Gestione di una società estera, quali criticità deve affrontare l'imprenditore.

Gestione di una società estera, quali criticità deve affrontare l'imprenditore.

In un mercato sempre più globale e digitale è ormai consuetudine doversi confrontare con la necessità di creare strutture societarie, anche complesse, al fine di gestire il business sui mercati esteri.

La creazione di una struttura societaria e commerciale internazionale non riguarda, infatti, solo le grandi realtà economiche, ma interessa sempre di più anche le piccole-medie imprese.

E’ importante che come imprenditori si sia consapevoli delle procedure per la corretta gestione di una società all’estero e dei potenziali rischi.

Una buona pianificazione societaria e fiscale internazionale può risolvere la maggior parte dei problemi legati alla gestione di entità estere.

Quando scegliere di costituire una società estera.

La scelta di costituire una società all’estero può essere dettata da molteplici necessità, tra i quali:

  • aggredire nuovi mercati;
  • beneficiare di strutture societarie flessibili;
  • optare per uno Stato con burocrazia più efficiente;
  • avvantaggiarsi di condizioni favorevoli dal punto di vista fiscale e tributario;
  • delocalizzare la produzione;
  • acquisizioni e fusioni transfrontaliere;
  • condizioni dettate dagli ordinamenti esteri (Es. impossibilità di costituire stabili organizzazioni o condizioni più favorevoli per determinati settori di produzione).

Le criticità nella gestione di una società o gruppo di società all’estero.

Nell’approccio alla gestione di entità estere è fondamentale porre l’attenzione sulle normative domestiche e UE come, ad esempio, quelle su CFC e sull’elusione fiscale.

In linea di principio gli Stati membri dell’Unione Europea convengono che, benché sia garantita la libertà di stabilimento delle imprese all’interno dell’Unione, sia in ogni caso necessario combattere le pianificazioni fiscali c.d. “aggressive”.

In sostanza, si vuole evitare l’elusione fiscale in favore di paesi a tassazione privilegiata attuata mediante “costruzioni di puro artificio” che non siano sostenute da un’effettiva attività economica nel paese di destinazione.

La pianificazione societaria e fiscale.

L’Unione Europea, nei suoi trattati, garantisce la libertà di stabilimento alle società appartenenti agli Stati Membri che vogliano localizzarsi in Stati differenti da quello di provenienza.

Negli anni si è radicato negli ordinamenti europei il concetto di stabile organizzazione di società estera, ossia la possibilità di aprire una sede di una società già esistente in un altro Stato membro.

L’insediamento di una società estera in un altro Stato ha negli anni posto una serie di problematiche legate all’applicazione della normativa dell’ordinamento di provenienza e alla doppia imposizione fiscale.

Queste questioni sono state nel tempo in tutto o in parte risolte dall’intervento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

I principali problemi che la Corte è stata chiamata a risolvere sono stati quelli relativi alla pianificazione fiscale aggressiva ai fini elusivi e i contrasti tra ordinamenti giuridici differenti.

Ad ogni modo sia le sentenze della Corte sia le convenzioni contro le doppie imposizioni, consentono alle imprese di poter legittimamente pianificare il proprio assetto societario e fiscale a livello europeo e internazionale.

Ogni situazione è soggettiva e ogni attività imprenditoriale ha ovviamente le sue caratteristiche e necessità. Purtuttavia, nel pianificare una localizzazione commerciale in uno stato estero si può optare per differenti soluzioni tutte valide e rispondenti alle Direttive dell’Unione.

Requisiti di base per una pianificazione fiscale e societaria non aggressiva.

E’ possibile gestire attività di una società estera o un gruppo di società in conformità con la Direttiva antielusiva e con le normative domestiche.

Ma quali requisiti si devono rispettare nella pianificazione di tali operazioni?

Principalmente occorre rispettare i seguenti principi generali:

  • dotarsi di adeguata struttura aziendale e direttiva nel paese estero;
  • poter dimostrare l’esercizio effettivo nel paese di riferimento attraverso un’effettiva attività della società nei confronti di clienti esteri.

Tali principi generali possono essere attuati anche mediante la costituzione di stabili organizzazioni, filiali e società controllate, beneficiando di determinati vantaggi fiscali.

Ad esempio si potrà aprire una società in un Paese con una bassa corporate tax (Irlanda 12,50% – Bulgaria 10% – Ungheria 9%) ed una sua Stabile Organizzazione in un paese a fiscalità più elevata.

In questo caso la società “madre” beneficerà di un credito d’imposta sulle tasse pagate dalla S.O. per il reddito da quest’ultima conseguito.

Un altro esempio potrebbe essere quello legato al trasferimento di una società da un paese a fiscalità elevata ad uno a fiscalità più vantaggiosa, beneficiando della exit tax una tantum sulle plusvalenze latenti ais sensi della direttiva anti-elusione.

In caso di gruppi di società in cui la holding risiede in un Paese a fiscalità elevata e le sue controllate risiedono ed esercitano in Paesi con bassa corporate tax, alla holding non sarebbe applicabile la normativa domestica sulle CFC e si applicherebbe invece la Direttiva 2011/96/UE sulle esenzioni per dividendi pagati infra-gruppo.

Diverse opzioni, quindi, da valutare caso per caso, che consentono un significativo vantaggio economico senza per questo rischiare di incorrere in sanzioni.

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