🗣I Feedback come e quando darli
❓❓ Ti posso dare un consiglio? Posso darti un suggerimento? Posso dirti una cosa?
Quante volte abbiamo sentito farci questa domanda nella nostra vita, magari qualche giorno fa o addirittura oggi. Nel parlare con un amico, un familiare, una persona che abbiamo conosciuto da poco ma con la quale abbiamo subito instaurato un buon rapporto.
Io li definisco i “consiglieri seriali” e quante volte ci sono caduta anche io. E’ un comportamento che accomuna molti, siamo istintivamente portati a farlo, lo facciamo con le persone cui teniamo perché è un modo per mostrargli il nostro interesse. Il “problema” è che ci dimentichiamo l’effetto che questo produce nell'altro, quella sensazione che proviamo quando siamo noi ad “autorizzare” qualcuno che ci chiede “Ti posso dare un consiglio”?
Il dare consigli non richiesti ci mette in una posizione di “superiorità” rispetto all'altro, ci mette nel ruolo di chi è in grado di notare cose che l’altro non vede, di dire cosa è giusto e cosa no. E di conseguenza pone l’altro, che lo riceve, in una posizione “down”, di chi in qualche modo ha sbagliato.
Lo facciamo in maniera inconsapevole, sicuramente motivati da intenzione positiva e dopo questo articolo mi auguro che da oggi in poi penserai al modo migliore per darlo.
Cosa c’è che non va nel dare feedback in questo modo?
❌ 1) Molto spesso non lo diamo correttamente con l’effetto di farlo diventare una “cazziata”. Un feedback, per essere tale, deve avere delle caratteristiche di fondo:
📌 a. Iniziare sempre con ciò che di buono/ottimo o positivo sta già facendo la persona con cui stiamo parlando
📌 b. Inserire, solo a questo punto, il comportamento (uno e uno solo) che a nostro avviso è da migliorare usando la congiunzione “E” e non il solito “MA” che annulla tutto quello detto al 1° punto 😉
📌 c. Spiegare il beneficio che la persona ne trarrà nel cambiare il suo comportamento…questo è forse l’aspetto più sfidante per chi dà il feedback perché implica la volontà di immergersi completamente nei panni dell’altro e quindi conoscerlo e sapere cosa lo motiva, cosa lo spaventa e cosa gli impedisce ad oggi di cambiare.
❌ 2) E’ imprevisto - Lo facciamo quasi sempre in un contesto familiare o amicale e in tale situazione arriva quando meno te lo aspetti perché non è concordato.
A meno che l’altra persona non sia tuo figlio minorenne, un feedback deve essere una pratica concordata🤝 da entrambe le parti. E per essere efficace, ossia per innescare il cambiamento, deve nascere in un contesto in cui chi lo riceve ne senta la necessità.
Fino a quando la persona che ascolta non riconoscerà il bisogno di ricevere un riscontro su una determinata situazione, sarà difficile che faccia qualcosa di diverso oltre a sentirsi incompreso, sbagliato, infastidito e irritato.
Il feedback ascoltato è quello che viene in risposta alla domanda – fatta da chi vuole riceverlo - “Posso chiederti un consiglio?” (una parola di differenza darti vs chiederti fa la differenza nel risultato), domanda che implicitamente ci sta comunicando non solo che l’altro ritiene di dover cambiare qualcosa del suo modo di fare, perché sente che lo sta limitando, ma soprattutto che la nostra opinione è importante per lui/lei.
❌ 3) E’ spesso una comunicazione uni-direzionale➡
Un altro aspetto che rende molte volte vano il feedback è il fatto che chi lo dà non chiede riscontro su quanto ha appena detto, se è stato di aiuto e se dovrebbe cambiare modo di darglielo nel futuro.
Chiarito il come, vediamo il quando dare un feedback.
Se nell'ambito familiare o amicale bisogna fare molta attenzione a quando farlo, nell’ambiente lavorativo dovrebbe essere una prassi 📋 che l’imprenditore o il manager dovrebbe prevedere tra i processi aziendali perché è uno dei modi più efficaci per formare e promuove la crescita dei propri collaboratori.
Certo è sfidante per tanti aspetti perché implica nell’ordine:
1) Imparare ad organizzarsi per trovare il tempo 🕐 di parlare con loro
2) imparare ad osservare🔍 i nostri collaboratori, per annotarci tutte le volte che svolgono bene le attività, soprattutto quelle in cui sappiamo sono usciti dalla loro zona di comfort per farle.
3) imparare a conoscere noi stessi🔥 e riconoscere dove anche noi “sbagliamo”
✅ ma porta anche tantissimi benefici:
- 💖 il collaboratore si sente considerato, parte dell’azienda
- 🔥 la sua motivazione cresce e con questa anche la sua voglia di fare di più perché sa che quel fare di più sarà notato e riconosciuto nel gruppo e dal suo responsabile
- 🎯 avremo collaboratori con una mentalità diversa, non più quella del dipendente che si aspetta lo stipendio a fine mese e che alle 18 fa cadere la penna sul tavolo
E’ un’abitudine e come tutte le abitudini serve tempo per apprenderla. Il primo passo è per iniziare l'apprendimento è quello di inserirla nella routine aziendale, metterlo a calendario e rispettare l'impegno.
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Buon incontro!
Assistenza Software presso Proietti Soluzioni Srl
4 anniSono interessata