I Neanderoidi, micro cervelli con geni neandertaliani.
“Neanderoids” sembrerebbe il titolo di un nuovo film di Spielberg o di una performance artistica della Biennale di Arte Moderna…Siamo sicuri? Scopriamolo insieme.
Una delle principali critiche alle ricerche scientifiche basate su colture cellulari in piastra è stata la bidimensionalità: il nostro corpo e i nostri organi sono tridimensionali, quindi studiare i processi che ci caratterizzano senza tenere conto della terza dimensione aveva un qualcosa di strano. Numerosi studi, inoltre, hanno dimostrato come sia proprio la possibilità di potersi sviluppare in ogni direzione una delle forze chiave del nostro organismo. A suon di studi, di mete raggiunte e di esperimenti falliti, la comunità scientifica è oggi in grado di crescere le cellule non solo in lungo e in largo, ma anche in “alto”. Questi tipi di colture sono state e sono tutt’oggi fondamentali, ad esempio, per studiare lo sviluppo dei tumori del seno proprio mimando la crescita acinare (come l’uva!) dei dotti mammari.
Le colture 3D (visibili anche ad occhio nudo, ma senza occhialini) si sono spinte oltre: sono stati sviluppati piccoli organi in miniatura partendo da poche cellule staminali: in questo caso si parla di organoidi (il suono ci ricorda da dove siamo partiti, ma manca ancora un pezzettino, abbiate pazienza). Un tipo davvero affascinante di organoide prodotto è stato il cervello: sono stati sviluppati piccoli cervelli che addirittura dopo qualche settimana di coltura tendevano a sviluppare i giri e i solchi (quelle ondulazioni che vediamo sulla superficie). Non sono solo artisticamente interessanti, ma sono anche elettricamente attivi.Possiamo utilizzare gli organoidi, ad esempio, per studiare l’effetto di alcune mutazioni genetiche sullo sviluppo del cervello o testare dei farmaci…Oppure per viaggiare nel tempo.
Arriviamo quindi ai Neanderoidi. Che cosa sono? Alysson Muotri, un genetista dell’Università degli studi di San Diego ha creato degli organoidi di cervello partendo da cellule staminali umane modificate. I geni che ha modificato sono relativi allo sviluppo del sistema nervoso e nello specifico mostrano differenze nella sequenza nucleotidica tra uomo moderno e uomo di Neanderthal. Sì, proprio lui, l’uomo di Neanderthal, il nostro cugino estinto quasi trentamila anni fa. I minicervelli di Neanderthal, rispetto a quelli creati con la versione moderna di uno di questi geni, risultano più piccoli, più bitorzoluti (se così si può dire) e meno elettricamente attivi. Secondo Muotri, queste caratteristiche sono simili a quelle che si evidenziano nel caso di organoidi portatori di mutazioni geniche che causano l’autismo. I dati prodotti dal gruppo di Muotri non sono ancora stati ufficialmente pubblicati da una rivista scientifica, cioè non sono ancora stati sottoposti ad una revisione da parte di altri scienziati. La competizione su questo argomento è alta: anche il gruppo di Svante Paabo, padre della paleogenomica (è colui che ha sequenziato il genoma dell’uomo di Neanderthal per la prima volta) sta lavorando in questa direzione.
La domanda sorge spontanea. Cosa ce ne facciamo di mini cervelli di un uomo primitivo estinto? I dati paleontologici hanno mostrato come la capacità cranica dell'uomo di Neanderthal fosse pari o addirittura superiore alla nostra e le impronte fossili lasciate dal cervello nella parte interna del cranio hanno evidenziato come le diverse aree cerebrali si fossero sviluppate in maniera diversa rispetto alle nostre attuali. Queste differenze si rispecchiavano anche a livello di connessioni? Questo non possiamo dirlo con certezza, ma studiando gli effetti delle versioni neandertaliane dei geni dello sviluppo cerebrale, potremo farci forse qualche idea. Lo studio delle connessioni e dello sviluppo stesso del cervello è poi di fondamentale importanza per la comprensione sempre più profonda delle patologie neurologiche e psicologiche, come autismo, depressione e disturbi dell'umore.
Possiamo quindi affermare che se questi dati si dovessero davvero confermare, avremo in mano uno strumento quasi unico non solo per scoprire il nostro passato, ma soprattutto per comprendere il nostro presente e per progettare il futuro.
Non possiamo fare altro che attendere nuovi entusiasmanti dati!
Fonte: "Neanderthal brain organoids come to life", di Jon Cohen, Sciencemag.