I mortiferi brav’uomini e le mortifere brave donne: i due esemplari generi di una stessa, artefatta medaglia.

I mortiferi brav’uomini e le mortifere brave donne: i due esemplari generi di una stessa, artefatta medaglia.

Il Narcisismo Patologico è, in ultima analisi, una difficoltà nell’autoregolazione dell’autostima – qui invece etero-regolata.

Pur di sfuggire al devastante vuoto esistenziale, vuoto di scopi, piaceri, di affetti e di amore, pur di sottrarsi a quella che – con le parole dell’andato, illustre antropologo Ernesto De Martino – si potrebbe definire la crisi della presenza, la frammentante sensazione di non esserci non nella Storia, bensì nella propria storia, il Narcisismo Patologico farebbe di tutto: spegnersi a seguito di scompenso narcisistico (quando è in grado di accedere al dolore depressivo, quando cioè il test di realtà regge e lo sbriciolarsi nell’impatto con la realtà delle proprie fantasie irrealistiche e compensatorie di grandezza viene correttamente interpretato come fallimento) oppure evolvere verso livelli più alti di ostilità eterodiretta e di interpretazione paranoide del mondo (quando il giudizio di realtà, già strutturalmente connotato da speciali distorsioni, si indebolisce), quindi in direzione di dissociazione, frammentazione, acting out.

Pertanto, il Narcisismo Patologico può, a proprio ed esclusivo tornaconto, rompere il legame (anaffettivo) con l’Altro da sé (sin qui parte di sé), ma non può tollerare che sia invece quest’ultimo - sul quale ha proiettato il proprio vuoto e la propria assenza di agency esistenziali, perciò Altro privato di ogni forma di autonoma vitalità - a rompere il legame.

Quando il livello di empatica competenza emotiva si abbassa ulteriormente (e con esso quello delle emozioni morali auto ed etero-dirette), toccando quello 0 che dallo stato fluido spinge la componente emotiva dell’empatia fino allo stato solido di non-fruibilità, mentre in conseguenza s’impennano invece quelli di un sadismo ego-sintonico (per il bisogno schiettamente psicopatico di considerazione) e di una franca seppur all’occorrenza dissimulata interpretazione paranoide (invidia, frutto di un’idealizzazione tutta interna dell’esterno, poi proiettata verso l’esterno stesso) della realtà, quando cioè dal Narcisismo Patologico (pur sempre ancora terraferma) ci s’incammina sul ponte (tibetano) del Narcisismo Maligno e Perverso (fino a giungere al suo termine, la terra di nessuno spadroneggiata dalla Psicopatia), l’Altro da sé che – incomprensibile e inatteso - si sia arrogato il diritto di rompere il legame (parassitante) in autonomia, deve coattivamente essere frammentato.

Mors tua, vita mea: da qui, per il Narcisismo Maligno e Perverso non esiste altro scopo, non può e non deve esistere altro scopo se non quello di far scomparire l’Altro fattosi prova certa della perdita di controllo (onnipotente) e possesso (assoluto) del Narcisismo Maligno e Perverso stesso che, per non svuotarsi, deve svuotare chi - in fondo - ai suoi occhi sempre vuoto è stato. Per il Narcisismo Maligno e Perverso svuotare l’Altro da sé – reo di essersi arrogato l’intollerabile diritto d’una autonoma esistenza – è, dunque, un gioco win-win. Da qui, nessuna remora, nessun rimorso, nessun senso di colpa, nessuna paura, nessuna vergogna… nessun limite.

Ben tristemente nota è la cosiddetta (e così fatta) campagna diffamatoria - più che denigratoria - messa in atto, in questa fase della relazione pervertita, capace di mettere a dura prova anche la più solida delle strutture di personalità – tanta è la lucida follia consumata nel progettarla e nell’attuarla.

