Il nostro stato d’animo influenza il nostro agire professionale? Se sì, quanto?
Di recente ho assistito ad una lezione sugli stati d’animo e devo dire che ne sono rimasta piacevolmente colpita.
Insieme a me c’erano molti altri professionisti con parecchi anni di esperienza e mi sono resa conto che tutti noi, indipendentemente dal ruolo che ricopriamo, sappiamo – in modo cosciente o incosciente – che il nostro stato d’animo ha un’influenza importante sul nostro agire professionale.
E questo accade soprattutto quando ti tratta degli stati d’animo che potremmo definire estremi: quando siamo estremamente felici o estremamente arrabbiati, la nostra capacità di prendere decisioni con distacco viene meno e questo, ovviamente, influenza il nostro agire al lavoro e il nostro modo di rapportarci con colleghi o collaboratori.
In che modo? Di solito, si tende ad avere un eccesso di confidenza quando si è in uno stato di felicità e un eccesso di controllo quando si è in stato di collera.
Voglio provare a spiegarmi meglio con un esempio concreto. La prima telefonata di un cliente, candidato o collega, capo il cui risveglio è andato male: piede sbagliato scendendo dal letto, litigata con la moglie, il marito o con i figli, traffico non preventivato. Quante volte la giornata inizia storta e lo stato di collera o frustrazione impatta sulle nostre prime ore di lavoro?
Dall’altro lato, invece, c’è l’eccesso di buonismo in caso di felicità. Nulla di male ad essere più buoni del solito o più generosi, ma è importante valutare con molta attenzione le conseguenze che azioni o decisioni assunte in questo stato di “beatitudine” possono avere.
Quanto può impattare una valutazione superficiale di un lavoro presentato, una reprimenda non fatta perché “tanto oggi mi sento buono” o addirittura un aumento di stipendio dato solo sull’onda del momento positivo?
Secondo i guru della materia dovremmo essere i più neutri possibile e, se non ci riusciamo, dovremmo trovare il modo per renderci conto dello stato in cui siamo e applicare azioni di correzione.
Qualcuno, ad esempio, si obbliga a non rispondere alle mail per almeno 4 ore quando è in stato di collera, altri ricorrono alla meditazione.
Per qualcuno funziona. E voi come vi comportate in caso di stati d’animo estremi?
Direttore del Personale e Organizzazione - AMT S.p.A.
8 anniInteressante e, che mi ricordi, tra i pochissimi articoli sul tema. Argomento che, peraltro, si presta per adiacenza ad altre tematiche altrettanto "sensibili" quali, per esempio, la resistenza allo stress. La gestione delle proprie emozioni e' prerogativa essenziale, se vogliamo in senso piuttosto ampio, e certamente per posizioni gestionali.
Selling is my Passion and Lifelong Learning is my Strenght (on Linkedin since 2007)
8 anniCiao Francesca leggendo il suo articolo ho fatto un salto nel passato a quando ero a scuola e con i compagni osservavamo la professoresse e dal modo in cui chiudevano la porta una volta entrate o da come ci salutavano, capivamo da subito, ahi noi, come si sarebbe sviluppata la giornata. Con questo cosa voglio dire: non è da tutti camuffare il proprio stato d'animo, non siamo tutti giocatori di poker bravi e con gli occhiali scuri e poi non sempre si ha il tempo di fare meditazione, correre nel bagno o come ho letto in un post precedente "sostituire all'impulso una base decisionale scientifica"....e chi saresti?? In un mondo sempre più smaterializzato, sottomesso a valori, statistiche, indici...e tutto quello che vivete come me ogni giorno...lasciamo almeno che trapeli ancora qualcosa di umano ogni tanto. Grazie per il post e saluti a tutti. P.s. oggi mi sento moderatamente felice!!!
Ingegnere Gestionale
8 anniIn alcuni settori lo stato d animo si riflette sulla produzione. È fondamentale controllarsi e stare sempre al Max