Il diritto di accesso dei lavoratori ai giudizi e alle valutazioni del datore di lavoro

Il diritto di accesso dei lavoratori ai giudizi e alle valutazioni del datore di lavoro

Il diritto dei lavoratori di accedere ai dati personali che li riguardano non è certo una novità. Non vi è dubbio, tuttavia, che l’entrata in vigore del GDPR abbia dato nuova linfa a questo strumento, contribuendo a diffondere maggiore consapevolezza tra i lavoratori circa le potenzialità connesse all'esercizio di tale diritto.

Lo dimostra una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (n. 32533/2018), la quale ha confermato l’obbligo di una banca di consentire ad un proprio dipendente di prendere visione di alcuni atti e documenti aziendali contenenti le valutazioni espresse su di lui dal direttore del personale, sulla base delle quali era stato successivamente avviato un formale procedimento disciplinare.

Va infatti rammentato come tra i dati personali ai quali il lavoratore ha libero accesso rientrino anche i dati valutativi, ovvero i giudizi, le opinioni e gli altri apprezzamenti di tipo soggettivo formulati dal datore di lavoro, ivi inclusi quelli attinenti alle qualità, attitudini, requisiti e comportamenti professionali del lavoratore.

È dunque evidente la necessità, per chi si occupa di risorse umane e compliance, di prestare costante e sempre maggiore attenzione alle prassi e ai processi interni relativi al personale, anche laddove si tratti di documentazione endoprocedimentale il cui uso è riservato alle competenti funzioni aziendali.

Tale circostanza, così come l'interesse della parte datoriale a mantenere riservati alcuni aspetti delle proprie scelte organizzative, non è infatti sufficiente ad escludere il diritto di accesso del lavoratore ai dati che lo riguardano, allorquando ciò sia funzionale all'esercizio dei propri diritti di difesa e all'impugnazione di determinate decisioni aziendali.

Particolarmente delicati, sotto il menzionato profilo, sono alcuni momenti tipici della gestione del personale che si prestano ad essere oggetto di contenzioso, quali ad esempio la fase di selezione dei candidati (che presuppone necessariamente la formulazione di valutazioni e giudizi, anche comparativi, tra i soggetti interessati), i processi di valutazione interna validi ai fini dell’erogazione del bonus o di progressioni di carriera, così come le indagini interne e gli altri atti propedeutici all'avvio di procedimenti disciplinari (si pensi al caso in cui siano stati segnalati episodi di mobbing o di molestie).

Chi segue tali processi dovrà pertanto avere cura che i relativi atti, per quanto destinati ad un uso interno, non contengano informazioni, giudizi o valutazioni che possano inficiare la legittimità delle conseguenti decisioni aziendali, come accadrebbe laddove gli stessi – legittimamente appresi dal lavoratore a seguito dell’esercizio del suo diritto di accesso – rivelassero elementi di carattere meramente discrezionale, ritorsivo o discriminatorio nella formazione della volontà aziendale.

Parimenti, occorrerà assicurarsi che la predetta documentazione aziendale sia redatta e conservata con modalità operative operative tali da consentire al lavoratore interessato di prenderne visione senza che ciò comporti automaticamente la violazione della privacy o degli interessi di terzi, per esempio rendendo possibile estrapolarne alcune parti che risultino non conferenti rispetto alla richiesta del lavoratore.

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