Il Narcisismo Maligno e Perverso ha solitamente dalla sua i famigerati gregari (anche enablers, abilitatori, facilitatori, in sostanza specchi ingranditori del suo già smisurato Ego); tra questi poi, abilmente e accuratamente selezionate le sue scimmie volanti, personalità (troppo) ingenue e (troppo) empatiche, financo dipendenti, talora definite personalità altamente sensibili o persino ecoiste da Eco, la ninfa che – nota - scelse di lasciarsi consumare piuttosto che distogliere il proprio sentimento (di vuoto) d’amore da Narciso, evidenziando ella stessa importanti problematiche narcisistiche, anch’ella – a significare un altro importante Disturbo dello spettro del Narcisismo, l’Anoressia Nervosa o Mentale – incapace di relazionarsi con l’esterno, sostituito da un’idealizzazione tutta interna dello stesso, che ha disimparato l’ascoltare persino i bisogni del proprio corpo in nome di un grandioso e tirannico ideale di perfezione; oppure al contrario (il più delle volte) le scimmie volanti sono esse stesse personalità narcisiste (ma vulnerabili) che, entrate nella sfera d’attrazione del Narcisismo Maligno e Perverso, cedono, inconsapevoli o compiaciute, alle sue destrezze manipolatorie, rispecchiandosi in esso – inconsapevole perciò grandioso ad oltranza - e lasciandosi usare al fine di screditare l’Altro reo di non aver rispecchiato ulteriormente l’essenziale grandiosità, d’indebolirne l’attendibilità, di minare la veridicità delle sue parole, d’insinuare dubbi sulla sua moralità, sulla sua buona fede, financo sulla sua salute mentale; di privare l’Altro della sua dignità, insomma, attraverso lo spietato utilizzo dell’arma dallo stesso Narcisismo Maligno e Perverso più temuta, l’umiliazione, la quale apre le porte alla temibilissima ed insostenibile emozione della vergogna.

Vere e proprie braccia armate da tutta la sconfinata potenza di fuoco del Narcisismo Maligno e Perverso che mai attaccherebbe in alcun modo direttamente, apertamente, in prima persona, in pubblico; troppo alto il rischio di scalfire la propria maschera di brava vittima d’ingiustizie, così sensibile, disponibile ed empatica da meritare tutta l’altrui sensibilità, disponibilità ed empatia. Le scimmie volanti, come del resto i gregari, in avanscoperta ad insudiciare le proprie mani pur di mantenere linde quelle del Narcisismo Maligno e Perverso.

Amici tra gli amici, colleghi tra i colleghi, persino parenti tra i parenti, sui quali il Narcisismo Maligno e Perverso ha assunto il completo controllo, inviati a compiere opera di proselitismo, veri e propri virus a contagiare tutti e tutto – affinché nulla sia lasciato al caso, tanto è alta la posta in gioco.

Quando ad essere rotto dall’Altro è un legame (anaffettivo) dal quale erano nati figli, il tutto si fa ancora più macabro: attraverso le speciali distorsioni della realtà (prima tra tutte la maschera di uno strutturale, strumentale vittimismo attraverso la quale il carnefice si traveste da vittima, proprio come il dirottatore da ostaggio nel tentativo di non doversi assumere le proprie responsabilità, pur di farle ricadere sull’Altro, o lo “scafista” da “profugo”) e attraverso l’utilizzo sistematico, scrupoloso e costante della terribile morsa manipolatoria con le sue due ganasce del senso di colpa (aggressore travestitosi da aggredito) e della paura (vessazioni, ritorsioni, violenza psicologica e fisica che si ergono sulla sconfinata rabbia narcisistica e sull’assenza di empatia emotiva e di ogni freno morale quindi), i bambini vengono abusati dal Narcisismo Maligno e Perverso al fine di avvertirsi loro stessi in dovere di farsi gregari, sovente scimmie volanti; il tutto perlopiù senza che nessuno – compresi a volte Professionisti e Specialisti eventualmente già coinvolti – si accorga di nulla. Professionisti e Specialisti possono infatti anch’essi - attraverso il maldestro utilizzo di distorsioni della realtà, manipolazioni, inganni e menzogne da parte dell’esperto Narcisismo Maligno e Perverso – venire depotenziati da agenti attivi a semplici spettatori; da qui, del tutto inconsapevolmente, coloro che soddisfano il requisito fondamentale dell’essere specialmente propensi a dipendere, verranno promossi a gregari del Narcisismo Maligno e Perverso e financo, se si dimostreranno all’altezza della sua artefatta grandezza manipolatoria (coincidenza di Sé Ideale e Sé Reale), al ruolo di scimmie volanti.

