compresa, hanno ormai perso le speranze e trovare un compromesso non sembra più una priorità.
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🇮🇳 In #India, lo scorso martedì, è andato in scena un nuovo sciopero generale dei #contadini – che nel paese sono circa 650 milioni (quasi la metà dell’intera popolazione) – per via delle recenti leggi sulla liberalizzazione del commercio agricolo. Queste sono state approvate 3 mesi fa dal primo ministro #NarendraModi. Le proteste vanno avanti già da allora, e toccarono il punto più alto con una marcia su Delhi il 26 novembre. Senza consultarsi con le organizzazioni agricole, il governo ha approvato 3 leggi che consentiranno a contadini e commercianti di vendere e acquistare senza vincoli di prezzo i prodotti agricoli nei mercati regolamentati dallo stato, con il coinvolgimento diretto dei privati. Finora il sistema è stato caratterizzato da comitati statali che imponevano restrizioni sulle piazze commerciali, regolavano i flussi tra stati e si avvalevano della collaborazione di intermediari. In questo modo, il governo ha potuto garantirsi scorte da poter ridistribuire tra la popolazione più bisognosa, dando allo stesso tempo un reddito dignitoso ai produttori. Con le nuove leggi, niente impedirebbe alle grandi società di distribuzione di poter comprare le intere produzioni senza che i contadini abbiano sufficiente potere d’acquisto. Nello stesso tempo, in molti temono la scomparsa del sistema di prezzi minimi di sostegno, che fissavano il valore di determinate materie prime. Ciò minerebbe la stabilità di numerosi agricoltori. Il premier Modi si è difeso sostenendo che gli investimenti privati nel settore aumenteranno e, con essi, anche il reddito agricolo. Le proteste però, già da settembre, non si sono fatte attendere. In diversi stati sono stati organizzati scioperi con adesioni di centinaia di milioni di persone. Numerose proteste pacifiche sono state fermate dalla polizia con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. Anche il governatore di Delhi si è schierato apertamente dalla parte dei contadini, rifiutando la richiesta della polizia di confinare i manifestanti in determinati punti della capitale, soffocando il diritto alla protesta. Questa non cesserà finché il governo non cancellerà le suddette leggi. Ogni tentativo di negoziazione non è andato a buon fine.
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🇫🇷 Continua la lotta al separatismo religioso in #Francia. Mercoledì il Consiglio dei ministri ha approvato un ddl per sostenere i “principi della Repubblica”. Contiene oltre 50 articoli e verrà discusso a febbraio; si tratta di uno degli interventi più delicati e rischiosi per la presidenza di #EmmanuelMacron. Qualche mese fa affermò che molte persone musulmane vivessero in una “società parallela”, influenzata pesantemente dal #fondamentalismo islamico e lontana dai valori della Repubblica francese. Ciò in seguito all’attacco alla ex-sede del giornale satirico Charlie Hebdo e dell’uccisione del professore Samuel Paty che mostrò in una classe le controverse caricature di Maometto. Lo stesso presidente francese ordinò perquisizioni in scuole religiose e associazioni islamiche, chiudendone anche una vicina al gruppo radicale palestinese Hamas. Molte di queste azioni scatenarono reazioni dal mondo islamico, specialmente dal presidente turco Erdogan, che affermò come Macron stesse facendo propaganda anti-islamica. Tornando al ddl, è possibile che possano essere introdotti nuovi obblighi, anche sull’esercizio del culto. Una delle misure riguarda il controllo sui finanziamenti esteri ai luoghi di culto o alle donazioni, che – se superiori ai €10 mila – dovranno essere sottoposti a una dichiarazione specifica. Verrà limitata la scolarizzazione a domicilio, con deroghe molto rare e approvate dal ministero dell’Istruzione; si vorrebbe così impedire che alcune famiglie possano scegliere spontaneamente di istruire i propri figli a casa per motivi politici o religiosi. Verrà aumentato il controllo sui matrimoni combinati, si vieterà il rilascio del titolo di soggiorno a persone in stato di poligamia e verrà introdotto il reato per chi dovesse mettere in pericolo la vita di qualcuno diffondendo informazioni personali e utili a localizzare/identificare la persona. Le reazioni dalla politica locale non si sono fatte attendere, tra chi pretende maggiore rigidità e chi vorrebbe che i musulmani non vengano stigmatizzati con la laicità dello stato come pretesto. La strada è ancora molto lunga e ulteriori scossoni potrebbero essere dietro l’angolo.
