IL CASO: comunicazione in un BAR

IL CASO: comunicazione in un BAR

È bello concedersi una giornata sulla neve con il proprio figlio e allo stesso tempo scoprire che da una vacanza puoi raccogliere molto materiale per il tuo lavoro, per i corsi sulla comunicazione e relazione con il cliente.

Storia

Durante una gita in montagna, per "slittare" con mio figlio, mi reco in un bar per mangiare e noto che all'esterno del bar ci sono persone che mangiano sui tavoli all'aperto, più altre persone che mangiano, sempre sui tavolini, panini in sacchetti che sembrano "fatti in casa" .

Penso "Boh stanno occupando i tavoli del bar per fare PIC NIC?"

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In verità poi entro e noto che si può ordinare sia d'asporto che al tavolo, un cliente in fila me lo conferma, ma vedo un tavolo libero e decido di sedermi con mio figlio per ordinare al tavolo, più comodo.

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Da lontano vedo la cameriera e alzo la mano (linguaggio non verbale) facendo vedere che siamo presenti al tavolo e anche lei mi risponde con la testa "arrivo".

C’è in effetti molta gente nel locale, è ora di punta.


È qui che inizia il “caso per l’aula”

Una signora dello staff (non so se era la proprietaria) inizia ad aggredire un cliente che era seduto nel tavolo vicino al mio e che si era alzato per ordinare un'integrazione di prodotti. Stavano consumando al tavolo i prodotti acquistati al bar con la formula "asporto".

La signora del bar: Siete maleducati non si può mangiare d'asporto qui!!

Il cliente sbalordito: Ma signora abbiamo acquistato qui al bar, non era chiara questa cosa.

La signora: È italiano, c’è scritto d’asporto!!!

Il cliente: Si ma quando l'abbiamo acquistato al banco non l'avete detto, l'abbiamo preso qui, non ce lo siamo portati da casa. E comunque pago la differenza se c'è da pagare. Devo anche ordinare altri panini.

La signora con tono di voce aggressivo e manifestando di essere alterata: No, non si può, dovete uscire!

Il cliente: Ma come si permette, si figuri. Ordiniamo, siamo seduti e se c’è da pagare paghiamo.

Il cliente è rimasto al tavolo e la signora se n'è andata borbottando, tra lo stupore dei presenti.

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A questo punto, la cameriera che mi aveva visto pochi minuti prima è venuta verso di me per l'ordinazione.

Io: si può ordinare al tavolo?

Lei: Si certo

Nel frattempo i miei vicini di tavolo le dicono: "ci siamo anche noi, da prima".

Lei prima prende la nostra ordinazione e poi va da loro, ed è qui che vi sono altri spunti per il mio caso d’aula.

Questi clienti prima chiedono alcune variazioni sui panini e la barista dice loro che "non si può togliere il formaggio spalmabile dai panini, è un bar e non un ristorante!".

Il cliente allora dice che è intollerante al lattosio e la cameriera dice: "non siamo obbligati, dentro in cucina c'è comunque contaminazione".

I clienti trovano e ordinano il loro "panino ideale" e poi chiedono di poter scaldare una thermos in microonde, con il cibo per il bimbo. Dopo una prima valutazione, sulla tipologia di materiale da inserire in microonde, la cameriera va verso la cucina ma poi torna dicendo che "tutti i microonde sono occupati".

I clienti dicono: ma come? Non me lo scalda!!!???

Cameriera: Non posso, mi servono per scaldare le cose agli altri clienti.

I clienti: Ma come si fa!!!! Non mi scalda il cibo del bambino!

La cameriera: Non siamo mica a casa sua....

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Ritengo che in questa situazione lo staff di questo bar abbia perso l'occasione di gestire bene una situazione che, nata per un equivoco, ha portato ad un disagio:

  • per il personale in servizio
  • per tutti i clienti (quelli coinvolti e quelli che ascoltavano)
  • per l'immagine sulla "ricettività del territorio"


In questi casi per gestire professionalmente la situazione si potrebbe far leva su:

  1. ascolto attivo
  2. assertività
  3. orientamento al risultato.

Se ne avrò l'occasione ne parlerò nei prossimi corsi per gestori di attività di somministrazione e vendita di alimenti e bevande.

Ascoltare un cliente mentre richiede un servizio e/o prodotto o mentre "reclama" significa ricordarsi che siamo in una situazione lavorativa, con uno scopo professionale e mentre decodifichiamo il messaggio, prima di rispondere, dovremmo sempre domandarci:

"sto ascoltando per comunicare con lui o per contrappormi?"

Sarebbe buona la prima.

Inoltre l'assertività aiuta a mediare le diverse esigenze, comprendendo i reciproci bisogni e trovando una soluzione. In questo caso il cliente era in buona fede ed avrebbe comunque "rispettato la policy del bar" mentre l'atteggiamento della signora è stato "limitante".

Alla fine anche un'esigenza come "riscaldare la pappa del bimbo al bar" è stata mal gestita, in una escalation di incomprensioni.

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Io da questa storia ne ho tratto un caso da trattare in aula (oltre che questo articolo su LinkedIn) ma il BAR, oltre al parere dei presenti, ha ricevuto una pessima recensione da quel cliente su Tripadvisor.

A dir il vero anche la precedente non era delle migliori.


Un corso di comunicazione al cliente? Questo no, come dico sempre in aula il cliente dovrebbe essere governato dalle buone maniere e dall'educazione, non è in un ruolo professionale. Mentre il/la gestore del locale, con i suoi collaboratori/trici, dovrebbe possedere le competenze relazioni adeguate a certe situazioni.

"Lavorare" sulle proprie competenze relazionali direi che ... non ha mai fine.

Marco Parolini

Sorriso dei team e retention dei talenti | giovani e futuro ad alto impatto con JobTrainer™ | Outdoor Management Trainer™ | Manager territoriale™ |

1 anno

Gian Paolo Barison sei stato nel posto giusto al momento giusto. E con due orecchie da elefante 😉

Andrea Albatici

Sales Coach & Trainer | Sales Manager | Mental Coach | PNL Advanced Practitioner

1 anno

Condivido pienamente Gian Paolo; competenze come l'ascolto attivo rappresentano la base di una comunicazione efficace; pubblici esercizi ed aziende dovrebbero esserne consapevoli; troppo spesso si notano ancoraggi, esperienze soggettive guidate da filtri percettivi (spesso inconsci) che non aiutano nelle relazioni..

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