Può trattarsi di Avvocati (a volte, purtroppo, non solo a più o meno consapevole difesa del Narcisismo Maligno e Perverso ma, per paradosso, anche della vittima di questo), di Assistenti Sociali, di Psicologi ingaggiati dallo stesso Narcisismo Maligno e Perverso apparentemente per sostenere in un percorso psicoterapico d’assunzione delle proprie responsabilità (nella realtà, solo per produrre resoconti da utilizzare come ulteriore strumento per distorcere la realtà e condizionare altri spettatori - manipolandoli) e, in presenza di figli, di Curatori Speciali, di Psicologi incaricati di fornire sostegno genitoriale, sostegno psicologico rivolto ai bambini, di Pediatri (nel riferire ai quali eventuali problematiche dei bambini, il Narcisismo Maligno e Perverso non perde occasione di anteporre i propri bisogni e desideri a quelli dei bambini, di alimentare cioè la propria campagna diffamatoria, attribuendo la proprie responsabilità sempre e comunque all’Altro – qui genitore – e fornendo un’immagine di sé impeccabile, producendo cioè anche qui una narrazione distorta dei fatti, a grande ed esclusivo rischio del bambino in sofferenza); si tratta ancora di P.M., di G.I.P., Giudici Ordinari (le sopraggiunte modalità di trattazione scritta e di udienza cartolare agevolano purtroppo notevolmente le abili manipolazioni della realtà dei fatti!), e ancora di Insegnanti, Maestri ed Educatori, di Istruttori, ecc.; tutti – perlopiù ignari – dal Narcisismo Maligno e Perverso neutralizzati prima, poi inglobati nel ruolo di gregari, infine fagocitati come scimmie volanti ad affollare la schiera di parenti, amici, colleghi, genitori dei compagni dei bambini, e così via. Ogni ambiente è oramai inquinato, la vittima sempre più schiacciata, costretta ad un carico stressogeno indicibile per acutezza e cronicità, sempre più isolata, sistematicamente spinta a risolvere problemi dal Narcisismo Maligno e Perverso (attraverso spettatori, gregari e scimmie volanti) creati in sorprendente quantità, appositamente dal nulla al fine di screditare, denigrare, sfinire, sfiancare, ridicolizzare. In fondo, viene fatto all’Altro ciò che lo stesso Narcisismo Maligno e Perverso teme di più sin dal suo divenire: l’Altro viene sistematicamente, metodicamente, lucidamente umiliato, svuotato della sua autostima, privato del suo tanto invidiabile (e perciò tanto invidiato) senso d’identità.

Accogliere nel setting la disperata richiesta d’aiuto del (sino ad ora) superstite è vissuto drammatico anche per il più esperto tra gli Esperti, attanagliato il primo com’è tra la paura (per la pervasiva portata dei molteplici e diversificati attacchi subiti) ed il senso di colpa per un Narcisismo Maligno e Perverso che nel frattempo s’è fatto per gli sguardi (superficiali) di tutti strategica vittima d’un (vuoto) amore non più ricambiato (nella realtà, mascheratosi solo al fine di perpetrare l’ennesimo tentativo di manipolare l’Altro riportandolo sotto il proprio controllo e possesso – pena il dover quest’ultimo fare i conti col proprio avvertirsi brutto e cattivo -, quindi solo al fine di continuare ad esercitare possesso e controllo su di lui anche attraverso la campagna diffamatoria).

