Il modulo di allunaggio LK
“I decolli sono facoltativi ma gli atterraggi sono obbligatori”

Il modulo di allunaggio LK “I decolli sono facoltativi ma gli atterraggi sono obbligatori”

Se si vuole andare sulla Luna, bisogna trovare il modo di scendere, questo è poco ma sicuro. Il programma lunare sovietico ebbe, come sappiamo, una gestazione lunga e travagliata che fu anche la causa del suo abbandono, una volta persa la gara per il primato con i rivali americani. Ma se il lanciatore fu un problema sin dal principio, almeno il modulo da sbarco, il Lunnij Korabl’ la navicella lunare, fu un caposaldo che non solo dimostrò la sua affidabilità, ma che ha lasciato un insospettabile eredità giunta fino ai giorni nostri.

Andiamo con ordine.

Era molto più piccolo del LEM: infatti poteva contenere solo un cosmonauta, in piedi, con a malapena lo spazio per cambiarsi di tuta durante la passeggiata spaziale necessaria a passare dalla Sojuz all’LK. Sì, perché il cosmonauta (uno solo) destinato a scendere sulla superficie lunare, non aveva il modo di passare direttamente dalla Sojuz all’LK come, per esempio, potevano fare gli astronauti americani. Per risparmiare peso e, soprattutto, la manovra di rendez-vous a metà strada tra la Terra e la Luna, il trenino spaziale costituito dalla Sojuz LOK, dall’LK e dal motore necessario ad accelerare il tutto, veniva montato già agganciato sulla sommità del lanciatore e, pensate un po', se durante il tragitto di andata l’LK si trovava in coda alla Sojuz, al momento del rientro del cosmonauta dalla Luna, lo stesso si sarebbe agganciato alla nave madre che lo attendeva in orbita lunare, dal davanti. Per questo motivo, e, soprattutto, per aiutare un probabilmente stremato cosmonauta che aveva dovuto effettuare le manovre di allunaggio e decollo ed un soggiorno di circa 24 ore, solo, sulla superficie lunare, ad effettuare il rientro sulla nave madre, venne studiato un sistema di aggancio semplificato all’estremo, chiamato «Kontakt». Praticamente due superfici piatte con dei ganci laterali che scattavano al contatto serrando le due navicelle. Niente di più.

Come detto l’LK era molto piccolo. Il cosmonauta vi stava dentro in piedi, appoggiato ad una specie di spalliera posta davanti ad un grande oblò che serviva al pilota per collimare la traiettoria di discesa che era, comunque, automatizzata e pilotata da un radar chiamato Planeta già testato con successo nelle missioni del programma Luna.

Dentro l’abitacolo, come accennato, spazio appena sufficiente a cambiare d’abito il cosmonauta. Sì perché durante la passeggiata da e per la Sojuz, lo stesso indossava la tuta allora disponibile per le EVA: la Jastreb, mentre per lo sbarco avrebbe indossato la tuta lunare Kretchet, molto simile a quella Orlan che ancora oggi si usa a bordo della ISS per le attività Extra Veicolari dal segmento Russo e che, recentemente, è stata usata anche dalla nostra Samantha Cristoforetti.

Il pannello strumenti era molto spartano. In effetti il cosmonauta aveva a disposizione solo i comandi ambientali e quelli per la manovra di allunaggio manuale. Il sistema di controllo del volo prevedeva un computer di bordo e consentiva al cosmonauta di selezionare il sito di atterraggio finale e condurre l'avvicinamento e l'atterraggio. Se tutto avesse funzionato a dovere avrebbe avuto solo il piacere di godersi la discesa (si fa per dire…).

Il veicolo spaziale LK era costituito dal modulo lunare stesso e dal sistema di propulsione del Blocco-E. In realtà, era un veicolo suddiviso in tre sezioni:

LPA: (Lunnyi Posadochnyi Agregat, Apparecchiatura per l’atterraggio lunare) e LVA: (Lunnyi Vzletnyi Apparat, Veicolo di ascesa lunare). La sezione LPA, a sua volta, consisteva in un corpo principale a struttura reticolare con un diametro di 2,27 metri e un dispositivo di atterraggio lunare a quattro zampe LPU: (Lunnoe Posadochnoe Ustroistvo).

Infografica del modulo lunare LK


Tutto il veicolo, compreso il motore del Blocco-E, fu realizzato dall’OKB Yangel.

