I COLLABORATORI TRANQUILLI 
(passivi e zelanti)

I COLLABORATORI TRANQUILLI (passivi e zelanti)

Si sbaglia a definire un collaboratore attivo o passivo. Dovremmo sempre chiederci “rispetto a che cosa”, visto che l’attesa dell’organizzazione può pendere per un verso, oppure per l’altro. Ci sono infatti organizzazioni che, per funzionare, abbisognano di fedeli esecutori di ordini, ce ne sono altre che invece pretendono personale intraprendente.

Nel nostro Paese, che vive di moda, di fashion, di apparenza e di etica e morale tra loro scisse, fanno strada gli “yes man”, ovvero i fedeli esecutori, pronti al cambio di casacca ed al mero tornaconto personale, adattivi ed adattabili con qualsiasi potere di turno, fosse anche straniero o despota. Sono come i camaleonti, nelle selezioni sono bravi attori, inseriti sono perfetti ruffiani, discreti di natura ma arrivisti di fatto, focalizzati più che sul team, solo su loro stessi ed i loro interessi. Così bravi da nascondere le proprie intenzioni per arrivare in maniera subdola al potere, facendo leva non sulle competenze (che non hanno) ma sulla capacità di manipolazione (che hanno). Un vero costo per l’azienda, che lo capisce sempre troppo tardi. Un costo altissimo per il leader, che diventa suo inconsapevole strumento.

Cerchiamo di individuarne le caratteristiche:

ADULATORI. Danno sempre ragione al capo. Anche in caso di scelte scellerate, sono soliti non aprire gli occhi al decisore per scaricare su di lui il fallimento, con la speranza -forse- di prenderne il posto. Lo fanno col silenzio o con timida (e falsa) accondiscendenza.

RICAMATORI. Se si nascondono dalle responsabilità nei confronti del capo, sono invece soliti “caricare” la truppa contro di lui. La palestra preferita è il bar o la pausa pranzo, in cui sparlare o denigrare questo e quel capo per minare le relazioni tramite i “non detto” (ma pensato).

SELEZIONATORI. Per costoro i colleghi sono sempre divisi in due gruppi: i “buoni” ed i “cattivi”, con i primi si parla, con i secondi si tace, con i primi si fanno alleanze, con i secondi si applica l’evitamento, anche su procedure di lavoro.

IDEALISTI. Più che attivi su competenze certe ed esigibili, essi tendono ad essere resistenti al cambiamenti per proprie remore etiche o ideali. Siccome il mondo non è come il loro “mondo interno”, lo ostacolano di fatto per aggregare attorno a loro soggetti simili, anche se ciò contrasta con la mission aziendale.

MATERIALISTI. Più che condividere obiettivi raggiunti e premi, essi lavorano in sordina (con la gerarchia, ma anche con i clienti) per raggiungere da soli il massimo guadagno. Se a tal fine devono svolgere funzioni sindacali, pensano prima di tutto alle opportunità di carriera personale, molto meno al servizio del gruppo di colleghi e quindi ad una condivisione degli utili.

SEDUTTORI. Da veri campioni della manipolazione, sono soliti “entrare nella testa del capo” per altre vie. Apparentemente amici o confidenti, passano dal Lei al tu in un nanosecondo addolcendo il superiore con simpatie e confidenze personali, ben individuando (ma tacendoli) i “punti deboli” dell’interlocutore. Come la mantide, seduce prima ed uccide dopo.

Ugo Albano

Purtroppo il mondo del lavoro è pieno di questi personaggi, ho raramente trovato colleghi come me, di buon spirito e buona lena, che tendono completamente le proprie energie a favore dell'utenza e verso obiettivi aziendali comuni. Sono proprio controproducenti e, non saperli riconoscere, comporta danni non indifferenti non solo al "Capo" ma che a sè stessi, all'equipe di lavoro e di conseguenza ai beneficiari.

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