Quando il Narcisismo Maligno e Perverso indossa una maschera femminile, la sua pericolosità si fa ancora più perniciosa: lo strumento primo della sua ars manipolativa – lo strumentale e strutturale vittimismo – si fa incredibilmente credibile, la campagna di diffamazione eccezionalmente perniciosa e penetrante, gli spettatori pletora, i gregari stupefacenti per devozione, le scimmie volanti eccellenti nel loro irrigidimento di ruolo.

Se tutto quanto sopra è inevitabile nel caso dei comuni spettatori, si fa invece inaccettabile (per la pericolosità delle conseguenze a danno dell’intera Comunità ma, soprattutto, dei minori eventualmente coinvolti) nel caso degli eventuali spettatori eccellenti, i Professionisti e gli Specialisti che – avendo il compito istituzionale di tutelare, sorvegliare, discernere, sostenere – dovrebbero indossare gli occhiali speciali in dotazione, atti a riconoscere, esaltandole, simili dinamiche relazionali perverse e disumane (ai più – ciechi - invisibili) anziché caderne essi stessi vittime.

Per quel che riguarda l’ambito giudiziario, molto interessante il libro – pubblicato nel marzo scorso – dall’Assistente Sociale Clinica e Psicoterapista americana Kaytlyn Gillis (che già nel 2021 aveva pubblicato un suo primo lavoro, sempre molto interessante, dal titolo: “Invisible Bruises. How a better understanding of the patterns of domestic violence can help survivors navigate the legal system”).

In Francia, un testo di Legge (firmato dalla deputata Isabelle Santiago), poi votato all’unanimità in Parlamento, ha finalmente ridato senso al concetto di bi-genitorialità che ne era stato svuotato per idealizzazione, mistificazione, per paradosso.

Del resto, volgendo lo sguardo alle nostre Corti, quella Suprema – con sentenza n.24972/2023 pubblicata giusto lo scorso 21 agosto – ha finalmente stabilito che non è giustificato, pertanto non può essere disposto, l’affidamento dei minori ai Servizi Sociali basato sul solo (e mero) dato fenomenico di un’elevata conflittualità coinvolgente la coppia genitoriale, perché la mancata (ed adeguata) valutazione delle motivazioni (e delle responsabilità) che generano ed alimentano tale conflittualità inficia la ponderazione dell’interesse superiore del minore e la valutazione stessa delle competenze genitoriali.

A dire: data la situazione oramai innegabilmente di emergenza in cui versa la nostra società, chi non lo ha già fatto rispolveri quanto prima gli occhiali avuti in dotazione! (Ad evidenziarci il fatto che maschio e femmina possono indistintamente farsi i due esemplari generi di una stessa, artefatta medaglia, quella del Narcisismo Maligno e Perverso, severa al di là di ogni ragionevole dubbio la cronaca nera anche di questi giorni ma a ben vedere degli ultimi vent’anni, per limitare lo sguardo al solo nuovo secolo.)

Ancora, dall’Ordinamento passando all’Ordinato, a sottolineare: gli standardizzati interventi pesudo-psicoterapici del colpo al cerchio e alla botte hanno oramai dimostrato tutti i loro limiti, applicati con modalità routinarie al di là (o, addirittura, a prescindere) dall’ipotesi diagnostica individuale e dalla prognosi, idealizzati come panacea di tutti i mali (di relazione/coppia). Del resto, con chi o cosa esattamente si aspirerebbe a riequilibrare un Narcisismo Maligno e Perverso all’interno di una coppia coniugale o – peggio! - genitoriale?!? Se non si è in grado di ri-conoscere un tale funzionamento gravemente invalidante, disadattivo e distruttivo (riconoscimento fuor di dubbio insidioso - sì – ma pur sempre doveroso), se non si è attrezzati cioè per procedere ad una ipotesi diagnostica funzionale della personalità, ch’è basale per prognosi e quindi terapia (trattamento o cura), su cosa s’intende far poggiare l’intervento?!? Detto in altri termini: davvero certa Psicoterapia è convinta di poter prescindere dalla Psicopatologia – in una crisi d’identità della Psicologia (Clinica) che però non pare al momento aprire a nessuna opportunità nuova?!? A che pro - poi?