Su tutti i suoi lati, il modulo LPA era pesantemente caricato con vari sottosistemi e attrezzature scientifiche tra cui:

il radar di atterraggio Planeta, un contenitore avionico pressurizzato, due antenne di comunicazione dispiegabili, tre batterie, quattro contenitori con acqua per un'unità di vaporizzazione ed un pacchetto scientifico da 105 chilogrammi che includeva un braccio robotico da 59 chilogrammi e un trapano con una durata operativa di 60 minuti.

Il motore, chiamato Blocco-E era un motore a combustibile ipergolico (UDMH e N204 – tetrossido di azoto), capace di una spinta di 20 KN; era uno dei sistemi più critici a bordo del complesso N1-L3. A differenza di qualsiasi altra fase della spedizione lunare, un guasto del Blocco-E durante il decollo dalla superficie della Luna avrebbe significato inevitabilmente la perdita di un cosmonauta. A differenza del motore del LEM del programma Apollo, la stessa unità propulsiva del Blocco-E avrebbe dovuto essere utilizzata per la fase finale della discesa sulla superficie lunare e per il decollo. La discesa iniziale sulla Luna avrebbe dovuto essere stata spinta dallo stadio del Blocco D attaccato all’LK. Una volta esaurito, il blocco D veniva espulso per poi schiantarsi sulla superficie lunare, successivamente sarebbe avvenuta l’accensione del motore del Blocco-E.

Per migliorare l'affidabilità del Blocco-E, il motore 11D411 a una camera aveva un motore 11D412 di riserva con due camere di combustione. Combinati, i due motori formavano il sistema di propulsione denominato 11D410. Il Blocco-E era fissato in modo permanente al modulo LVA, mentre il dispositivo di atterraggio LPA/LPU era collegato al Blocco-E con una serie di dispositivi pirotecnici, che sarebbero stati fatti saltare al decollo dalla Luna.

Uno sguardo all'interno della sezione LVA dell'LK
Il Blocco-E (foto da
Particolare del sistema di scarico dei motori 11D410 del Blocco-E (Foto da


Venne progettato per funzionare autonomamente nello spazio per un massimo di quattro giorni. Per mantenere i componenti del propellente liquido del modulo entro i limiti di temperatura richiesti, è stato sviluppato un elaborato sistema di protezione termica.

Lo scudo termico inferiore del modulo LVA era costituito da sottili fogli di titanio. Aveva lo scopo di proteggere la navicella LK dallo scarico del motore e dai frammenti del suolo lunare. La forma semisferica dello scudo con il centro di pressione allineato al baricentro del modulo fu studiata per minimizzare la dinamica destabilizzante dei gas di scarico che rimbalzano dalla superficie lunare o dalla piattaforma di atterraggio del modulo lunare.

L'esterno del Blocco-E era ricoperto con 90 strati di isolamento termico. Per ridurre al minimo il trasferimento di calore tra gli strati venne sviluppato uno speciale film in polietilene con una superficie increspata. Circa il cinque percento della superficie esterna del Blocco-E, che restava esposta, venne lucidata a fondo per riflettere quanto più calore possibile. L'ugello del motore principale, dopo l'atterraggio sulla Luna, veniva chiuso con una speciale copertura termica. I serbatoi di propellente venivano raffreddati con una speciale rete di tubazioni collegata al principale sistema di supporto vitale della navicella LK e, a questo scopo, si usava uno speciale vaporizzatore per rimuovere il calore extra dal veicolo spaziale utilizzando alcool bollente come refrigerante. 

La sezione LPU trasportava anche piccoli motori a propellente solido progettati per premere il veicolo sulla superficie lunare al momento dell'atterraggio. Sì, avete letto bene, schiacciare al suolo. Perché si temeva, timore poi fugato da quanto è emerso durante gli allunaggi dei veicoli Luna, che il suolo lunare non sarebbe stato un punto di appoggio stabile e, quindi, ci fosse la necessità di piantare meglio al suolo tutto l’LK.

L'LK ed il Blocco-D durante il trasferimento verso la Luna
Dimensioni comparate tra LK (a sinistra) e LEM
Un'immagine

Il profilo di allunaggio e di rientro in orbita era molto simile a quello della NASA:

Il complesso formato dalla Sojuz, LK e Blocco I (il motore per l’inserzione translunare per il rientro sulla Terra) viene stabilizzato su di un'orbita ellittica intorno alla Luna, frenato dal blocco D, il motore specificatamente agganciato al trenino spaziale e successivamente sganciato una volta inseriti in orbita.

