IL CONTRATTO: ITALIA VS CINA

IL CONTRATTO: ITALIA VS CINA

 
  

Avete firmato il contratto con il cliente cinese. Siete d’accordo quasi su tutto, avete definito il prezzo e le condizioni generali, rimangono da definire solo i dettagli. Andate dal vostro referente ed annunciate trionfanti l’imminente arrivo di ordini, probabilmente importanti, perché alla fine siete riusciti ad ottenere molto, ed il contratto ne è la prova tangibile. A me è successo più volte, posso confermarlo.

Poi però non arriva niente. Gli ordini non si vedono, ed anzi il cliente continua a fare richieste anche strane, a volte assurde e che non sono scritte nell’accordo. E vi  assicuro che i vostri “ma eravamo d’accordo che…”, “ma sul contratto è scritto che…” non serviranno a niente. Perché?

Chi non è abituato a lavorare con paesi come la Cina, può faticare a capire questo concetto, ma alla base di questa incomprensione c’è una notevole differenza nella visione di cosa sia un contratto.

Vediamo prima la versione “italiana”, che ben conosciamo. Per noi un contratto è la fine della trattativa e si arriva alla firma dopo che abbiamo analizzato ogni singola possibilità, ogni casus belli possibile, avendo messo “nero su bianco” ogni possibile situazione. Nei contratti vengono elencati tutti i possibili modi in cui una delle parti può fregare l’altra e le relative conseguenze, facendone quindi uno strumento cautelativo per entrambe le parti. Analizzando un contratto “italiano” (potremmo anche dire “occidentale”, ma limitiamoci alla casistica italiana, che conosciamo meglio), si vede che alla base sembra esserci una sfiducia tra le parti, che vogliono quindi cautelarsi preventivamente rispetto ad una possibile contesa futura. Dovessi riepilogare in una frase la stipula di un contratto tra due aziende, penserei alla frase “nemici oggi, amici per sempre”; trattiamoci da nemici sulla carta, cerchiamo di stabilire oggi le regole di una eventuale disputa domani, in modo da lavorare per anni serenamente insieme.

Questo fa anche sì che, come anticipato sopra, si arrivi alla firma dopo una lunga trattativa, e che questa sia ritenuta conclusa una volta che il contratto è firmato: non si discutono più prezzi, condizioni, pagamento ed altro, dato che sono già scritti sul contratto.

E’ naturale quindi che quando firmiamo un contratto con un operatore cinese, al momento della firma riteniamo chiusa la trattativa.

Non è però così.

Il contratto visto dalla parte cinese altro non è che una volontà di collaborare e paradossalmente segna l’inizio della trattativa, non la fine.

Il contratto visto dalla parte cinese altro non è che una volontà di collaborare e paradossalmente segna l’inizio della trattativa, non la fine. Firmare un contratto, anche quando questo riporta prezzi e condizioni non significa avere trovato un accordo, o che questo non sarà modificabile, ma al contrario la firma segnerà solo le generali linee guida su cui si svolgerà la cooperazione. Il momento della firma, spesso celebrato ed enfatizzato da formalità di rito, brindisi o foto, rappresenta l’inizio di una strada che le due aziende decidono di fare insieme, il cui tracciato però è ben lontano dall’essere delineato. Sarà normale, per la parte cinese, contrattare condizioni diverse da quelle scritte sul contratto, anche più volte durante la durata dello stesso, e non perché stia cercando di approfittarsi della controparte, ma perché al cambiare del contesto, sarà chiesto un cambiare delle condizioni.

La cosiddetta armonia tra le aziende farà sì che queste lavorino bene insieme senza bisogno di un pezzo di carta, a cui si farà riferimento in casi estremamente rari e limitati. Se, al contrario, le due aziende non si troveranno bene, non ci sarà interesse reciproco, non cresceranno di pari passo, la collaborazione avrà vita breve, con o senza un contratto firmato.

Attenzione però a non credere che il contratto sia meno importante, nella visione asiatica. Tracciare delle buone basi su cui lavorare, è come costruire delle buone fondamenta per una costruzione; necessario perché questa duri a lungo, ma una volta fatte, siamo solo all’inizio!

Lorella Riva

Docente in Export Strategy | Vendite e Tecniche di vendita | Business English | Comunicazione Efficace | Negoziazione | Aiuto i professionisti e titolari di PMI a crescere commercialmente nel modo corretto

5 anni

Bellissimo pezzo. Oggi ho imparato molto. Grazie mille

Luigi Bidoia

Economista industriale, data scientist, intraprenditore

5 anni

Articolo molto interessante. Da 30 anni mi occupo di progetti innovativi e devo dire che ho sempre sofferto l’approccio contrattuale occidentale in cui si cerca di prevedere tutto. Il problema è che se il progetto è veramente innovativo, allora non si può prevedere tutto. Molto meglio fissare le linee guida e sviluppare una relazione di effettiva collaborazione, in cui, ad ogni passo del progetto, ciascuna controparte si fa carico delle attività per cui ha maggiori competenze. In questo modo, si riducono i costi complessivi del progetto e si ottengono i risultati migliori. Il vantaggio è evidente: è molto meglio ottenere il 40% di una torta che vale 1000, che non il 60% di una torta che vale 500. Se questo è l’approccio di entrambe le parti, allora il progetto, anche se sfidante, diventa una grande opportunità. Certo il rischio è quello di trovare una controparte opportunista. Mi chiedo quanto di questo approccio è presente nelle modalità di relazione delle imprese cinesi.

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