Con enfasi, si potrebbe giungere ad affermare – forti e provocatori – che certa Psicoterapia rischia di uccidere la Psicologia (Clinica), anche attraverso l’utilizzo dei termini “relazione” ed “interazione” come fossero sinonimi, intercambiabili perciò.

A seguito delle davvero troppe emergenze sta sempre più diffondendo nell’opinione pubblica  la convinzione che, laddove si renda necessario smascherare una personalità maligna nascostasi dietro una parvenza di bontà, non  al normale psicologo/psichiatra bisogna rivolgersi, bensì allo speciale psicologo/psichiatra forense: a seguito delle davvero troppe fiaccolate a tragedie oramai consumate, il bisogno comune sta aguzzando l’ingegno, il tecnico si fa sempre meno, il medico pietoso fece la piaga purulenta – sembrano oramai pensare i non-addetti ai lavori che, a fronte di talune realtà, appaiono sempre più persuasi dalla convinzione che un ascolto rispettoso non possa e non debba prescindere da un ascolto anche sospettoso, laddove ve ne sia la necessità.

Ma, se ci si dimentica d’essere tecnici della Psicopatologia ancor prima ed ancor più che psicoterapeutici artisti, come potrà avvertirsi tale necessità? Anche ammesso che la si avvertisse, da chi o cosa ci si lascerebbe guidare nelle osservazioni e nel dare significato ai risultati di queste? Sulla base di chi o cosa potrebbero essere fondate le successive previsioni? Foss’anche un semplice intervento di sostegno alla genitorialità, oramai così inflazionato, lo si può attuare pre-confezionato, a prescindere dalla comprensione del funzionamento della personalità alla quale è rivolto? Dimenticando ch’è cattiva prassi passare dall’evidenza di carenze nelle competenze genitoriali – direttamente! – al fornire sostegno in merito, saltando cioè a piè pari quel passaggio fondamentale ch’è la valutazione della recuperabilità di tali competenze (che, ovviamente, si fonda sulla comprensione del funzionamento della personalità alla quale è rivolto) e che, tra l’altro, produrrebbe l’effetto di evitare lo spreco di tempo ed energie, l’inutile (ed a volte interminabile) attesa di altre personalità che invece potrebbero trarre effettivo vantaggio da un simile intervento, così come eviterebbe il burn-out di tanti operatori costretti a doversi confrontare quotidianamente con un’avvilente senso di frustrazione e uno ardente d’impotenza?

A quante altre fiaccolate dovremo partecipare prima di realizzare il nostro stesso bisogno d’idealizzare, come fosse sempre la prima ogni volta narrandoci sgomenti per esserci lasciati ammaliare da maschere così perfette da farci avvertire la ferma volontà di desiderarle reali al di là di ogni ragionevole evidenza teorica e pratica – noi stessi bisognosi di mistificare ciò ch’è semplicemente umano, nel bene e nel male, e di rimuovere fino a negare ciò che non solo spaventa, ma per di più ci spaventa?

L’illuminato testo di Hervey Cleckley, risalente al 1941 e ad oggi ancora il riferimento primo sul quale poggiare gli illuminanti studi di R. D. Hare, di S. Baron-Cohen, di C. Malkin e di altri Autori mai nostrani, è disponibile per la prima volta nella sua traduzione italiana a partire dallo scorso ottobre (2023!): nel frattempo, parrebbe che – per paura di generare paura, a detta di alcuni, più ragionevolmente anche per paura e basta – gli psicoterapici Psicologi (Clinici) si siano rivolti esclusivamente alla Psicopatologia benigna, rimuovendo dal proprio orizzonte quella maligna, mascherata da un’artefatta normalità e relegata negli angolini angusti di pochi tecnici che, rassegnati ad un realismo che cozza con uno scriteriato e funzionale ottimismo, hanno scelto di tappare i loro nasi per affondare le loro mani nei più bui abissi della natura umana – dove i raggi del sole non solo non riscaldano, ma neppure risplendono più.

