G come … gestione

G come … gestione

Partiamo dal dire che se avete ricevuto mail con il mittente Davide Rossetti e un messaggio in italiano stentato se non addirittura un solo “ciao” chiaramente non sono io, segnalate la mail come phishing e se avete voglia scrivetemi in privato. Non date codici/password nemmeno a me, lo sapete. Hanno scritto una mail anche a me, non esattamente geniale come mossa…ma partiamo!

Che sia abbia un capitale già importante, o che si parta ora con 50 euro al mese negli #investimenti, dobbiamo capire come allocare i nostri risparmi, come gestirli.

Le strade sono principalmente due, la #gestione attiva e quella passiva.

Quando, parlando con dei clienti, devo dare una definizione di “#fondo comune” parlo sempre di una “scatola” in cui un gestore sceglie cosa mettere dentro. Se parliamo di un fondo sull’azionario italiano, il gestore deciderà con il criterio che preferisce (guardando i bilanci, guardando i prezzi delle azioni, a sentimento, a capocchia) se avere azioni di Eni e non di Enel o viceversa. Il #portafoglio di titoli detenuti nella scatola è deciso delegando al gestore le singole scelte. Noi investitori comprando una quota del fondo è come se avessimo un pezzetto di quella scatola. Quando leggete il termine sicav pensate alla stessa identica cosa, sono solo forme giuridiche diverse, ma nei fatti per l’investitore non cambia nulla.

Chiaramente chi prende le decisioni di investimento chiede di essere pagato per il lavoro svolto. Ci sono quindi delle #commissioni di gestione.

Ma come possiamo valutare se le decisioni sono state effettivamente scelte di successo? Ha fatto bene il fondo ad avere poche azioni Stellantis o sarebbe stato più saggio averne tante in portafoglio? Possiamo confrontare i risultati di un fondo con quelli del suo indice di #riferimento, il suo #benchmark.

Vogliamo investire sull’Italia. Per avere un riferimento potremmo costruire un portafoglio, una scatola, dove inserire le azioni delle aziende in base alla loro dimensione. Con questo criterio investiremo più azioni Enel/Eni, meno azioni in Juventus o Roma e probabilmente nessuna azione del gommista sotto casa (che consiglio per chi si trova a Torino 😊). Con questa logica abbiamo appena costruito un #indice.

Il valore dell’indice che racchiude l’andamento delle maggiori 40 aziende in Italia (#FTSEMIB 40) lo sentiamo ogni telegiornale come numero che solitamente viene letto poco prima o poco dopo la pubblicità finale. Questo a meno di eventi straordinari, e allora si parte con i titoloni sui mercati che hanno “bruciato” miliardi di #euro. La speculazione, questa cattivona.

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Fig. 1 - Andamento dell'indice italiano dal 1999 a oggi


Se l’indice funziona da riferimento, i risultati di un fondo comune, se gestito bene, dovrebbero essere migliori.

Attenzione però, perché l’indice lo possiamo calcolare serenamente davanti a un pc, zero #costi. Non è proprio così semplice, anzi...ma diciamo che è teoria pura. Nella realtà il fondo sostiene dei costi per comprare, vendere e detenere i titoli. Oltre ai costi tecnici per la creazione della scatola, dobbiamo considerare le commissioni di gestione, che remunerano il gestore, la sua ricerca, le sue scelte, le sue doti di creare sovra-performance rispetto al riferimento. La gestione in questo caso è quindi #attiva.

Dove troviamo le commissioni di gestione? Sul documento nominato #KIID, che ci viene dato in fase di sottoscrizione e troviamo sul sito della casa di gestione, abbiamo l'ongoing cost, che è la somma tra commissioni di gestione e costi "tecnici" per la gestione del fondo. Questo è il KIID di quello che per me è il miglior fondo comune sull'azionario globale al momento disponibile.

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Fig. 2 - Sezione del KIID con i costi sostenuti dal sottoscrittore


E la gestione #passiva? Prendiamo una scatola con i soli costi tecnici di detenzione dei titoli e compriamo le azioni in base alla dimensione delle aziende nell’economia. Nessun gestore da remunerare, ma compriamo semplicemente l’indice. Queste scatole esistono e si chiamano #ETF.

Molte società di investimento propongono ETF. Chiaramente ci sono scatole migliori e scatole peggiori anche in questo caso. Non c’è un gestore, ma bisogna premiare la capacità di chi struttura questi prodotti nel replicare più o meno bene il suo riferimento. Un buon ETF replica correttamente l’indice che ha come riferimento e questo non è scontato.

Per citare i due aspetti principali da controllare ci sono: (i) come viene replicato l’indice? Effettivamente c’è una detenzione #fisica dei titoli o l’indice viene replicato solo con degli strumenti finanziari, diciamo costruito in modo #sintetico? (ii) la #dimensione della scatola è significativa o ci sono dentro quattro soldi e quindi si rischia che chi produce lo strumento lo chiuda dopo tre settimane dalla sottoscrizione? Questi aspetti vanno tenuti in considerazione, da chi costruisce il portafoglio, eventualmente aiutati da un consulente.

Nelle considerazioni finali credo sia doveroso dire che è essenziale cercare di evitare l’investimento nel singolo titolo. È fondamentale comprare un mercato attraverso una scatola (tecnicamente si chiamerebbero #OIRC ma scatola rende meglio!). Il rischio che ci si assume comprando la singola azione o la singola obbligazione è troppo elevato. Ma la #diversificazione è un concetto che abbiamo ereditato dalla nostra cultura, nell’evitare di mettere tutte le uova nello stesso paniere. E negli investimenti questo è molto importante.

E quindi meglio la gestione attiva o passiva? La gestione attiva porta effettivamente valore al portafoglio rispetto alla mera replica di un indice? Qui si apre un mondo. E la diatriba resta senza una risposta.

A mio avviso ha molto senso che ci sia qualcuno che prenda delle decisioni di investimento a livello di #allocazione più generale. Il fai-da-te con strumenti passivi rischia di essere un po’ pericoloso. Come se io mi mettessi a sistemare la candela del motore dell’auto quando si rompe, o peggio ancora cercassi di curare una malattia leggendo su internet alcuni pareri.

Fatta l’allocazione a livello più alto, meglio la gestione attiva o passiva? Dipende anche dal #mercato. Se parliamo di azionario statunitense la gestione passiva che replica l’indice in modo umano tendenzialmente è una buona scelta. Nel lungo le operazioni vincenti o meno della gestione attiva saranno compensate, e il #risparmio di costi si sente. Per mercati più di nicchia forse un esperto di quel settore specifico riesce a estrarre maggiore valore perché riesce a valutare meglio le cose. Attenzione però al costo, che non deve cannibalizzare tutto il bene della gestione attiva.

Ultimo aspetto è la #velocità di esecuzione. Con i fondi comuni i tempi sono dilatati, non sono strumenti per comprare e vendere nel giro di pochi giorni, ma servono per il lungo periodo. Con gli ETF invece si è più liberi di operare, nel bene e nel male.

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