Il leader di domani è colui che aiuterà le persone “normali” a capire quanto in realtà siano uniche e straordinarie.
Al di là degli strumenti, delle tecniche e della metodologia – che pure sono importanti - credo profondamente che l’essenza della mia professione sia questa: 𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑎𝑝𝑒𝑣𝑜𝑙𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑒 𝑙𝑎 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑠𝑡𝑟𝑎𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑎𝑟𝑖𝑎 𝑢𝑛𝑖𝑐𝑖𝑡𝑎̀ e fare in modo che la mettano in azione.
Sto usando intenzionalmente il termine “persona”.
Perché, prima di essere manager, imprenditori, professionisti, artisti, politici, scrittori, musicisti ecc., noi siamo “persone”. Esseri umani.
Ed è nella nostra “essenza” di umani che si trova la nostra unicità, il nostro essere straordinari tutti in modo diverso – e anche la nostra leadership personale.
Non nelle etichette, non nei ruoli, non nelle posizioni.
Molti manager mi dicono di avere “un problema di leadership”, faticano a gestire efficacemente il team e non sono “riconosciuti” dai loro collaboratori.
Quando chiedo loro di descrivermi nel dettaglio ogni singola persona che compone il team, spesso si rendono conto di non conoscerle affatto. Non conoscono i loro sogni, le loro ambizioni, le loro passioni; a volte nemmeno le loro abilità e competenze.
Si lamentano di non sapere come motivarli se non con “ricchi premi e cotillon”, cioè la cosa più facile e sbagliata di tutte.
Accade perché questi manager continuano ad esercitare una semplice e comoda leadership di posizione, sono fermi al primo gradino della scala, il più facile.
Molte aziende hanno orientato la loro visione verso i concetti di sostenibilità e flessibilità, hanno aggiornato i modelli di business ormai superati o addirittura ne hanno adottati di radicalmente nuovi.
Tuttavia, nel futuro post-pandemia che ci attende, sostenibilità e flessibilità, pur continuando ad essere fattori determinanti, non saranno più sufficienti per essere premiati dal mercato; o almeno, non senza il terzo fondamentale pilastro che sostiene l’intera volta organizzativa: le persone.
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La “leadership” – lo si intravede già ora – sarà sempre più sganciata dalla vetusta idea di “autorità” e forse anche di “autorevolezza”- almeno per come l’abbiamo intesa fino ad oggi - e sempre più votata a mobilitare le persone a fare cose nuove, ad affrontare i problemi complessi in modi sempre più creativi e fare sempre un po’ di più rispetto al loro meglio ogni singolo giorno.
Il leader dovrà essere il propellente evolutivo delle persone, non solo una semplice guida che “ispira” o un “modello” da seguire.
Per arrivare a questo, dovrà fare tre cose:
- farsi coach e non solo mentore ovvero supportare e aiutare ogni singolo collaboratore a far emergere la propria straordinaria unicità, affinché dia sempre “un po’ di più rispetto al proprio meglio”;
- investire tempo a conoscere le persone quanto più profondamente gli sarà permesso;
- costruire un clima di reale fiducia reciproca e di serenità per sapere quando è il momento di portare la struttura in tensione senza rompere gli equilibri e quando è il momento di rilasciarla.
E, infine, dovrà smettere di riempirsi la bocca con parole e metafore talmente abusate da essere ormai vuote di significato: “collaborazione vincente”, “remare tutti nella stessa direzione”, “siamo tutti sulla stessa barca”, e via di seguito fino ad arrivare all'abominevole "volemose bene".
(Chi mi segue da un po’ conosce bene la mia viscerale avversione per tutti questi luoghi comuni).
Il leader di domani è colui che aiuterà le persone “normali” a capire quanto in realtà siano davvero uniche e straordinarie.
In un Paese come il nostro, dove ancora si confonde il lavoro con la presenza sul luogo di lavoro, c’è un bisogno vitale di leader visionari e creativi, non dell’ennesimo contafagioli.
Creativity|Empathy|Team|One to one coach; Socia AICP - Delegata Formazione ed Eventi AICP Lazio - Facilitatrice - Wedding event planner & Designer presso @matrimoniooriginale_barbarawp
2 anniCaro collega sono d'accordo su tutta la linea...bellissimo post!