FENOMENOLOGIA RELAZIONALE DELLA VIOLENZA
'Ogni fenomeno che concerne l’universo umano – la crescita, l’amore, la creatività – si deve confrontare con il suo lato oscuro, con la sua morte, per scoprire che, forse, ciò che ci limita e ci tradisce è anche ciò che ci determina e svela.'
Aldo Carotenuto
La violenza è una dimensione dell'essere e dell'agire umano così multiforme e pervasiva da rendere assai ardua, se non addirittura fuorviante, una sua definizione troppo stretta. Qual'è la struttura archetipica, fondante della violenza, ovviamente relativa alla cultura cui apparteniamo? Cos'è la violenza?
La violenza, ben lungi dall'essere una res di qualsivoglia natura, è un costrutto teorico, che, in stretto rapporto a determinati meta-criteri socioculturali, intende denotare una gamma in realtà ampia ed eterogenea di atti, eventi e processi. La violenza è inoltre un apparato semantizzatore che viene impiegato per dare un ben preciso significato etico e psicoantropologico ad atti e comportamenti in verità suscettibili di altre e diverse interpretazioni. Inoltre, la violenza è un vero e proprio linguaggio: un linguaggio che dice, che nomina una certa classe di atti e comportamenti umani per distinguerli da altre classi di atti e comportamenti.
Fondamentale è quel punto che permette di compiere il passaggio da un approccio ontologico (che cosa è la violenza?) a uno linguistico-ermeneutico (secondo quali presupposti e fini storicamente determinati parla o agisce la violenza?) e questo perché così si chiama in questione anche colui che “dice” o pratica la violenza, ovvero si prende in considerazione anche la soggettività dell'atto violento, cioè la storia, la biografia che può aver portato a compiere quello stesso atto. Questa nuova visione ha portato all'allargamento del concetto di violenza come atto puramente fisico al concetto di violenza come comportamento non necessariamente fisico eppur capace spesso di produrre ferite incancellabili nella realtà interiore dell'uomo. Questa visione ben si confà alla prospettiva relazionale, perché si configura come violazione di regole interpersonali condivise, come relazione disarmonica, come comunicazione asimmetrica e inefficace, suscettibile spesso di bloccare la comunicazione stessa; solo così, rivisitando i binomi Violento-Violenza e Violento-Vittima in una prospettiva assieme sincronica e diacronica, ci sarà data la possibilità di afferrare il senso o meglio i frammenti di senso che ci permetteranno di cogliere i primi contorni dell'inquietante cifra violenta che caratterizza noi, il nostro prossimo e il theatrum sociale delle umane crudeltà. Potremmo così avviare una fenomenologia relazionale della violenza.