Il coniglio nel cappello. l’art. 2740 c.c. non vale per le societa’ di cartolarizzazione dei crediti

Il coniglio nel cappello. l’art. 2740 c.c. non vale per le societa’ di cartolarizzazione dei crediti


nota a Cassazione Civile Sez.3 N.21843 del 30 08 2019 (Presidente Dott. Travaglino Giacomo- Relatore Dottor Guizzi Stefano Gaime)

Il caso

Una società di cartolarizzazione si rende cessionaria in blocco dei crediti vantati da una banca. Divenuta titolare del credito, la medesima ottiene decreto ingiuntivo contro la debitrice principale e il di lei garante, rispettivamente per la somma in linea capitale di Euro 137.763,99 ed Euro 98.126,81 oltre interessi  Gli ingiunti propongono opposizione, chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo. Deducendo interessi ed altri oneri addebitati e non validamente pattuiti, ne chiedono  in via riconvenzionale la restituzione. Nelle more del giudizio, il credito viene ceduto in blocco ad altra cessionaria ex art. 1 e 4 L. 30 04 1999 n. 130, che interviene nel procedimento di opposizione. La Corte d’Appello, accogliendo l’ appello degli ingiunti  avverso la sentenza di primo grado, revoca  il decreto ingiuntivo e ne accoglie la domanda riconvenzionale, condannando la seconda cessionaria a restituire, sia alla debitrice principale sia al garante,  il saldo del conto corrente, da quel che si comprende divenuto attivo per effetto del ricalcolo, pari ad Euro 56.975,56 oltre agli interessi dal 1.7.1987. La cessionaria propone ricorso per Cassazione.

La soluzione della Suprema Corte

Con la sentenza in commento (che si qualifica priva di precedenti specifici: § 7.1.1), la Suprema Corte riforma interamente  quella della Corte d’Appello, e decidendo nel merito, respinge  l’opposizione a decreto ingiuntivo e, “revocato lo stesso condanna gli opponenti a pagare le somme originariamente richieste in ingiunzione (Euro 137.763,99 ed Euro 98.126,81 oltre agli interessi dal decreto ingiuntivo al saldo”. 

La Suprema Corte costruisce l’intera motivazione sulla funzione delle operazioni di cartolarizzazione dei crediti disciplinate dalla L. 130 1999 e sul fatto che i crediti ceduti alle cd. società veicolo appositamente costituite è un patrimonio separato ad ogni effetto sia rispetto a quello della società veicolo sia rispetto a quello relativo ad altre operazioni di cartolarizzazione. Tale patrimonio, spiega la Suprema Corte, è infatti destinato al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti e per il pagamento dei costi dell’operazione.

Scrive la Corte testualmente che “In un simile quadro consentire ai debitori ceduti di opporre in compensazione al cessionario controcrediti da essi vantati verso il cedente (nascenti da vicende relative al rapporto con esso intercorso ed il cui importo, pertanto, lungi dall’esser noto alla “società veicolo” al momento della cessione, deve essere accertato giudizialmente) e addirittura consentire, come nella specie la proposizione di domande riconvenzionali, significherebbe andare ad incidere, in modo imprevedibile, su quel “patrimonio separato a destinazione vincolata” di cui si diceva, “scaricandone”, così, le conseguenze sul pubblico dei risparmiatori ai quali spetta, invece, in via esclusiva il valore del medesimo”.    

La conseguenza di tale premessa è che:

- la cessionaria non è legittimata passiva nemmeno (par di comprendere)  a domande di accertamento della nullità di pattuizioni contrattuali che comportino, quale conseguenza, il ricalcolo del credito di cui si è resa cessionaria;

 - l’art. 4 L. 130 1999,  laddove ammette nei confronti della cessionaria la compensazione tra i crediti del ceduto sorti anteriormente alla cessione e il credito ceduto vantato nei suoi confronti riguarda solo la fattispecie di compensazione legale tra crediti egualmente liquidi ed esigibili.

LE UMILI NOTE

La decisione, assunta in nome delle necessità di tutelare il patrimonio separato delle società di cartolarizzazione, disconosce qualsiasi legittimazione passiva in senso sostanziale delle società di cartolarizzazione, anche rispetto ad azioni o eccezioni volte a rideterminare il saldo del rapporto da cui origina il credito ceduto.

Secondo la Suprema Corte, questa finalità di tutela del patrimonio separato e dei risparmiatori acquirenti dei titoli rappresentativi dei crediti ceduti non potrebbe attuarsi se esse vedessero ridotto l’ammontare del credito ceduto in quanto ridedeterminato per effetto di ragioni di nullità delle pattuizioni contrattuali da cui è sorto… perché si tratterebbe di “…vicende relative al rapporto con esso intercorso (id est con il cedente) e il cui importo, lungi dall’essere noto alla società veicolo, deve essere accertato giudizialmente” (testualmente al punto 7.1.4.1 della parte motiva).

