IL PECCATO ORIGINALE DELLA SOSTENIBILITA

IL PECCATO ORIGINALE DELLA SOSTENIBILITA

Nell'immagine: Adamo ed Eva di Emil Nolde

Parte 2

14 gennaio 2021 ANSA. Gli oceani non sono mai stati così caldi, con il Mediterraneo che detiene il record di riscaldamento a livello globale: le temperature rilevate nelle acque oceaniche fino alla profondità di 2.000 metri sono le più alte mai registrate. Lo indicano i dati raccolti da 13 istituti di ricerca di tutto il mondo, fra i quali gli italiani dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) ed Enea e pubblicati sulla rivista Advances in Atmospheric Sciences. Intanto un'altra ricerca, condotta negli Usa, lancia l'allarme che il riscaldamento globale è verso il punto di non ritorno.”

12 gennaio 2021 Vertice One Planet. La Presidente von der Leyen ha sottolineato che con la COP25 per la natura a Kunming, in programma a maggio di quest'anno, "il 2021 diverrà l'anno in cui il mondo volterà pagina per quanto riguarda il pianeta". Chiede che in occasione della COP25 sia elaborato un "accordo ambizioso, globale e innovativo come quello di Parigi", in quanto in gioco non c’è solo lo sviluppo sostenibile, ma anche l'uguaglianza, la sicurezza e la qualità della vita.

Probabilmente questa Parte 2 di “Il peccato originale della sostenibilità”, potrà risultare pedante: l’obiettivo è quello di osservare, sui fatti, il tema esposto nella prima parte di questo articolo e cioè: il peccato originale di pensare di poter realizzare un “ambiente” sostenibile senza modificare il sistema economico imperante.

Nella parte prima abbiamo letto della Commissione Brundtland che, nel 1987, nel rapporto “Our common future/Il nostro comune futuro”, definisce il concetto di sviluppo sostenibile basandolo sull’interazione tra ambiente, società ed economia.

Di seguito sottolineo alcuni passaggi del rapporto seguiti da osservazioni alla luce del tempo passato: i 34 anni che ci separano da tale definizione. (in corsivo il testo del rapporto Our common future)

L’umanità ha la possibilità di rendere sostenibile lo sviluppo, cioè di far sì che esso soddisfi i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere la possibilità di soddisfacimento dei bisogni di quelle future.

È vero: abbiamo conoscenze e mezzi per rendere lo sviluppo sostenibile. Ma conoscenze e mezzi vengono investiti in minima parte per questo obiettivo. Ad oggi non è garantita la soddisfazione dei bisogni per le generazioni future. Le diseguaglianze sociali sono aumentate limitando, di fatto, la possibilità delle generazioni future di poter soddisfare la propria realizzazione. Il posticipare costante l’attuazione delle misure di contenimento del riscaldamento terrestre ipoteca il futuro delle prossime generazioni.

L’agricoltura globale è potenzialmente in grado di produrre cibo sufficiente per tutti, ma il cibo molto spesso non è disponibile dove occorre. […] La sicurezza alimentare richiede una maggiore attenzione ai problemi della distribuzione del reddito, perché la fame è spesso conseguenza più della povertà che non della penuria di alimenti.

La sicurezza alimentare è a rischio quando il potere è concentrato nelle mani di poche multinazionali che controllano l’intera filiera alimentare a livello mondiale, dalle sementi ai pesticidi, dalla trasformazione industriale alla distribuzione commerciale. Negli ultimi tre anni “la fame" sta aumentando in molti paesi in cui la crescita economica è in ritardo, in particolare nei paesi a medio reddito e quelli dediti prevalentemente al commercio internazionale di materie prime. La disparità di reddito è in aumento in molti dei Paesi, rendendo ancora più difficile per i poveri, i vulnerabili o gli emarginati far fronte a crisi e rallentamenti economici. (Report Sicurezza Alimentare e della nutrizione nel mondo 2019 - FAO - Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura Stato)

I governi sono in grado di bloccare la distruzione di foreste tropicali e degli altri serbatoi di diversità biologica, pur sfruttandoli economicamente.

Nel 2021 la deforestazione in Brasile è destinata a raddoppiare grazie anche all’accordo di libero scambio tra EU e i Paesi Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay). Tale accordo, ad esempio, eliminando del 93% i dazi sul commercio della soia (grande protagonista delle diete del “primo mondo”) sta velocizzando il divoramento delle foreste per far posto a diverse coltivazioni di cui i Paesi ricchi sono i principali beneficiari.

La struttura energetica globale del XXI secolo sarà basata su “soluzioni a basso consumo energetico”, fondate sulle risorse rinnovabili.

2020. Si “giocano” ancora guerre dietro le quali c’è il petrolio… Il carbone rappresenta il 40% della produzione mondiale di energia elettrica: è abbondante, accessibile ed è presente in tutto il mondo. Ci sono circa 8.000 centrali elettriche a carbone nel mondo e l’impatto sul cambiamento climatico è fortissimo. La Cina è il principale produttore di carbone seguita dagli Stati Uniti, India, Russia, Australia, Giappone… Grandi giacimenti in Africa … Banche, Fondi pensione e Assicurazioni hanno investito, in questi ultimi anni, 1.400 miliardi di dollari sulle risorse non rinnovabili.

