Il mercato immobiliare italiano mostra segnali di appannamento in un quadro macroeconomico tra crescita e incognite
Il mercato immobiliare italiano, dopo l’eclatante euforia post pandemica, mostra inequivocabili segnali di appannamento. In un quadro macroeconomico diventato progressivamente meno favorevole, l’accesso alla proprietà si è fatto più problematico. La perdita di potere di acquisto, l’erosione della capacità di risparmio e gli effetti della stretta monetaria su possibilità e condizioni di indebitamento hanno di fatto messo temporaneamente fuori gioco una quota considerevole della domanda potenziale, con conseguenze rilevanti su mutui erogati e numero di compravendite residenziali.
Ad alimentare la propensione al consumo contribuisce un orientamento tuttora improntato all’ottimismo, che riporta i consumatori ad essere più fiduciosi delle imprese, le cui aspettative, al netto del settore delle costruzioni, lasciano presagire un ulteriore deterioramento della situazione economica generale. Proprio un clima di fiducia insolitamente favorevole ha contribuito ad attenuare l’impatto dei cambiamenti intervenuti, in particolare di una politica monetaria divenuta marcatamente restrittiva, sulle prospettive di crescita economica italiana, che si mantengono tra le più lusinghiere di tutti i Paesi avanzati.
Se a livello economico generale, la scommessa di transitorietà delle attuali difficoltà, implicita nei comportamenti di consumo delle famiglie, ha consentito di attenuarne l’entità del rallentamento, diversa appare la situazione sul versante immobiliare. La necessità di ricorso al sostegno creditizio, che caratterizza una quota rilevante degli aspiranti acquirenti, espone il settore ad oscillazioni più marcate in caso di cambiamenti dell’approccio allocativo da parte del sistema bancario. Il continuo rialzo dei tassi rappresenta l’aspetto più evidente di un fenomeno selettivo, che molto spesso si esplicita già in fase preistruttoria, se non addirittura in forme di autoselezione, che portano all’autonomo differimento di qualsiasi velleità di acquisto.
La conseguenza della accresciuta rischiosità associata dalle banche agli impieghi immobiliari ha portato ad un drastico calo delle erogazioni, con inevitabili ricadute sull’attività transattiva in tutti i comparti. A fare registrare le flessioni più marcate sono stati i mercati che più degli altri si erano dimostrati reattivi e vitali nella ripartenza post covid. Ecco che il terzo trimestre consecutivo di arretramento delle compravendite registrato a Milano e Bologna deve essere unicamente ascritto alla pregressa esuberanza, che in entrambi i casi aveva issato l’attività su livelli addirittura superiori a quelli toccati all’apice della precedente fase espansiva (2006). Come già accaduto in passato, sono le avanguardie del mercato a sperimentare i prodromi delle inversioni cicliche che, in poco tempo, interesseranno l’intero territorio nazionale.
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Ecco che l’aggressività con cui le Banche Centrali continuano ad azionare le leve di politica monetaria, con l’obiettivo di riportare l’inflazione sui livelli target di lungo periodo, accresce le preoccupazioni di un prolungato credit crunch, specie se l’effetto indotto dovesse essere quello di una recessione, ancorché di modesta portata. L’accresciuta dipendenza da credito esclude la riproposizione di dinamiche anticicliche tipiche di stagioni passate, quando l’accesso alla proprietà era una pratica che impegnava unicamente lo stock di ricchezza accumulata da parte del nucleo familiare allargato.
In un quadro di perdurante incertezza sulle conseguenze delle politiche in atto, il mercato immobiliare italiano ha iniziato una fase di ripiegamento che, al momento, appare interlocutoria. L’entità dell’interesse potenziale, da una parte, e il mancato riflesso del deterioramento congiunturale sulle principali grandezze economiche del settore, dall’altra, non consentono ad oggi di delineare una traiettoria definitiva. La sostanziale invarianza di tempi medi di vendita e sconti, associata alla modesta flessione dei valori reali (a fronte di una timida crescita in termini nominali) conferiscono all’attuale situazione i tratti tipici dell’incertezza. Il ritardo con cui i proprietari interiorizzano i cambiamenti del contesto di riferimento se, da un lato, attenua e diluisce gli impatti sul patrimonio del nuovo scenario, dall’altro, tende ad ampliare il divario tra disponibilità della domanda e aspettative dell’offerta, allungando i tempi necessari per la ripartenza. In questa fase, le difficoltà di accesso alla proprietà di una quota crescente di domanda potenziale tenderanno inevitabilmente a crescere, con conseguente ricorso tattico a soluzioni locative, in attesa che barriere all’ingresso oggi insormontabili tornino ad abbassarsi.
Con l’aggiunta della componente degli aspiranti proprietari temporaneamente frustrati, il mercato dell’affitto si rivelerà una volta di più in tutta la propria inadeguatezza. Le tante componenti di domanda (famiglie, lavoratori, studenti, turisti) si trovano a competere per un’offerta privata divenuta troppo esigua e orientata comprensibilmente a previlegiare le soluzioni meno rischiose e più remunerative, a scapito delle frange più deboli. L’ulteriore incremento dei canoni ben sintetizza la pressione in atto e, al contempo, i rischi di marginalità che si prospettano se, come pare dal dibattito degli ultimi mesi, non scaturiranno iniziative per orientare in maniera diversa l’utilizzo del patrimonio residenziale nella disponibilità dei 3,5 milioni di famiglie multiproprietarie.
Se sul mercato al dettaglio, l’interesse di famiglie e imprese è parso solo attenuato dal peggioramento del quadro macroeconomico, decisamente peggiore è risultata la situazione sul versante corporate, dove la prudenza degli operatori stranieri ha determinato un crollo degli investimenti, passati dai 6,2 miliardi di euro del primo semestre 2022 agli appena 2 miliardi dello stesso periodo di quest’anno. La debolezza ha interessato l’intero mercato, a conferma di un’accresciuta percezione di rischiosità complessiva.
L’esito della crociata antinflazione della BCE sarà cruciale per valutare l’entità dell’eventuale correzione dei valori immobiliari. La prospettiva di atterraggio morbido rimane quella tuttora più accreditata, anche se le possibilità di recessione economica e di settore paiono farsi ogni giorno più concrete.