Il grido dei Millenials.

Il grido dei Millenials.

L’ormai noto modo di dire “ok boomer” nasce da una celebre frase di una giovane deputata del parlamento neozelandese, Chlöe Swarbrick, la quale, al fine di mettere a tacere le rimostranze di un più anziano collega dell’opposizione, pronunciò questa frase, con l’obiettivo di liquidarlo velocemente poiché non era in grado di capire le sue posizioni ambientaliste.

Il tema dell’avvicendamento generazionale e, quindi, del ricambio è da sempre un elemento di tensione all’interno tanto della società quanto delle singole organizzazioni.

È un tema profondamente umano.

Il problema, se di problema possiamo parlare, risiede sostanzialmente nel fatto che le generazioni più anziane, di norma, detengono le posizioni dove si decide, quelle cioè in cui viene pianificata la strategia.

Come sappiamo, il problema del ricambio generazionale era stato sollevato in Italia, ormai qualche anno fa, quando si parlava di rottamazione, rischiando di degenerare, però, in una sorta di eccentrico "bullismo anagrafico".

Non vale la pena esagerare.

Il problema, però, oggi appare più forte e complesso poiché è l’ambiente circostante che risulta particolarmente diverso rispetto a prima.

Come si poteva leggere qualche mese fa su Il Sole 24 Ore, in un interessante articolo sul tema, siamo il paese con più over 65 nella UE e gli over 50 rappresentano ormai il 38,5% degli occupati.

Inoltre, a partire dal 2010, la partecipazione della popolazione over 55 al mercato del lavoro è cresciuta di 11 punti percentuali.

Ora, il tema della contrapposizione generazionale si sostanzia oggi secondo due direttrici: la prima attinente i valori della presunta generazione di appartenenza e l’altra appartenente alle competenze possedute. Parliamo di due temi diversi tra loro ma complementari, poiché il primo incarna una questione di carattere teorico, perciò di principio e la seconda, invece, di carattere prettamente pratico, attinente cioè le attitudini di chi agisce all’interno della società e di un contesto organizzativo.

Come detto, il tema di ricambio generazionale c’è sempre stato e sempre ci sarà: oggi, però, acquisisce un carattere, forse, diverso.

La velocità del cambiamento, tanto sociale, tanto politico, quanto organizzativo e che, quindi, incide sul cittadino tanto quanto sul lavoratore, rende spesso inadeguate le risposte approntate dalle organizzazioni, quelle decisioni che vengono prese da chi si trova nei luoghi in cui si ha la splendida occasione di decidere.

In questo scenario, ricopre un ruolo fondamentale anche la dinamica dell’invecchiamento, laddove una popolazione la cui età media tendenzialmente avanza è anche una popolazione le cui decisioni non sono più votate a lungo termine ma al breve-medio periodo.

Il Covid-19 non ha contribuito a rallentare il processo di invecchiamento della società italiana, la cui età media è ora di 46 anni se paragonata ai 44,9 del 2017.

In sostanza, l’invecchiamento genera difficoltà nella visione per il futuro proprio in virtù di una naturale e differente rappresentanza di interessi.

Ed allora, troviamo contrapposte due generazioni, la prima cresciuta nel benessere, nella sedimentazione di diritti di natura collettiva, nella giusta pretesa di garanzie di carattere economico e sociale, sviluppatasi in un contesto o meglio in un paese diverso, dove la cultura immersiva nel lavoro ricopriva un ruolo fondamentale e la seconda, totalmente diversa, nata in maniera parzialmente o totalmente digitale, con una concezione dello spazio e del tempo più fluida e veloce, dove il lavoro, certamente importante, deve essere necessariamente controbilanciato da aspetti di carattere personale e intimamente valoriale.

Ripeto, il tema del confronto è sempre esistito: ne è testimone, ad esempio, un bellissimo pezzo di Francesco de Gregori dal titolo “Le storie di ieri” in cui di fatto l’autore, allora poco più che ventenne, ci parlava della contrapposizione generazionale tra i giovani boomer nati nel dopoguerra e la generazione precedente, quella del ventennio, delle guerre mondiali e, grazie al cielo, della ricostruzione.

Aldilà del confronto e dello scontro e della difficoltà di garantire oggi un ricambio ed una risposta generazionale, tanto nella politica – che qui relativamente ci interessa - tanto nelle organizzazioni è necessario un piano di azione affinché sia possibile ascoltare in maniera più efficace le istanze delle generazioni più giovani, i così detti i Milennials o la generazione ancora più giovane, la "Z".

La generazione X in effetti si sostanzia come “Boomer 2.0”, su questo c’è poco da dire.

Il tema è tutt’altro che semplice: non si possono di certo ribaltare strutture organizzative, gerarchicamente organizzate laddove la decisione viene dall’alto e si rivolge alla base che, secondo una struttura piramidale, è più ampia rispetto al vertice.

Le organizzazioni funzionano così. Punto.