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💻 Settimana travagliata per #Google e #Facebook. Diversi paesi del mondo hanno minacciato ripercussioni a seguito di specifici comportamenti. Partiamo dall’#Australia. È stato presentato un disegno di legge per imporre loro un pagamento per i contenuti giornalistici che diffondono. In sostanza, si vorrebbe che le entrate pubblicitarie ottenute con la pubblicazione di tali news siano condivise con chi le scrive. Centinaia di testate giornalistiche sono state costrette a chiudere per le scarsissime entrate pubblicitarie, ripartite maggiormente a favore di Google e Facebook. Le piattaforme, dal canto loro, hanno sempre osteggiato questi cambiamenti, minacciando di bloccare la condivisione di notizie in Australia e coinvolgendo content creator contro il governo. Un altro caso curioso ha riguardato Google e il suo comportamento nei confronti di un’inserzione giudicata “troppo pesante”. Il #NewYorkTimes possiede un grosso banner in testa alla sua homepage, la cui foto però è stata bloccata da Chrome perché “consuma troppe risorse”. Si può dire che Google abbia approfittato della sua posizione di potere per togliere visibilità a un’immagine che lui stesso in autonomia, mettendosi in mezzo tra il NYT e una terza parte, ha deciso di non far vedere ai fruitori di Chrome. Ma i problemi proseguono anche per Facebook, specialmente negli USA. L’agenzia governativa americana per la tutela dei consumatori e della privacy (Federal Trade Commission – FTC) e la Procura generale di NY (insieme ad altri 45 stati degli USA) hanno avviato due cause separate per contestare il monopolio che Facebook si sarebbe guadagnata a suon di acquisti miliardari (Instagram prima e WhatsApp poi), alterando la concorrenza e schiacciando i rivali, comprandoli. La richiesta principale riguarda l’approvazione di acquisti superiori ai $10 mln che questi stati dovranno concedere a Facebook prima che questa proceda. Si sta valutando anche di imporre la cessione o la ristrutturazione dei due colossi sopracitati. Facebook si è difesa attraverso la sua consulente legale contestando la retroattività della decisione e affermando che, in tal modo, nessuna vendita sarebbe mai definitiva. Si attendono sviluppi.
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🔞 Un articolo del New York Times ha denunciato il sito di pornografia più famoso al mondo, #Pornhub, di consentire la pubblicazione di video che mostrino abusi, revenge porn o violenze sulla piattaforma senza alcun controllo. Pronta la risposta dei diretti interessati, che hanno comunicato di aver modificato radicalmente le modalità di caricamento di contenuti sulla piattaforma. Con effetto immediato, non sarà più possibile caricare materiale “amatoriale” (che ha fatto la fortuna del sito nel corso degli anni), ma potranno procedere all’upload solo utenti “verificati”. In aggiunta, è stata eliminata anche la funzione di download dei contenuti, evitando che un video rimosso possa essere scaricato “in tempo” e ricaricato, lì o altrove. Le reazioni però, anche drastiche, non si sono fatte attendere. Le società con i più grandi circuiti di carte di credito al mondo, Visa e MasterCard, hanno subito interrotto i rapporti con #MindGeek, la società che controlla Pornhub. Le loro carte non potranno più essere utilizzate per i pagamenti sul sito; colpo duro per la piattaforma, dal momento che da più di un anno non è disponibile nemmeno il sistema di pagamento con PayPal. La speranza è che il trend possa cambiare con la modifica delle policy sul caricamento dei video, ma il danno è enorme per un sito da 3,5 miliardi di visite al mese.
Settimana ricca, non trovate? Ma non è certo finita qui. Ecco le menzioni d’onore!
- Arriva l’approvazione della #FoodAndDrugAdministration, l’agenzia governativa americana che si occupa di cibo e farmaci, per l’utilizzo del vaccino #Pfizer contro il coronavirus. La disponibilità iniziale per gli USA sarà di oltre 6 milioni di dosi. Nel frattempo, l’Agenzia Europea per i medicinali (EMA) si è dovuta difendere da un cyberattacco.
- Nonostante la forte opposizione della Chiesa, l’#Argentina è riuscita a far passare alla Camera una proposta di legge per legalizzare l’aborto, una vittoria storica per lo stato. Adesso sarà il turno del Senato, dove nel 2018 prevalse il no.
- Il prossimo presidente degli Stati Uniti #JoeBiden e la sua vice #KamalaHarris saranno nominate “persone dell’anno” dalla popolare rivista statunitense Time.
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- Da diverse settimane, centinaia di artisti stanno manifestando fuori dal ministero della Cultura a L’Avana (#Cuba) per difendere la libertà di espressione e mostrare il loro dissenso verso il governo. Si tratta di una protesta più unica che rara, vista la rigidità del regime.