Lungi dal richiedere l’arresto della crescita economica, lo sviluppo sostenibile muove dal riconoscimento che i problemi della povertà e del sottosviluppo non possono trovare soluzione se non si avrà una “nuova era” di crescita, in cui i paesi in via di sviluppo abbiano larga parte e da cui ricavino cospicui benefici.

Oltre la metà dei vaccini, ad oggi autorizzati, è stata già acquistata dai Paesi più ricchi, dove vive meno di un sesto della popolazione mondiale. È quanto emerge da un rapporto di Oxfam e Amnesty international. Lo sviluppo sostenibile non chiede di arrestare o rallentare la crescita economica presente nei Paesi ricchi, ma sottolinea che i problemi dei Paesi in via di sviluppo e poveri, non possono mutare senza una “nuova era” di crescita: era nella quale tutti dovranno e potranno essere partecipi dei benefici. Ma questa “nuova era”, il suo “modello”, le sue regole… non è mai arrivata. Molti Paesi hanno fatto passi avanti ma sempre in condizioni di dipendenza e sudditanza economica, sociale e culturale. Imporre o proporre la visione “sostenibile” nei Paesi poveri è, oserei dire, una ipocrisia: è come proporre una dieta sana ed equilibrata a persone che hanno fame! Possiamo chiedere di non usare il carbone se hanno la fortuna di averlo, o di adottare tecniche agricole “industriali”, magari acquistando sementi dalle multinazionali padrone del cibo? Possiamo chiedere di avere mezzi di trasporto non inquinanti, proprio ora che cominciano ad acquistare le vecchie auto a benzina e diesel che l’Occidente esporta nei loro Paesi, o a fare la raccolta differenziata e costruire termovalorizzatori magari in assenza di un sistema idrico e fognario adeguati …

Il carattere integrato e interdipendente delle nuove sfide e delle nuove problematiche è in netto contrasto con quello delle istituzioni oggi esistenti, le quali tendono all’indipendenza, alla frammentarietà, ad operare sulla scorta di mandati di carattere limitato e con processi decisionali di breve respiro.

Questo contrasto è rimasto tale, anzi, è esasperato. Un sistema complesso è caratterizzato da interdipendenza. La natura è un sistema complesso: ciò che accade nella foresta amazzonica porta conseguenze su un isolotto del pacifico. La finanza è un sistema complesso: la previsione sul PIL della Cina ha ripercussioni su Wall Street. Anche le relazioni umane sono un sistema complesso: il comportamento di A e di B si influenzano reciprocamente: sono interdipendenti. Ma noi umani, e quindi anche le nostre “istituzioni”, ci sentiamo unici, indipendenti, seguiamo il nostro ego e abbiamo una visione delle cose soggettiva. Costruire istituzioni capaci di interdipendenza, integrazione… vuole dire costruire una cultura di integrazione e interdipendenza; significa, usando le parole di Jeremy Rifkin, costruire una “civiltà dell’empatia”. Quando le istituzioni sono delle “sovrastrutture” tendono, inevitabilmente a naufragare sugli scogli delle spinte nazionaliste, degli interessi particolari, dei vecchi e nuovi conflitti religiosi e culturali. Il 2020 ci ha fatto toccare con mano la difficoltà a “viversi” come sistema interdipendente; l’IO tiene sotto il suo tallone di ferro il NOI…

Ma forse le cose cambieranno, noi cambieremo, con fatica, ma lo faremo, dobbiamo farlo.

Per gli appassionati di “cronologia”, di seguito il sintetico e lento percorso della "sostenibilità" dal 1972 al 2020.


       1972, il MIT produce il Rapporto sui limiti dello sviluppo

       1972, a Stoccolma, la Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente umano. La Conferenza era stata convocata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1968 con lo scopo di intraprendere azioni che tenessero conto non soltanto degli obiettivi di pace e di sviluppo socioeconomico del mondo, ma anche quello di “difendere e migliorare l'ambiente per le generazioni presenti e future”

       1983, l’ONU istituisce la Commissione Sviluppo e Ambiente presieduta da Gro Harlem Brundtland per la definizione di una agenda “operativa” a livello mondiale.

       1987, è presentato e pubblicato il Rapporto Brundtland.

       1992, a Rio de Janeiro, si tiene la Conferenza ONU su Ambiente e Sviluppo che produce due documenti importanti: 1) Il Programma d'azione Agenda 21 che costituisce una sorta di manuale per lo sviluppo sostenibile del pianeta "dal ‘92 al XXI secolo". La premessa è che le società umane non possono continuare nella strada finora percorsa aumentando il divario economico tra le varie nazioni e tra gli strati di popolazione all'interno delle nazioni stesse, incrementando così povertà, fame, malattia e analfabetismo e causando il continuo deterioramento degli ecosistemi dai quali dipende il mantenimento della vita sul pianeta. 2) La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. La Convenzione è il primo strumento legale, anche se non vincolante, relativo alle azioni da attuare per l’obiettivo della stabilizzazione delle concentrazioni in atmosfera dei gas serra derivanti dalle attività umane, al fine di prevenire effetti pericolosi.

