I Dormienti

"Le vedi, Lyra?" sussurrò il vecchio Custode, indicando le cime innevate che sovrastavano la valle. "Quelle non sono semplici montagne."

La giovane elfa strinse il bastone di legno nodoso, scrutando la distesa di abeti che si estendeva davanti a lei. Il vento trasportava un sussurro antico, una melodia quasi impercettibile che le faceva vibrare l'anima.

"Sono i Dormienti," continuò lui, e la sua voce roca era carica di riverenza ancestrale. "Giganti di un'era dimenticata, che scelsero di vegliare sul nostro mondo assumendo forma di pietra. Le loro menti ancora sognano, e i loro sogni nutrono la magia che scorre in questa valle. 

A volte possiamo percepire il loro profondo respiro. Quei tremori della terra che tanto temiamo sono il segno che loro sono ancora vivi, che vegliano ancora su di noi."

"È per questo che mi hai portata qui, maestro?"

Il Custode sorrise. Gli anni gli avevano donato rughe profonde come la corteccia degli antichi abeti, ma i suoi occhi brillavano di una luce giovane. "Ogni duecento anni, quando la luna verde sorge nel cielo più scuro, uno dei Dormienti si risveglia per pochi, preziosi istanti. Stanotte toccherà al Monte del Corno d'Argento. E tu, piccola mia, sei pronta per ereditare il mio ruolo."

Lyra trattenne il respiro. Ora comprendeva perché il suo maestro insisteva tanto sull'importanza di imparare l'antica lingua dei giganti. Parole antiche che ruggivano come il vento tra le gole, mentre il loro significato era profondo come le radici degli abeti e mutevole come le nubi danzanti sulle vette.

"E se... se non fossi all'altezza?" Chiese, trasudando incertezza da ogni poro della sua pelle color rubino, mentre il vento le accarezzava i capelli.

Il vecchio rise di cuore. La sua risata riecheggiò in tutta la vallata circostante, calda e vigorosa come un abbraccio. "Lo sei. La valle ti ha scelto molto tempo fa, ancora prima che tu nascessi. Non senti come gli alberi cantano il tuo nome?"

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