Giovani e lavoro in Italia
In Italia stiamo attraversando un periodo particolarmente delicato e mi riferisco al mercato del lavoro, sempre più mobile, precario e soprattutto con sempre meno giovani. Prendendo a riferimento i dati del Censis del decennio appena passato 2012-2022 gli occupati in fascia di età 15-34 anni sono diminuiti del 7,6%, quelli in fascia 35-49 anni del 14,8%, mentre i 50-64enni sono aumentati del 40,8%. Inoltre i lavoratori invecchiano e, se non verrà invertita la tendenza delle nascite (in Italia -1,3% rispetto al 2020), per la prima volta sotto 400 mila, si stima che nel 2040 la forza lavoro diminuirà dell’1,6%, come esito della radicale diminuzione demografica che il Paese sta vivendo.
Una situazione preoccupante se consideriamo anche il fatto che molti giovani non hanno più speranza per il futuro e sono rassegnati nella morsa di una visione pessimista: solo il 22% lo immagina migliore, in contrasto con il 40% che lo crede addirittura peggiore causa una visione del lavoro che non c’è, oppure precario, oppure sottopagato, che non dà possibilità di crearsi una famiglia e una pensione dignitosa.
Una sfida post-pandemia che l’Italia deve affrontare e vincere mettendo risorse finanziarie aggiuntive in quanto quelle previste dal PNRR, specifiche per i giovani, 235 milioni su 191,5 miliardi, sono una goccia che non consente di rilanciare in maniera adeguata uno sviluppo duraturo e strutturato, partendo anche dall’incentivare la ricerca per la creazione di nuove start up, programmi di formazione mirata oppure una riforma pensionistica che dia certezze alle nuove generazioni.
Il mondo del lavoro è sempre più precario anche per chi c’è l’ha. Pensiamo ai lavoratori con stipendi bassi, ai milioni di lavoratori che sono nel settore dei servizi, oppure degli appalti etc. che lavorano con imprese/aziende che partecipano a bandi di gara di durata due/tre anni e che quindi periodicamente si devono rimettere in gioco per essere riassunti, per mantenere lo stesso CCNL di lavoro oppure l’anzianità acquisita. Situazioni queste che creano incertezza e instabilità di fronte ad un Governo, attuale e precedente, che non ha mai fatto niente per regolamentare questo comparto. Lasciare al solo mercato la regolamentazione, che prende a riferimento in primis la diminuzione del costo del lavoro e meno diritti ai lavoratori, crea una situazione esplosiva. Nonostante le denunce del sindacato, non trova risposte neanche quando il committente è un soggetto pubblico come può essere un Ospedale, oppure gli Enti Locali oppure le Ferrovie, etc.
Con una situazione così frastagliata e precaria, non possiamo non rimboccarci le maniche e fare in modo di non lasciarsi alle nostre spalle una generazione stanca e esausta, dove sembra che l’unica soluzione sia quella di “scappare” all’estero perché in Italia non si trovano risposte ai propri bisogni e sogni di futuro.
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Bisogna fare una promessa di futuro per creare opportunità di benessere; ne va anche dello sviluppo, della crescita e della competitività del nostro Paese.
Per prima cosa non abbattersi e soprattutto a non rassegnarsi a questo destino, ma lottare e denunciare un sistema che è a limite della sopportazione. Bisogna, attraverso una forte ed incisiva contrattazione sindacati, imprese e governo, potenziare il nostro sistema di welfare incentivando anche tutti qui lavori che oggi non trovano un grande appeal. Rinnovare i contratti di lavoro nei tempi previsti, eliminare i contratti pirati oppure i contratti firmati da organizzazioni locali non riconosciuti e poco rappresentativi. Nello stesso tempo, bisogna estendere le tutele e i salari dei contratti leader, ai lavoratori non ancora coperti; tramite l’Inps individuare i contratti maggiormente applicati e rappresentativi a livello nazionale e dar loro forza universale con il sostegno del Governo. Una risposta completa e generale che tutelerebbe tutto il mondo del lavoro con salari e diritti adeguati ai tempi che viviamo.
In Toscana, per esempio, nonostante il tasso di disoccupazione nei giovani sia ancora abbastanza alto circa al 23%, lamentiamo la mancanza di autisti nel settore del trasporto pubblico locale, di operai specializzati nel settore industria, oppure di operatori turistici. Questo per mancanza di prospettive e soprattutto per stipendi bassi senza opportunità di crescita. Bisogna avere il coraggio di mettere mano ad una complessiva riforma del mercato del lavoro, tenendo al centro la dignità della persona, rispondendo ai nuovi bisogni sociali, di reddito, tempo libero e opportunità di poter vedere evolvere in maniera positiva la propria posizione di lavoro.
Dobbiamo pensare ad una nuova offerta del sistema lavoro che possa ricevere interesse dai nostri giovani, dove si possano creare le condizioni di potersi fare una famiglia, una carriera, crescere dei figli in un sistema protetto e tutelato, dove gli stessi diventano una ricchezza non solo per le famiglie ma anche per il futuro del Paese. Insomma mettere testa e cuore perché il domani sia migliore e ricco di opportunità per i nostri figli.
“Essere giovani vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro” (Bob Dylan).