Una volta in orbita, appunto, il cosmonauta destinato all’allunaggio, si sarebbe trasferito nell’LK attraverso una passeggiata spaziale.

Sganciato l’LK dalla Sojuz, l’LK avrebbe effettuato la discesa guidata dai radar di bordo e frenata dal motore del Blocco-E

La tuta lunare Krechet garantiva un’autonomia di circa 12 ore

Il cosmonauta avrebbe potuto effettuare un’attività lunare fino a 24 ore prima di ripartire, rientrando per riposare e ricaricare i sistemi. 

In un primo profilo di missione il progetto prevedeva l’utilizzo di un Lunokhod che facesse da appoggio al cosmonauta per rifornimento dei sistemi vitali. Il progetto è stato poi scartato ma è servito ad alimentare una leggenda metropolitana: quella del NANO del KGB un agente suicida che, a bordo del semovente lunare, sarebbe sbarcato sulla Luna e lì immolatosi in nome della Madrepatria.

In realtà il progetto definitivo prevedeva, dopo il primo sbarco, una serie di lanci in tandem con due LK: uno abitato e l’altro, inviato qualche settimana prima ed allunato a qualche Km di distanza, senza equipaggio. In caso di guasto al motore del Blocco-E, il cosmonauta si sarebbe diretto al modulo di riserva.

Era previsto anche il lancio di un piccolo Rover monoposto da far allunare più o meno a metà strada.

L'LK esposto al museo di RKK Energhia


Il decollo dalla superficie lunare sarebbe avvenuto, analogamente al LEM americano, utilizzando l’incastellatura di atterraggio come rampa di lancio. Il Blocco-E avrebbe spinto l’LK fino all’inserzione orbitale ed all’appuntamento con la Sojuz-LOK.

Un’ulteriore passeggiata spaziale avrebbe riportato il cosmonauta dall’LK alla Sojuz per poi procedere allo sgancio dell’LK ed all’accensione del Blocco I, il motore per l’ignizione translunare verso la terra.

Quanto era grande l’LK? Come detto era più piccolo del LEM americano:

Alto 5,2 metri, pesava 5.560 Kg prima dell’allunaggio. Il solo Blocco-E pesava a secco 525 Kg. Al momento del decollo dalla luna avrebbe pesato 3.800 Kg. Poteva trasportare, oltre al cosmonauta, anche 50 Kg di materiale prelevato dalla superficie lunare. Il vano abitabile era di soli 5 mc e poteva atterrare sulla luna solo nelle regioni equatoriali del lato visibile, come del resto anche il LEM della Nasa. 

Aveva un’autonomia di un giorno sulla superficie lunare.

Il veicolo T2K, utilizzato per i test in orbita
24/11/1970, viene lanciato il primo T2k: il Kosmos-379
Il T2K approntato sopra un lanciatore Sojuz, prima del lancio

I primi test di volo della navicella LK sono iniziati con un elicottero appositamente attrezzato, simulando il profilo di atterraggio della nave. Anche tre prototipi del modulo LK, designato T2K, sono stati lanciati nell'orbita terrestre sui razzi Soyuz (11A511). Il primo di questi fu designato Kosmos-379 e venne lanciato il 24/11/1970. Durante questi voli, i sistemi di propulsione del Blocco-E della nave hanno effettuato diverse accensioni e spegnimenti, simulando le manovre durante le spedizioni lunari. 

Il motore del Blocco-E risultò talmente affidabile che, anche dopo l’abbandono del programma lunare, venne impiegato in altri vari progetti come, ad esempio, lo stadio superiore del lanciatore Tsyklon-3 ed anche in altri sistemi di propulsione compatti con capacità di accensione multiple per i missili balistici sovietici. Incredibilmente il Blocco-E è stato la base dello sviluppo del modulo superiore del lanciatore Europeo (ed in gran parte italiano) VEGA.

Oggi la tecnologia costruttiva di questo incredibile sistema propulsivo, è stata trasferita all’agenzia spaziale cinese che intende utilizzarla per i suoi veicoli di esplorazione interplanetaria.

Insomma, come tante cose nate per il programma lunare, si è dimostrata versatile, affidabile e tecnologicamente ancora all’avanguardia.

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