Tranne a voler sostenere che le società di cartolarizzazione, avendo un patrimonio separato costituito dai crediti ceduti, siano esonerate dall’obbligo di rispondere delle proprie obbligazioni ex art. 2740 c.c., la questione non si pone sul piano della legittimazione passiva in senso sostanziale, quanto piuttosto nell’individuazione di quale sia il patrimonio che in sede esecutiva sia chiamato a rispondere di tali obbligazioni, se quello separato o il rimanente patrimonio del soggetto legittimato passivo.

L’argomento prova troppo anche  per  molteplici ragioni:

Ø certamente le banche cedenti i crediti e le società di cartolarizzazione non sono operatori sprovveduti del mercato.

 

Ø Le società di cartolarizzazione non acquistano i crediti “alla cieca”, bensì sono tenute (se non altro a tutela proprio dei patrimonio separato che essi andranno a comporre) ad una specifica due diligence legale e contabile dei crediti che acquistano e dei rischi che derivano da azioni di nullità dei rapporti dai cui sorgono; il “prezzo” della cessione viene correntemente determinato anche alla luce di tali rischi.

 

Ø I contratti di cessione di crediti in blocco contengono una specifica disciplina nei rapporti tra cedente e cessionaria quale conseguenza di azioni dei debitori ceduti inerenti le nullità del rapporto sottostante e le azioni di rivalsa della cessionaria verso la cedente.

 

Ø Nessuna norma di legge consente per le società di cartolarizzazione di non rispondere dei propri debiti presenti e futuri, come ogni altro debitore nel nostro ordinamento, ex art. 2740 c.c. La L. 130 1999,infatti, stabilisce solo che i crediti ceduti costituiscono patrimonio separato, ma non che queste società non debbano avere alcun patrimonio oltre a quello costituito dai crediti ceduti e che siano in definitiva sottratte alla responsabilità patrimoniale generica cui sono soggetti .

 

Ø Il fatto che operino nel nostro sistema economico e finanziario decine di società di cartolarizzazione costituite con capitale sociale minimo di Euro 10.000,00= è una giusta ragione di preoccupazione per la tutela dei risparmiatori che acquistano i titoli emessi a fronte del patrimonio separato. E’ ben certo tuttavia che, qualora il patrimonio separato fosse incapiente, esse sarebbero chiamate a rispondere con il patrimonio non separato alla stregua dell’art. 2740 c.c.

Ø Che investire in cartolarizzazioni, o le esposizioni verso di esse,  comporti che l'investitore si trovi esposto al rischio di credito dei prestiti o delle esposizioni sottostanti è insito nell’operazione di acquisto dei titoli che da tali operazioni derivano. Tale rischio è peraltro espressamente previsto dal considerando n. 9 del Regolamento  12/12/2017 - N. 2402 in vigore dal 1 1 2019 che, proprio a tal fine, ora disciplina in modo analitico i doveri di due diligence degli investitori istituzionali (art.5) e di obblighi di trasparenza dei cedenti (art.7 del Regolamento).

Ø L’emissione dei titoli è soggetta, qualora siano destinati a investitori non professionali, ad obbligo di prospetto informativo, alla valutazione del merito del credito da parte di soggetti terzi, oltre che alla disciplina di una specifica regolamentazione emanata da Consob e prima ancora dal TUF.

 

Ed ancora, ritornando alla lettera della L. 130 1999:

·        le azioni dei soggetti diversi dai portatori dei titoli non ammesse dall’art. 3 della L. 130 1999 riguardano il patrimonio separato costituito dai crediti ceduti, ma non il residuo patrimonio delle società di cartolarizzazione. Il (diverso) problema è semmai che il debitore ceduto non trova tutela in questo patrimonio perché esse sono solitamente costituite con capitali minimi irrisori;

·        l’unica azione per la quale il cessionario non sembra  titolare di legittimazione passiva in senso sostanziale, è la domanda riconvenzionale di pagamento del maggior credito derivante dal saldo attivo del rapporto da cui origina il credito ceduto. Ma ciò non perché il suo patrimonio sia intoccabile, bensì, a monte, perché la cessione ex L. 130 1999 non consente la cessione del rapporto ma solo del credito ed oggetto di cartolarizzazione può essere il credito e non il rapporto bancario. L’ 58 TUB, infatti, limita la possibilità di cedere rapporti giuridici in blocco alle sole banche, per ovvie ragioni di non consentire facili elusioni al principio di riserva dell’attività bancaria ai soggetti autorizzati.

Viceversa, e quanto alla domanda di accertamento e rideterminazione del saldo debitore del rapporto da cui origina il credito ceduto, onde veder compensate le poste attive e le poste passive, nessuna norma sembra escludere la legittimazione passiva della cessionaria.

La lettera dell’art.4 comma 2 seconda part eL. 130 1999 dispone che “.. in deroga ad ogni altra disposizione, non  è esercitabile dai relativi debitori ceduti la compensazione tra i crediti acquistati dalla società di cartolarizzazione e i crediti di tali debitori nei confronti del cedente sorti posteriormente a tale data” (id est la data di pubblicazione della cessione sulla gazzetta ufficiale .