Così facendo, ci si è fatti gregari per proprie, limitanti difficoltà, financo scimmie volanti se non v’era altra opportunità; abdicando al nostro mandato sociale che ci vuole – sì – Professionisti del dare aiuto a coloro che sono in sofferenza, ma anche competenti ed esperti nel neutralizzare coloro che – per una sofferenza oramai non più sofferta – rappresentano un pericolo per se stessi e per l’intera Comunità, smascherandoli della loro artefatta normalità che ha in definitiva sepolto ogni empatica, emotivamente salvifica moralità.

La tetra cronaca – nerissima, che ci piaccia o no - degli ultimi vent’anni, per limitare il nostro sguardo al solo nuovo Secolo, ne è la conseguenza diretta ed inequivocabile; purtroppo, stereotipi (dei quali il tecnico deve necessariamente fare a meno) e statistiche a parte, senza distinzione di genere.

Se i non-addetti ai lavori possono concedersi il lusso di rassicuranti spiegazioni che puntino sulla evidente e pertanto evitabile apparenza (maschio, femmina, bianco, nero, ecc., per paradosso ritenendo risibile un pensiero lombrosiano al quale, allo stesso tempo, ci si continua ad aggrappare disperatamente), i tecnici invece hanno l’obbligo – non solo deontologico – di andare ben al di là di quell’apparenza per individuare invece il minimo comun denominatore, un Narcisismo Maligno e Perverso che non disdegna apparenza alcuna (quindi neppure genere alcuno) pur di sottrarsi al riconoscimento, all’assunzione delle proprie responsabilità per un agire scaltro, deprivato d’ogni compassionevole sentire, disumano quindi. La parcellizzazione in compartimenti stagni del contrasto della violenza rischia d’imbrigliare il tecnico in paraocchi che inficiano la visione d’insieme, la ricerca cioè del file rouge - dal particolare al generale per poi ritornare nuovamente al particolare, stavolta attrezzati di quel minimo comun denominatore che sottende la personalità (quindi la relazione) violenta e che pertanto deve rappresentare il target ultimo sul quale intervenire.

Particolare attenzione dovrebbero farla quei Professionisti che prestano le loro esperte competenze all’interno di ambienti nei quali è molto probabile incontrare un Narcisismo Maligno e Perverso che si è spinto all’estremo fino ad assumere le sembianze (e nulla più) di “genitore” e che, pertanto, rischia di produrre il danno più grave perché interessante bambini anche molto piccoli e anche attraverso la trasmissione intergenerazionale di dinamiche relazionali maligne e perverse; ambienti come aule di Tribunali, Consultori Familiari, Centri per le Famiglie e i Minori, ASL, studi privati: se infatti certa Psicopatologia, con le sue abnormi manifestazioni, si rivela palese nel suo disinteresse a velarsi, è molto probabile che quella maligna invece, abile nel giocare con una normalità sagacemente artefatta, si sia fatta non rilevabile per sguardi frettolosi, volti ad una prima e grossolana scrematura (il super-egoico senso di colpa solo nel range centrale può spingere al suicidio, quando invece è prossimo all'essere nullo o – al contrario – estremamente severo e sadico, in genere non permettere di accedere realmente a questa soluzione fuggevolmente estrema); non bisognerebbe prestare serenamente servizio in simili ambienti senza la consapevolezza di disporre di una conoscenza e di un’esperienza tali da mettere il Professionista al riparo da quelle sottili ma sorprendentemente efficaci strategie manipolatorie che – sconcertanti – per ingannare il Sistema usano lo stesso Sistema (ogni Sistema umano poggia su Regole concepite per affiancare e sostenere il buonsenso, non per sostituirlo regolamentando ogni minuziosa evenienza nell’individuale e potenzialmente sconfinata libertà d’agire; del resto, come potrebbe un Sistema umano aspirare a ciò senza incorrere in una drammatica situazione di stallo?).

