Guerra economica in atto?
Trump con intenzioni reali, dichiarazioni forse sconsiderate o magari strategicamente ponderate ha dato inizio ad una partita a scacchi in parte virtuale ed in parte reale.
Se la sua strategia per favorire a suon di dazi la ripresa di alcuni settori dell’Industria americana è annunciata da tempo, la mossa su acciaio e alluminio, per quanto non sia stata la prima della partita è stata ad oggi la più risonante.
Le sue precedenti mosse su lavatrici e pannelli solari cari a Cina e Corea del Sud hanno già ottenuto come contromossa reale un ricorso al WTO e l’aumento immediato dei prezzi delle lavatrici. (Ma la corea del Sud non era un alleato degli Stati Uniti?)
Se fosse servito dimostrarlo ancora, è evidente che il campo di battaglia economico, è altra cosa, l’alleato strategico/militare diventa nemico commerciale, e tutti sono sacrificabili o utilizzabili per la propria azione di intelligence economica, perché di questo si tratta.
Trump ha messo in moto (forse e a suo modo) l’Intelligence economica americana, aprendo una guerra commerciale che ritiene possa essere vinta con facilità, e giustifica la sua azione come reazione a comportamenti sleali da parte delle aziende e dei paesi esteri nei confronti delle aziende americane; per la sicurezza economica statunitense.
La vittoria, non è però cosi scontata come ritiene, perché non ha sfidato un nemico solo e circoscritto, ma ha aperto una serie di fronti con Paesi e su settori economici diversi.
Alla sua reazione/azione sta seguendo e seguirà una reazione colpirà tanti settori industriali americani pur non direttamente correlati ai dazi implementati. Una reazione da parte di tutti coloro che vedono in qualche modo lesi gli interessi economici delle proprie aziende e del proprio sistema, Europa, Cina, Canada Giappone etc.
Glia analisti di Intelligence Economica di tutto il mondo si sono cosi “rianimati” per decifrare e anticipare le mosse della partita a scacchi virtuale e per suggerire quelle da mettere in atto nella partita reale in una perfetta interpretazione della teoria dei giochi.
Se nel breve periodo la partita reale porterà a probabili dazi su Bourbon, Levi’S, Harley Davidson, e ad aumenti di prezzi come già successo per le lavatrici LG, come annunciato da TOYOTA, e come succederà probabilmente per AUDI, VOLKSWAGEN etc. , la partita virtuale si svolge analizzando gli scenari conseguenti le mosse dei vari player che porteranno ad un riposizionamento degli scambi e degli investimenti internazionali (ELECTROLUX che rinuncia ad un progetto di 250 mln di dollari).
Tutti avranno ripercussioni, e il timore è che i sistemi economici escano più poveri da questo gioco d’azzardo.
Il player che ha lanciato la sfida è che quello che potrebbe subire i cambiamenti più evidenti, non necessariamente un vantaggio a livello sistemico, forse un vantaggio nel breve periodo per alcuni settori o aziende (acciaio e alluminio?) ma a carico di chi?
Volendo fantasticare potrebbe sembrare una precisa strategia che a costo apparentemente zero per le casse governative punta al rilancio di determinati settori industriali americani. Le coperture? Pagheranno in parte dei cittadini per il surplus da dazio sull’acquisto di beni stranieri di cui non si vogliono privare, o quelle aziende americane che potranno subire un calo delle esportazioni per le reazioni dei Paesi (tanti) indignati per la strategia americana.
Fantasticazioni di intelligence economica. Ma la partita è appena iniziata.