Formazione tecnica e formazione teorica
Nelle scorse settimane sono stati resi noti i dati nazionali e regionali relativi alle scelte di iscrizione agli istituti di istruzione secondaria per l'A.S. 2023-2024.
I dati relativi alle iscrizioni confermano la netta prevalenza per i licei rispetto agli istituti tecnici e professionali.
Le scelte degli studenti e delle famiglie marchigiane sono allineate alla media nazionale ma con significative differenze rispetto alle altre regione del nord Italia con le quali condivide la vocazione manifatturiera.
Ho commentato questi dati nell’editoriale di mercoledì scorso sul Corriere Adriatico:
Nel commento auspicavo una maggiore attenzione alla formazione tecnica e il superamento della consolidata tradizione italiana di separazione fra sapere teorico e conoscenza pratica; anche attraverso una maggiore contaminazione fra i programmi dei licei e quelli degli istituti tecnici e professionali.
L’articolo ha suscitato numerose reazioni.
Riporto, con il consenso dell’estensore, il commento che mi è stato inviato da Mario Bartocci (che è stato tra l’altro dirigente d’impresa e coordinatore della Fondazione Aristide Merloni); commento che ho trovato particolarmente stimolante.
“Caro Donato,
un commento al tuo articolo sul tema ‘licei e istituti tecnici’.
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Molti anni fa mi sono diplomato al liceo Classico. Ricordo l'altezzosità (stupida ma effettiva) con cui guardavamo gli studenti degli istituti Tecnici e, perfino quelli del Liceo scientifico.
Eravamo, nostro malgrado, eredi di una secolare cultura che divideva la fascia sociale di quelli che avevano la possibilità di non lavorare manualmente, e quindi potevano dedicarsi a esercizi di alto pensare, e quelli che, per costruire un loro ruolo nella società dovevano lavorare manualmente o intellettualmente, o comunque non per scelta libera.
Preciso che la mia famiglia era di questa seconda categoria e forse proprio per questo mio padre aveva voluto che mi iscrivessi al liceo classico: per puntare, per me, a quello che avrebbe dovuto essere un futuro migliore.
Era anche ovvio che il Liceo Classico aveva il compito di creare una classe dirigente (e dominante) sulla base, forse, di meriti veri, ma soprattutto di posizioni precostituite che si fondavano su una formazione cosiddetta "umanistica" versus quella che con antico termine secentesco si chiamava "meccanica".
Forzando un po' il pensiero era la cultura antica greco-romana che riservava l'otium (in senso latino), cioè il pensare e il comandare ai titolari di cittadinanza e il negotium cioè il material fare agli schiavi.
Questa idea, in forme meno brutali, è in buona sostanza la scuola di Gentile che ci siamo portati fin quasi a oggi. Quando in Germania, da quasi un secolo prima, Von Humboldt aveva promosso le Technische Hochschule come scuola di formazione di una classe dirigente adeguata alla società industriale che si andava formando.
Ora, per evitare equivoci, dico che non si può non riconoscere l'importanza di una formazione umanistica, di cui sono anche figlio, anche come importante fondamento della formazione della persona, ma credo che non abbia più senso una separazione fra cultura umanistica e cultura "tecnica", quando la nobile arte del medico deve essere provvista anche di conoscenze tecnologiche, come anche la non meno nobile arte dello storico, e via esemplificando.
Se devo aggiungere una mia modesta esperienza personale, devo dire che alla mia formazione "classica" è stata di grande utilità pratica la passione per la matematica e per la fisica maturata con i miei primi approcci con università, in facoltà dove, per converso, si consideravano spesso inutili gli studi classici e umanistici.
Copio le tue parole per dire che è oramai tempo per una contaminazione, perché la tecnica e la tecnologia non perdano le loro dimensioni umane e perché la humanitas non resti confinata nelle esercitazioni astratte di puri studiosi.”
Full Professor, Investigator and Consultant in Food Marketing & Consumer Research. President of International Society of Organic Agriculture Research. Editor-In-Chief “Organic Agriculture”
1 annoMolto d’accordo sulla contaminazione. Ma non si faccia l’errore, opposto a quello del passato, di considerare la cultura (in generale e quella umanistica in particolare) meno importante dalle competenze tecniche. Senza dimenticare che via via diventano rilevanti, in questo mondo complesso, le abilità personali e interpersonali, le soft skills, l’intelligenza emotiva. Perché i leader di domani dovranno essere anche dotati di empatia e di gentilezza, cosa che chi ha solo competenze tecniche potrebbe ritenere capacità inutili.