Gli italiani e la cultura assicurativa.
Perché si può (e si deve) fare di più.

Gli italiani e la cultura assicurativa. Perché si può (e si deve) fare di più.

Lavoro in questo settore e in questa azienda ormai da tempo, prima in Spagna e poi in Italia. I tanti punti di contatto tra questi due Paesi mi hanno fatto sentire a casa fin dal primo giorno in cui ho messo piede a Milano, nel 2017. In questi quattro anni ho imparato tanto. E ho capito che, pur fra tanti punti di contatto, c’è una cosa che separa nettamente l'Italia dalla Spagna e, più in generale, da molti altri Paesi sviluppati: la cultura assicurativa.

Lo conferma il rapporto Conoscenze e comportamenti assicurativi degli italiani, iniziativa unica a livello internazionale commissionata dall’IVASS, l’istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, i cui risultati sono stati resi noti proprio pochi giorni fa. Non è questa la sede per approfondire nel dettaglio la ricerca, che si può trovare comodamente sul web, ma ci sono alcuni punti su cui credo sia necessario soffermarsi.

Una parte significativa del campione intervistato (2mila persone) ha difficoltà a capire che all’aumentare del rischio assicurato corrisponde un aumento del premio. Più o meno la metà del campione dichiara di avere difficoltà a comprendere la polizza e una percentuale vicina al 50% sostiene di non avere fiducia in compagnie e intermediari.

Questo genera delle conseguenze sul nostro settore: ricordo una relazione di IVASS relativa al 2019 in cui si evidenziava che, nel ramo danni, l’incidenza dei premi assicurativi sul PIL in Italia sfiora il 2%, contro una media dei Paesi OCSE che supera il 4%.

Si tratta di una differenza sostanziale, che emerge anche guardando i dati sulle polizze casa. Più di sette italiani su dieci vivono in un'abitazione di proprietà, ma solo un’abitazione su tre risulta protetta da un'assicurazione. E di queste, solo una minima percentuale comprende la protezione contro le catastrofi naturali, in un Paese molto esposto da questo punto di vista.

Ma anche escludendo eventi particolarmente gravi, che ci auguriamo non si verifichino mai, è sufficiente un danno tutto sommato frequente come la rottura di un tubo o di un impianto per incorrere in uno spiacevole inconveniente dal punto di vista economico.

Lo stesso ragionamento vale quando si parla di salute: secondo l'Ania, l'associazione nazionale delle imprese assicuratrici, nel 2018 gli italiani hanno speso ben 36 miliardi per cure mediche, una cifra che almeno in parte avrebbe potuto essere assorbita dalle polizze. E potrei andare avanti ancora guardando in casa, alle polizze auto e moto sottoscritte dai nostri clienti, in cui le garanzie accessorie –come l’assistenza stradale, la copertura per gli infortuni al conducente o la tutela legale – sono in molti casi escluse dal contratto, anche se hanno un costo spesso contenuto e possono mettere al riparo da problemi significativi. 

Scherzando, mi verrebbe da dire che gli italiani sono troppo ottimisti e non ritengono di doversi cautelare con polizze o garanzie assicurative. Ma la realtà è un’altra: in Italia manca una vera cultura assicurativa, come conferma il 70% degli intervistati dell’indagine di IVASS, e questo fa sì che molti aspetti legati al rischio vengano sottovalutati perché non compresi. Sono sicuro che i concetti di “franchigia” o “copertura” non siano chiari a molti.

E qui noi operatori del settore abbiamo le nostre colpe: non sono rari i casi in cui alle persone è stata fatta una proposta non in linea con i propri bisogni, e in molti ritengono che nostri i prodotti siano spesso complessi e non facilmente comprensibili.

Sta a noi agire sempre più correttamente per realizzare prodotti semplici e chiari in grado di rispondere alle effettive esigenze dei clienti e spiegarli con accuratezza in tutte le loro sfumature, dai costi alle coperture. C’è un grande bisogno di protezione e di tutela del rischio, che fino a ora abbiamo intercettato solo in parte anche per questi motivi.

Ma questo è solo il primo passo. Ritengo, infatti, che sia necessario promuovere e diffondere un'alfabetizzazione finanziaria e assicurativa attraverso vari canali, uno su tutti il sistema scolastico ed educativo, perché studenti preparati saranno un domani dei cittadini più consapevoli.

Anche su questo noi dobbiamo fare la nostra parte, lavorando insieme ad altri attori come istituzioni e società civile. Perché una maggiore cultura contribuirebbe a costruire un nuovo legame di fiducia tra persone e operatori economici dando vita a un mercato più efficiente. A vantaggio di tutti.

Sul rischio, non è il caso di rischiare.

 


Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altri articoli di Enrique Flores-Calderon

Altre pagine consultate