Invece, i Professionisti della Psicopatologia tutti dovrebbero avvertire l’obbligo di diffondere una visione dell’essere umani (indistintamente maschi o femmine, neri o bianchi, ecc.) comprensiva anche delle sue varianti disumanizzate e disumanizzanti (non mostruose), maligne; non per spargere paure ma per accrescere consapevolezza, sinora l’unica arma a nostra disposizione per comprendere e contrastare ciò che al momento ci appare invece incomprensibile e incontrastabile – e che proprio per questo ci rende temibilmente insicuri, risvegliando ed alimentando le nostre più arcaiche paure.

Il tanto auspicato cambiamento culturale, dalla società richiesto con forza e impellenza per la società, richiede l’abbandono d’una rassicurante visione idealizzante della natura umana a favore di una certamente meno rassicurante, ma anche capace di meglio sostenerci nel decifrare e quindi renderci intelligibili vicende umane purtroppo non mostruose, solo disumane. Si avverte urgente la necessità di affinare le nostre competenze – quindi capacità – e gli strumenti a nostra disposizione per smascherare volti oramai ben noti alla Clinica; soprattutto, si avverte l’impellenza di rispolverare le competenze e gli strumenti che già abbiamo per intervenire esperti anche in questo ambito della Psicopatologia che sconfina nella Perversione e che sinora è stato lasciato incontrastato nel suo espandersi. Altrimenti, il rischio di alimentare una cultura che sovente già confonde a sua insaputa il dirottatore con l’ostaggio, lo “scafista” col rifugiato, l’aggressore con l’aggredito; nel far ciò, non solo mancando di dare l’aiuto che pur si vorrebbe, ma addirittura rischiando di farsi ignari complici di maltrattanti aggressori non riconosciuti.

Nella sua sconfinata generosità, nel suo paralizzante altruismo, Giulia ci ha voluto donare una visione sorprendentemente chiara, semplice ma pragmatica, certamente esaustiva del tragico problema rappresentato dal violento relazionarsi: nessun trattato scientifico, nessuna dissertazione clinica, solo un messaggio audio della durata di poco più di un minuto – registrato per poi essere inviato ad amiche – che, messo in relazione con la di lei penosa scomparsa, contiene tutto ciò ch’è necessario conoscere per divenire consapevoli. I dettagli del volto e le funzioni della maschera, ciò che lega l’aggressore all’aggredito e ciò che continuare a legare quest’ultimo al suo aggressore, la manipolante morsa con le sue ganasce di paura e senso di colpa e l’essenziale e dispotico bisogno di rispecchiarsi in un’accettazione incondizionata che non tollera né assenza né separazione, l’istintivo bisogno di sparire e l’arrabbiato desiderio di far sparire, l’irrefrenabile spinta ad agire pur di non mentalizzare e lo spasmodico bisogno di rompere uno specchio che non ingrandisce più, che riflette invece un’immagine tanto reale quanto realmente intollerabile di sé.

Si chiamava Giulia, ma si sarebbe potuto chiamare anche Giulio, nulla sarebbe cambiato; perché, il minimo comun denominatore in tutte queste catastrofiche vicende umane si chiama propriamente Narcisismo Maligno e Perverso (solo comunemente Filippo, Alessandro, Alessia… Veronica…).

Se quanto sin qui è purtroppo triste e sconcertante realtà, lo è anche il fatto che tanti – tra Professionisti e Specialisti – quegli occhiali in dotazione di cui sopra da sempre con coraggio e dedizione non ostentano bensì indossano, non disposti sin dall’inizio dalla mole di lavoro, dall’attività routinaria, da stereotipi e da pregiudizi, da timori e persino da quella che saltuariamente viene definita normopatia (struttura di personalità che a ragione può esser fatta rientrare nello spettro dei Disturbi del Narcisismo Patologico), a lasciarsi passivizzare non opponendo resistenza alcuna alla coartata regressione del proprio funzionamento fino a semplice spettatori (tutt’altro che passivi), ai quali non resta a quel punto che aspirare al ruolo di gregari o scimmie volanti pur di sottrarsi all’esperienza disumanizzante del (ricercato attivamente seppur non consapevolmente) frustrante senso d’impotenza.

Grazie, Giulia.


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