IGTV dà scacco a YouTube, ma...

IGTV dà scacco a YouTube, ma...

Riflessioni davanti ad un caffè.

Scacco al Re.

Il 21 giugno il CEO di Instagram Kevin Systrom ha annunciato l'apertura di IGTV (Instagram Television). La mossa con cui il fratello adottivo di Facebook intende incastrare YouTube, ormai da un decennio piattaforma leader per le distribuzione free di contenuti video.

Questo nuovo spazio si colloca all'interno dell'app (in alto a destra, per la precisione) e va ad arricchire le funzionalità di Instagram, allargando le possibilità di utilizzo dell'applicazione con un altro importante tassello, oltre al caricamento delle foto nel feed principale e - soprattutto - alla creazione delle storie, introdotte circa un anno fa e diventate in fretta il contenuto-copertina della rete.

Ecco, le storie meritano due parole a parte: quando infatti Instagram sembrava avere perso buona parte della propria verve a vantaggio dello sbarazzino Snapchat, l'adozione - al limite della scopiazzatura - della funzione temporanea delle stories ha rivitalizzato l'applicazione, avviandola alla scalata del miliardo di utenti.

Un settimo della popolazione mondiale. Touché.

Anche grazie a questo modello di contagiosa e impulsiva creatività, oggi Instagram intercetta il pubblico più giovane - i teenager in particolare - con la stessa forza, e forse anche di più - del Facebook di inizio decennio (con la generazione rampante di allora, i Millennials). Detta le mode, l'agenda; incorona i modelli di bellezza; definisce lo status di Icona e di Influencer.

Instagram ha sbriciolato il valore della televisione. Impoverito quello del desktop. Azzerato quello dei giornali.

Le statistiche rivelano che gli adolescenti nell'ultimo anno hanno diminuito le ore passate alla tv del 40%. Un taglio dissanguante. Anche a livello economico. D'altro canto, è esplosa la visione di video sulle altre piattaforme digitali: Instagram in primis, YouTube e Facebook (da tempo orientato verso i video) in secundis. Senza dimenticare Twitch, che però intercetta un pubblico più circoscritto e legato ad un ambiente preciso e in violenta espansione come quello dell'eSports.

Torniamo al principio: scacco al Re. Instagram - il palestrato e tatuatissimo braccio destro di Facebook - vuole dare uno schiaffo a YouTube, e a Google, naturalmente. Ma non è detto che alla fine lo abbatta in questo incredibile braccio di ferro. Le incognite sono moltissime.

Per questa guerra, Instagram ha scelto una lingua dalla sintassi diversa (il modello 9:16), ma approfittando della stessa ormai nota grammatica: i video vanno uploadati già editati (non come accade per le Stories) e possono arrivare fino ad un'ora di lunghezza. Naturalmente, il video in questione finisce in una cartella sempre accessibile agli utenti e può essere visto a giorni e giorni di distanza dalla pubblicazione. Proprio come accade sul competitor numero uno. Ovvio dunque che d'ora in poi i due galli nel pollaio - IG e YT - si guardino ancora più in cagnesco.

Di fatto, Facebook Inc. vuole mangiarsi la rete. Lo sta facendo - da anni - creando un sistema sempre più confortevole e totalitario per l'utente, che attraverso l'interfaccia di Facebook può completare acquisti, seguire le partite dei Mondiali o della Champions League (negli USA si è trovato perfino l'accordo per i diritti dello streaming), giocare ai videogames (presente Messenger?). Insomma, chi sente oggi il bisogno di fare una ricerca su Google?

Impensabile anche solo cinque o sei anni fa.

E Instagram ora come ora è il pezzo pregiato della scacchiera. La Regina nera. Perché va a colpire un pubblico su cui Facebook, l'Originale, ha perso presa. E da cui si è lentamente scollato.

[NB: se vuoi nonni e genitori, non avrai nipoti e figli, specie in età adolescenziale. Una regola che vale nel mondo analogico e anche in quello digitale. Anzi, si acuisce].

I dubbi che ruotano attorno a IGTV però sono diversi. In nome del mobile first, infatti, avremo la prima televisione verticale. Stuzzicante l'idea, meno facile la realizzazione. Se infatti con questo formato si potevano creare - anche con un certo pressapochismo - delle brevi storie di bassa qualità ma alta capacità di impatto; se si vuole creare un video HQ allora è tutta un'altra faccenda. Un conto è fare un breve filmato - magari con effetti come rewind e boomerang - di vita quotidiana; un altro è inventarsi una serie TV tutta in verticale e che possa vedersela con YouTube oppure altri player come Amazon Prime o sua Maestà Netflix.

Anche solo immaginare un film in 9:16 è una fatica. Mi resta quindi difficile pensare che IGTV riesca ad avere nell'ecosistema digitale lo stesso ruolo che ha - e ha avuto - YouTube. Che malgrado tutto resta e resterà un sistema vincente per la trasmissione classica da uno (lo YouTuber) a molti.

Una caratteristica - quella dell'uno a tanti - che con Instagram è in un qualche modo venuta meno: perché grazie alla sua dimensione di social network, IG mette in relazione ogni utente, anche il meno illustre. D'altro canto invece se il mio canale YouTube non ha grande seguito, le mie visualizzazioni saranno un pugno e non di più.

Ora arrivo al punto che più mi interessa: il calcio in tutto questo che ruolo avrà? Penso che per i club calcistici - esattamente, e forse anche di più degli altri brand - si tratti di una nuova grande sfida. Un'avventura alla ricerca di spazi non convenzionali, fuori dal recinto dei diritti televisivi. Che oggi per la Serie A sono al contempo ossigeno e anidride carbonica. Perché se è vero che senza quelli - e i milioni che si portano appresso - salterebbe il banco, la gelosia dei broadcaster per i diritti acquisiti rende ben difficoltosa la distribuzione della A in rete. Con ovvio contraccolpo per l'immagine del campionato.

In questo senso, sia benedetto chi riprende la tv col cellulare e twitta. (Sì, scusate, non è politically correct; ma andava detto).

Sto divagando. IGTV è lo spazio che più di ogni altro richiede creatività, tempo e programmazione. Ci vuole un grande lavoro in fase di ideazione, creazione ed esportazione del contenuto video. Bisogna pensare verticale, in una quotidianità orizzontale. E così facendo non ce la si può cavare alla bene è meglio. Quindi le cose si fanno interessanti e complicate, soprattutto per quelle squadre - la maggior parte - che non possono disporre di grandi organici nelle aree digital o di comunicazione.

Barcellona, Manchester City, Juventus, Bayern e consuoceri della Champions League grazie a i rispettivi nuovi canali potranno imporre il loro brand, arrivando a livelli di notorietà sconosciuti fino ad oggi.

Due cannoni come Facebook e Instagram sono infatti inaudite armi di comunicazione di massa.

I problemi nascono per gli altri club: che queste armi non possono neanche impugnarle. Perché la disparità di organici (e budget, of course) scava un gap notevole tra le varie società. Chi può permetterselo si prende IGTV, agli altri le briciole. Lo stesso vale per i brand: Nike, Audi, Samsung morderanno questo nuovo mercato digitale, le realtà più piccole resteranno fuori dai giochi.

Con buona pace di chi pensa che i social media permettano un accesso libero ed equo per tutti.

E' forse questo il vero scacco matto?

Nel frattempo, il mio caffè si è freddato.

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