Né il tenore letterale della norma né la sua ratio consentono di leggerla nel senso che la compensazione sia ammissibile solo per i contro crediti del debitore ceduto liquidi ed esigibili sorti anteriormente alla cessione.

Se la norma si riferisse alla compensazione tra il credito ceduto ed un controcredito certo liquido ed esigibile, non avrebbe senso logico, perché la compensazione si sarebbe già verificata di diritto anteriormente alla cessione e il credito ceduto sarebbe già decurtato del controcredito liquido ed esigibile.

La compensazione tra poste attive e passive di un medesimo rapporto non costituisce peraltro compensazione in senso tecnico, ma in senso a tecnico, sottratta alla disciplina della compensazione, trattandosi di un mero accertamento di dare avere con elisione automatica di rispettivi crediti fino alla concorrenza Cassazione civile sez. II, 19/02/2019, n.4825

La norma testualmente si riferisce a “crediti sorti posteriormente” (alla pubblicazione o dalla data certa di pagamento anche in parte del corrispettivo) della cessione, e devono quindi intendersi ammessi alla compensazione i crediti i cui fatti costitutivi siano  anteriori alla cessione, ancorché la loro quantificazione avvenga successivamente in sede giudiziale o stragiudiziale.

Nel far salva la compensazione dei crediti anteriori, escludendo invece quella dei crediti sorti posteriormente alla pubblicazione della cessione ex L 130 1999 (o al pagamento anche parziale del prezzo dei medesimi), il Legislatore della norma speciale ha voluto evidentemente adeguare la disciplina dell’art. 1248 c.2. alla particolare tipologia di cessione dei crediti cartolarizzati che, a differenza di quella codicistica,  non necessita della notifica al debitore ceduto.

La conclusione è confermata anche dal fatto che i crediti non compensabili sono quelli sorti posteriormente alla pubblicazione o al pagamento del prezzo anche parziale, fatto quest’ultimo non conoscibile e non conosciuto al debitore ceduto.

L’auspicio non può che essere quello di nuove occasioni di ripensamento di una decisione che appare piuttosto disallineata sia dalla ratio della legge speciale, sia dai principi generali posti a tutela del terzo contraente che subisce gli effetti di una modifica soggettiva del contratto.

Avv. Armida Dal Bo

 

Riproduzione riservata


Luca Tonel

Consulente Finanziario Indipendente specializzato nel contenzioso bancario

5 anni

Approfitto della discussione, per ovviare all'impossibilità di compensare poste illegittime con il presunto credito della cessionaria, a fronte di un D.I., è possibile chiamare in causa la cedente? Perdonate se ho detto bestialità :):):)

Armida Dal Bo

Diritto bancario e finanziario, procedure concorsuali e per la definizione delle crisi da sovraindebitamento Gestore della crisi da sovraindebitamento

5 anni

Rocco Rovesti faccia caso alla struttura della motivazione..parte dalla conclusione

Armida Dal Bo

Diritto bancario e finanziario, procedure concorsuali e per la definizione delle crisi da sovraindebitamento Gestore della crisi da sovraindebitamento

5 anni

Infatti, collega Rocco Rovesti . Per questo l'ho commentata. È inquietante che confermi il DI decidendo nel merito, anche perché ogni domanda di nullità in tesi non ammissibile, si converte in eccezione ...

Rocco Rovesti

Avvocato Civilista - Diritto Bancario

5 anni

letta così ha un che di inquietante.sembra che la Cassazione attribuisca al cessionario del credito - per la sua natura di società di cartolarizzazione -  una sorta di "immunità" rispetto alla eccezioni che il ceduto avrebbe potuto opporre al cedente....

Lorenzo Zanella

Avvocato - Abilitato al patrocinio avanti le Magistrature Superiori - Grande appassionato di diritto bancario e finanziario, ma mi piacciono tante branche del diritto!

5 anni

Grazie Armida per la tua analisi. Mi permetto di aggiungere un elemento. A me pare che la sentenza “viva” di un equivoco, ovvero che gli addebiti per poste nulle siano una posta da compensare (in senso proprio o meno). Non so se ciò dipenda da un errore nella domanda svolta dall’opponente o da un errore dei giudici di cassazione (anche loro sbagliano 😀) ma ciò è privo di riscontro normativo: la Banca (o la cessionaria) è attrice sostanziale chiamata a provare il proprio credito ... se lo basa su un contratto nullo non è che dovrà “compensare” il saldo con gli indebito da ripetere, ma semplicemente potrà avere un saldo inferiore perché una parte di esso non è dovuto. Nemo plus iuris in alium transferre potest quam ipse habet del resto. E non credo che la Cassazione possa dire (ma tutto sommato non credo che neppure lo dica in questa sentenza) il contrario.

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