IL BELLO
Mi ha particolarmente colpita la lettera spedita da una giovane studentessa a Galimberti pubblicata su “Io Donna” di sabato scorso. Si parla di cultura, di lettura, di come le pulsioni, se accompagnate dalla cultura, dal sapere, dalla conoscenza si trasformano in emozioni, le quali hanno nomi e cognomi e contemplano un ragionamento, una lettura interpretativa e non solo istintiva. E mai come ora il mondo delle emozioni dovrebbe transitare nella modernità e nutrirsi del bello. Come sociologa e donna direi che il bello per me è legato all’ arte, al capolavoro a ciò che ci dovrebbe far tendere a di migliorarci e non a svilire e svilirci.
Da anni lavoro in aziende che hanno fatto del bello il filo conduttore della ricerca, e da tempo riesco ancora a stupirmi quando guardo i miei colleghi progettare capi, abiti di una bellezza commovente. Il bello l’ ho trovato ad esempio in Puntoart nella raffinatezza dei ricami, nella perfezione dei macramè che mi ricordano i pizzi delle nonne, nel lavoro di chi cuce a mano un ricamo, nell’ odore e nel tatto di tessuti pregiati. Dove oggi tutto si liquefà all’ istante, tanto per citare Bauman della trilogia del liquido, l’ idea dell’ artiglianalità, della confezione di un capo, di qualcosa che rimane inalterato nel tempo mi commuove ancora perché mi ricorda una fotografia in bianco e nero di Vivian Maier, l’ azzurro del velo di Maria, nell’ Annunciazione di Antonello da Messina, nella grazia della Madonna di Loreto di Caravaggio.