I dati sulla posizione e il futuro del digital marketing
In un recente sondaggio condotto da Lawless Research su commissione di Factual, che ha coinvolto circa 700 marketers (sia in-house che provenienti da agenzie) impegnati in diversi settori, ben 87% degli intervistati ha affermato di utilizzare dati sulla posizione per ottimizzare le proprie campagne. E la stragrande maggioranza di questi riporta risultati favorevoli, con il 53% che conferma direttamente di aver ottenuto un numero maggiore di conversioni.
Dall’avvento dello smartphone nel 2007 - il primissimo iPhone della Apple - le regole del marketing sono cambiate drasticamente. Nel 2010 la penetrazione dei telefoni “smart” era già arrivata al 30% e oggi come oggi sono una percentuale davvero infinitesima coloro che non ne posseggono uno. Questo vuol dire che già da un po di anni a questa parte è diventato assolutamente necessario tenere in alta considerazione il “mobile” quando si parla di campagne.
Uno dei più grandi benefici che gli smartphone hanno apportato al marketing nasce da una loro caratteristica che può sembrare assolutamente banale: il fatto che le persone se li portino a spasso con se. Ormai il telefono é diventato un’estensione della persona stessa: dove va lei, va anche lui. E non solo, ma in tutto ciò lo smartphone resta (quasi) sempre collegato a ambe internet e GPS. Ed è proprio qui che subentrano i famosi dati sulla posizione.
I benefici dei cosiddetti “location data” sono tanti e sono vari, e in futuro saranno sempre in meno a non usufruire dei vantaggi che offrono. Permettono, fra le altre cose, di targettizzare le campagne, di personalizzare e migliorare la customer experience e anche di aumentare l’interazione con la propria audience, tutto ovviamente al fine ottimizzare l’aumento e il coinvolgimento dei clienti.
Per ora sono Google e Facebook i grandi colossi della pubblicità online: nel 2017, ben il 63% dello spending digital è finito nelle loro tasche. E i servizi offerti dalle due piattaforme sono in continuo miglioramento. Solo qualche giorno fa, per esempio, Google ha annunciato l’ampliamento delle sue estensioni di località per brand con più punti vendita ai video YouTube, che vanno ad aggiungersi alle estensioni di località già disponibili su search e display.
Nonostante questo, sono anche in tanti fra i marketers - quantomeno quelli intervistati nel sondaggio di Lawless Research (ben il 71%) - che stanno cominciando a guardarsi intorno per evadere il cosiddetto “duopolio” di Google e Facebook, alla ricerca di players alternativi che offrano dati sulla posizione più precisi e trasparenti. Vedremo in futuro quali nuove realtà prenderanno piede.
In un articolo su LSA Insider Lara Oblowitz ci fa notare che il consumo di massa non è più quello che era una volta, quando esistevano solo un paio di canali televisivi e ognuno guardava la stessa cosa alla stessa ora. Le piattaforme si sono moltiplicate e diversificate. Raggiungere ogni individuo, su ogni piattaformi disponibile, in ogni momento, è semplicemente impossibile. Ma i dati sulla posizione fanno sì che questo non sia necessario.
Non è importante farsi sentire da tutti ad ogni momento, ma solo dalle persone giuste al momento giusto. I dati ci permettono di andare ben oltre alla targetizzazione in base alla posizione geografica, o a fattori piuttosto basici come il genere e l’età. Possiamo ormai tracciare i veri e propri comportamenti degli utenti, e quindi selezionare le nostre audience in base a certe caratteristiche specifiche e concrete che le rendano il più possibile idonee a recepire favorevolmente le nostre campagne. Non servono un outreach e un budget stratosferici, ma semplicemente saper sfruttare le risorse a propria disposizione e scegliere bene coloro da chi ci si vuol far notare.
Claudio Agazzi, Founder & MD at RetailTune.com