Identità divine

Identità divine

Nuova "Luce" sul branding sacro

di Pietro Paolo Masoni

Ha già fatto il giro del mondo la nuova mascotte del Giubileo 2025, iniziando con il piede giusto il suo dovere di pellegrina del futuro.

Luce. 

Un nome semplice e evocativo, un’immagine che rompe gli schemi della cristianità tradizionale per come la intendiamo da sempre.

La nuova pellegrina è una rassicurante e divertente icona kawaii in salsa cattolica, un avatar colorato che incarna perfettamente l’archetipo del fedele del nuovo millennio.

La scelta appare precisa e netta: la fede per i più giovani è una partita globale, che esce dai campetti dell’oratorio e dai banchi del catechismo per entrare nell’identità (non sempre fisica) delle nuove generazioni. 

Svalicare i preconcetti e entrare a mani giunte nei nuovi mondi digitali che - a tutti gli effetti - sono porzioni corpose di vita dei più giovani: la cristianità abbandona le navate delle chiese, gli affreschi alle pareti, gli organi, le candele, i dettagli dorati, l’austerità rispettosa di una cultura antica per connettersi a un nuovo linguaggio che sembra lontano anni Luce

E proprio questa minuta figura (e il pantheon di personaggi costruitole intorno) assume un ruolo centrale nella parabola del pellegrino moderno, con un armamentario carico di simboli: rosario e capelli colorati, un impermeabile come scudo dalle avversità, le galosce sporche, il bastone che sorregge ogni passo.

E quei grandi occhi blu che come non mai sono lo specchio dell’anima: nell’iride due conchiglie, dedizione pulsante nella ricerca del proprio cammino spirituale.

Luce può errare verso il suo Giubileo da qualsiasi dimensione: una strada di Tokio, una periferia italiana, uno schema di un videogioco, una piattaforma aggregativa.

Il lavoro svolto da Simone Legno (già padre di TokiDoki) è calibrato e sapiente, perché accoglie una richiesta difficile, quella di “svecchiare” un’istituzione che ha un patrimonio identitario imponente come il colonnato della Basilica di San Pietro. 

Un’impresa tentata da molti e in molti modi: dai fumetti, ai cartoni alle social celebrities in abito talare, fino alle varie sperimentazioni nazional popolari, i frati metal, le suore ultras e chi più ne ha più ne metta.

Mi sono chiesto più volte in questi giorni perché Luce brilli più dei tentativi fatti in passato, la risposta che mi sono dato è semplice.

Abbracciare l’estetica digitale è mai come oggi un simbolo dirompente perché la nostra identità attuale è duplice: abbiamo una vita materiale, quella che affrontiamo con il nostro corpo, e una vita immateriale, che viviamo nel digitale.

E proprio in questa seconda vita molto spesso esprimiamo una parte di noi che nella vita di tutti i giorni non trova spazio. Il digitale può essere un luogo etereo nel quale coltivare l'espressione più intima di noi, senza il vincolo dell’avatar più ingombrante di tutti: il nostro corpo.

E allora la rete non diventa più metafora di gabbia pericolosa, ma al contrario è uno spazio dove sperimentare la libertà della nostra essenza: l’anima.

Non c’è pretesa alcuna di rivelazione in quanto appena scritto. Può suonare strano, sinistro, inquietante come tanti film e romanzi di sci-fi, volendo anche non condivisibile. 

Ma è innegabile che questa piccola pellegrina faccia la differenza per la sua disarmante spontaneità, caratteristica fondamentale anche per un sentimento profondo come la fede.


Ref: Luce è dappertutto ormai, basta cercarla!

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altri articoli di Collage | Branding Agency

Altre pagine consultate