Non si tratta di “mischiare” le carte e proporre visioni organizzative in grado di contrastare il sacrosanto principio della gradualità.

Esistono però delle esperienze positive, esperienze di coinvolgimento: prendendo spunto dalla pratica dello “Governo ombra” inglese, che prevede la costituzione di una compagine speculare rispetto all’esecutivo in carica, si potrebbe pensare di traslare, con i doverosi adattamenti e le cautele del caso, tale struttura.

L’obiettivo? Non perdere mai il punto di vista di generazioni nuove. Ciò non toglie che il ruolo di una Direzione Risorse Umane rimanga quella di ascoltare le istanze provenienti da tutti i cluster di lavoratori presenti in azienda.

Ma dobbiamo andare oltre la mera cultura, l’azienda – per chi lavora con le persone - non deve essere solo valori ma anche pratica, idee, progetti. E la diversità genera valore anche per il business.

Quindi, oltre a delle necessarie e fondamentali strategie di ascolto, volte a costruire una Employee Experience valida, tanto per le persone in forza da tempo, tanto per quelli che sono appena entrati e che entreranno a farne parte - lavoro doveroso per HR - l’esperienza di un board integrato, o meglio, generazionalmente integrato, se gestito con razionalità ed attenzione, potrebbe essere un ottimo canale di ascolto per un punto di vista diverso, per una fusione tra valori e competenze che, oggettivamente, oggi hanno uno bisogno dell’altro.

Questo è il concetto di “Shadow Board”.

La dinamica dell’invecchiamento, sempre più forte, così come la velocità del cambiamento ormai inesorabile, nevrotico e repentino ci mettono di fronte alla necessità di trovare modi differenti per rispondere agli input che arrivano dal mercato, dalle persone, dalle organizzazioni e, come ovvio, dalla società.

Non prendere atto di questa circostanza, rispondere con una mera contrapposizione generazionale basata su semplici stereotipi, rischia di degenerare nel già citato bullismo anagrafico.

Perché poi, del resto, un giorno i Boomer (o i nuovi X) saremo proprio noi.

Lorenza Moscarella

🧬LifeScience & Pharma per privati e aziende|🎯 Consulenza di Carriera|🏆Team coach|👩🏻🏫Formazione Comunicazione & life skills 💊ex Regulatory Affaris Manager| Connetto Menti Scientifiche con il Potenziale Umano

2 anni

Bell'articolo davvero. Ed è vero noi millenials +gen Z abbiamo le competenze e le conoscenze che oggi servono al mondo del lavoro, mentre non abbiamo potere decisionale. Mentre i boomers sono in posti di comando politici e aziendali e hanno competenze e conoscenze obsolete rispetto al mondo del lavoro. Per la serie se ci mettessimo tutti d'accordo, staremmo tutti bene. Ma come dicevi tu è nella natura umana non voler “mollare” a favore delle generazioni più giovani e in una nazione dove la percentuale di anziani cresce di anno in anno, di certo, la mentalità non aiuta a passare il testimone.

Fabio D'Alterio

Selling is my Passion and Lifelong Learning is my Strenght (on Linkedin since 2007)

2 anni

Ho sempre appreso tanto dai ragazzi che quotidianamente incontro e ritengo sempre formativo capire quali sono le differenze anche di approccio tra la mia generazione (la X), quella che l'ha preceduta e quelle successive. LinkedIn è una fonte costante di queste informazioni, che si possono desumere anche leggendo i post ed i commenti, dai quali riesco spesso a raccogliere ed evincere le peculiarità degli utenti a seconda della generazione di appartenenza. Ho poi creato nel 2010 una pagina dedicata agli ex studenti della mia Università che oggi conta oltre 1200 iscritti. Già solo guardando i profili dei miei coetanei e dei giovani, è possibile comprendere anche come si stia evolvendo sia l'Università che il mondo del lavoro. Sarei stato di certo un utente fedele di LinkedIn se avessi avuto la possibilità di poterlo utilizzare ai tempi in cui ero studente ed iniziavo a muovere i miei primi passi nel mondo del lavoro. Ringrazio Alessandro Megaro per il post realmente interessante.

Ivana Laurora

Designer access & transport development c/o fibercop

2 anni

Sempre dalla parte dei giovani! Abbiamo tantissimo da imparare da loro anche se la nostra esperienza è sicuramente un viatico che dobbiamo trasmettergli.

il confronto generazionale è non solo doveroso, ma certamente utile e proattivo allo stesso tempo, in questa azienda è un punto fermo e lo promuoviamo sempre. Questo confronto genera nuove idee e certamente nuove attività.

Valentina Bosco

Faculty Specialist @TackTMI | Master Human Resources

2 anni

Proprio per questo “un giorno il boomer potresti essere tu” parlare costantemente con le nuove generazioni, osservarli e apprendere da ciò che li stimola e li motiva può essere fonte di innovazione e cambiamento organizzativo.

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