- Per la prima volta, dopo più di 70 anni, Ikea non pubblicherà più il suo catalogo cartaceo storico. Privilegerà i canali social e il sito internet, visto il maggiore traffico.
- Oltre 600 brani, distribuiti in quasi 60 anni di lavoro. È questo l’ammontare totale del catalogo di Bob Dylan, acquistato nella sua interezza dall’etichetta discografica Universal. Il prezzo non è stato divulgato.
- Continuerà per almeno altri 45 giorni il calvario egiziano di #PatrickZaki. I suoi legali non sono riusciti a convincere il tribunale antiterrorismo del Cairo affinché lo studente 28enne venisse scarcerato.
- Ludovic Orban, primo ministro romeno, si è dimesso dopo il 25% ottenuto nelle ultime elezioni parlamentari di domenica scorsa.
- Una malattia non identificata ha causato il ricovero di centinaia di persone in India. Sono tutte negative al coronavirus e tra i sintomi riscontrati ci sono nausea, convulsioni e perdita di conoscenza.
- Muore a 64 anni #PaoloRossi, capocannoniere del Mondiale vinto dall’Italia nel 1982, sconfitto da un male incurabile.
- #Airbnb, l’azienda americana che gestisce la piattaforma per affitti a breve termine, è entrata ufficialmente in borsa a New York. Dal prezzo di partenza di $68, si è passati immediatamente a $146 ad azione. La sua capitalizzazione di mercato sarà di $101 mld, più delle 3 maggiori catene di hotel americane messe insieme (Hilton, Marriott e Hyatt).
- Arrestati altri 8 attivisti pro-democrazia a #HongKong per una manifestazione antigovernativa dello scorso luglio. Tra questi, anche un ex-parlamentare.
- Il partito del presidente del Venezuela Nicolàs Maduro ha vinto le elezioni per rinnovare l’Assemblea Nazionale (principale organo legislativo) del paese. La gran parte dei partiti d’opposizione ha però boicottato le elezioni, con il presidente riconosciuto dalla comunità internazionale Guaidó che le ha definite anche illegittime per la scarsissima affluenza.
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- Uber Elevate, divisione dedicata al trasporto privato aereo di Uber, è stata venduta alla Joby Aviation, compagnia aerospaziale, che vorrebbe sviluppare veicoli aerei elettrici per spostamenti in aree cittadine in stile taxi.
- Hyundai acquisterà la maggioranza di Boston Dynamics, società di ingegneria e robotica di proprietà della multinazionale giapponese SoftBank. I termini dell’accordo non sono stati ancora resi noti.
- A 20 mesi dai gravissimi incidenti aerei in Indonesia ed Etiopia, ritorna a volare un Boeing 737 Max. Questi modelli ricevettero il divieto di volo a seguito di inchieste che evidenziarono negligenze e cattive pratiche aziendali da parte di Boeing, che culminarono nei disastri.
- 3 italiane su 4 si sono qualificate agli ottavi di #ChampionsLeague. Lazio, Atalanta e Juventus staccano il pass, ma non l’Inter.
- La Sony ha acquistato dalla AT&T la piattaforma di streaming dedicata agli anime Crunchyroll per $1,1 mld.
- La Virtus Roma è stata esclusa dalla Serie A di basket. Troppo alti i costi di gestione a causa degli effetti della pandemia. Il campionato proseguirà con 15 squadre e i giocatori potranno essere ingaggiati altrove.
- L’Antitrust ha multato per €10 mln la multinazionale di prodotti informatici HP. Non segnalerebbe adeguatamente sulle confezioni delle stampanti l’impossibilità di utilizzare cartucce non originali. In Francia, arrivano multe per Google e Amazon (€100 mln e €35 mln) per il mancato rispetto delle regole sui cookie. Sarebbero stati inseriti nei pc degli utenti senza ricevere il consenso e per realizzare profitti dai relativi ricavi pubblicitari.
- “Negligenza nella gestione della grande quantità di nitrato di ammonio” è l’accusa rivolta all’ex primo ministro libanese Hassan Diab (e a 3 ex ministri) per l’esplosione del 4 agosto scorso nel porto di Beirut.
- Dopo Bahrein, Sudan ed Emirati Arabi, anche il #Marocco ha normalizzato i rapporti diplomatici con Israele, grazie all’aiuto degli USA, riconoscendone la sovranità. Gli Stati Uniti hanno anche riconosciuto al Marocco il potere sul Sahara Occidentale, ex colonia spagnola occupata dallo stesso ma contesa con il Fronte Polisario (gruppo sostenuto dall’Algeria).
Alla prossima👋