Giovani italiani che partono? Il problema è se non lo fanno!
Torna ciclicamente la questione dei ragazzi italiani costretti a espatriare perché in Italia non c’è lavoro, non ci sono prospettive ecc... I numeri dicono che ormai siamo all’esodo con tutte le potenziali conseguenze economiche e di ricambio generazionale. Quello che mi rende perplesso però è l’aspetto sociale, questo catastrofismo intrinseco di alcuni genitori e figli che si separano più o meno coercitivamente, con tanto di lettere ai quotidiani per denunciare il loro dolore. O anche le accuse dei “patrioti” che accusano chi parte di abbandonare la madre patria per arricchire i paesi stranieri, tacciando i partenti di “tradimento” o “vigliaccheria”. O ancora gli emigrati che dall’estero sbeffeggiano chi è rimasto, dall’alto dei loro successi e guadagni nel nuovo mondo che gli ha accolti. Sono tutti atteggiamenti sbagliati davanti a un fenomeno, come l’emigrazione professionale, che dovrebbe essere normalità.
Personalmente stiamo parlando del nulla. Nel 2018 per me, almeno per quanto riguarda il lavoro e prospettive carriera, non esistono confini. Abbiamo la fortuna di poter puntare a tutto il Pianeta per poter affermarci come professionisti e ci limitiamo al paesino o alla città dove abbiamo sempre vissuto? Dovrebbe essere la normalità fare esperienze all’estero e perché no? Rimanerci, se le cose vanno bene.
Ma in tutto questo non c’è contraddizione ne onta se qualcuno ha già trovato la sua dimensione nel proprio paese, tutto sta ovviamente a quello che una persona vuole e una persona può fare.
Perciò basta piangere genitori: tuo figlio va in Australia perché li ha trovato una opportunità unica? Sii felice, accordati di sentirlo con Skype due volte a settimana e sfrutta le vacanze per andarlo a trovare. Non fomentare il bamboccionismo tipicamente italiano e soprattutto non aumentare il senso di colpa, di certo per lui non facile come per te. Alla fine deve vivere la sua vita.
Emigrante triste o arrabbiato che parte: abbi il coraggio e l’intelligenza per capire che non è una tragedia, non stai andando in guerra, anzi diversamente da altri ti è concesso una occasione d’oro. E’ vero: la lasagna di mammà è unica ma l’hai mangiata per 20 anni…pensa a chi non trova lavoro in Italia e non può nemmeno partire, è anche per loro che non devi dare niente per scontato e sfruttare l’occasione e se hai successo, ricordati da dove sei partito e non pensare di essere superiore a chi è rimasto.
Patriota (o patridiota) che si arrabbia perché vede gli altri scappare dall’italico suolo, sei il peggiore perché pensare che il mondo si fermi ai tuoi confini è la cosa più sbagliata da pensare, e l’Italia è un grande paese anche per quello che fa fuori dai confini e agli italiani fuori dai confini. Non sono gli altri a essere vigliacchi ad andarsene, sei tu che sei radicato al passato e ha paura dei cambiamenti, ma se non si cambia non si cresce. Il vero coraggio è essere italiano nel mondo, dovresti dirgli “vai e rendici fiero” e non “vai ad arricchire un altro paese, traditore”. E non perdo tempo a parlare di castronerie salviniane sugli immigrati del tipo “ci stanno invadendo, se partono tutti, saranno più di noi”. Per favore…
So di tralasciare fattori economici e aspetti tecnici non indifferenti ma se non si cambia modo di pensare il pericolo è di cadere nell’immobilismo sociale, e soprattutto bisogna cominciare a pensare di contribuire a migliorare il Pianeta, non solo il proprio paese.
Certo, l’obiezione classica “eh quando sarai padre cambierai idea”. Tutto può essere, al momento penso che quando sarò padre, se potrò permettermelo, mio figlio lo spedisco negli Stati Uniti a studiare e guai se torna! Non perché non amo il mio paese ma perché penso che debba puntare al massimo e non è vilipendio dire che il massimo non è qui, seppur ci sia tanto di buono. Poi a un certo punto deciderà lui. Io non lo fermerò.