       1997, si tiene a Kyoto la Conferenza delle Parti (COP3) sui contenuti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite del 1992. In tale Conferenza è redatto il Protocollo di Kyoto. Il Protocollo è, di fatto, lo strumento attuativo della Convenzione quadro del 1992 sulla riduzione delle emissioni. A Kyoto erano presenti 180 Paesi. Il protocollo è il primo documento internazionale che ha imposto l’obbligo di riduzione delle emissioni ai Paesi più sviluppati: un -5% (sulla base delle emissioni rilevate nel 1990). Il Protocollo prevede due periodi di attuazione:

  • il primo periodo dal 2008 al 2012; il secondo periodo dal 2013 al 2020.
  • Nel primo periodo di adempimento, compreso tra il 2008 e il 2012, l’Unione Europea fissa per sé un obiettivo più ambizioso, cioè una ulteriore riduzione dell’-8%. Alcuni stati Europei, già nel 2009, superano il proprio target di riduzione emissiva provando, inconfutabilmente, che gli obiettivi indicati dal protocollo erano possibili e che gli Stati che investivano nell’economia low carbon, avevano agevolmente conseguito risultati di alto livello con positive ricadute sull’economia nazionale. L’Italia? No, non ce l’abbiamo fatta.
  • Il secondo periodo di adempimento del protocollo di Kyoto è iniziato nel 2013 e si concluderà nel 2020. In questo secondo periodo i paesi firmatari si sono impegnati a ridurre le emissioni almeno del -18% rispetto ai livelli del 1990. Anche in questo caso l’UE si è impegnata a diminuire ulteriormente le emissioni, con una percentuale del -20% rispetto ai livelli del 1990

(Nota: i periodi di adempimento e le verifiche furono posticipate posticipate)

       2000, Conferenza de L'Aja (COP6) con l’obiettivo di affrontare i nodi politici ancora irrisolti (nel corso della Conferenza di Kyoto) come, ad esempio, le misure da adottare in caso di mancato adempimento agli obblighi di riduzione delle emissioni o l'assistenza economica verso i Paesi in via di sviluppo. La Conferenza fu un fallimento.

       2001, Conferenza di Bonn (COP6bis), tenutasi quattro mesi dall’uscita degli Usa dal Protocollo di Kyoto. A Bonn vennero decise una serie di finanziamenti per agevolare le nazioni in via di sviluppo a ridurre le emissioni di Co2 e meccanismi di flessibilità nell’attuazione della riduzione delle emissioni.

       2001, Conferenza di Marrakesh (COP7) Il summit di Marrakesh si concentrò sulla creazione delle condizioni necessarie per la ratifica del Protocollo di Kioto da parte delle singole nazioni. I delegati concordarono che per l'entrata in vigore degli accordi di Kyoto fosse necessaria l'adesione di 55 paesi, responsabili del 55 per cento delle emissioni di Co2 nell'atmosfera nel 1990.

       2005, entra in vigore il Protocollo di Kyoto dopo l’iter delle ratifiche: l’ultima la Russia, appunto nel 2005.

Note: 1) Il Canada si è ritirato dal Protocollo di Kyoto prima della fine del primo periodo di adempimento 2)Russia, Giappone e Nuova Zelanda non prendono parte al secondo periodo. 3) L’accordo di Kyoto si applica attualmente solo a circa il 14% delle emissioni mondiali.

       2005, conferenza di Montreal (COP11) Ridefinizione degli obiettivi individuati nel Protocollo di Kyoto, in vista della scadenza del primo periodo, il 2012. Le 157 delegazioni approvarono un piano di consolidamento dei meccanismi di sviluppo pulito, che avrebbero consentito alle nazioni più sviluppate di eseguire progetti di riduzione delle emissioni nei Paesi in via di Sviluppo.

       2006, Conferenza di Nairobi (COP12). La conferenza, nata con il proposito di coinvolgere i Paesi africani nei progetti di consolidamento degli obiettivi di sviluppo, non riuscì a stabilire ulteriori obiettivi di riduzione delle emissioni alla scadenza del Protocollo di Kyoto.

       2009, Conferenza di Copenhagen (COP15) ha definito un accordo “interlocutorio” messo a punto da Stati Uniti e Cina, con il contributo di India, Brasile, Sud Africa e, sostanzialmente, accettato dall’UE, su due punti 1) contenere l’aumento della temperatura media del Pianeta sotto i due gradi 2) impegno finanziario (30 miliardi di dollari l'anno tra il 2010 e il 2012 e 100 miliardi di dollari a partire dal 2020) da parte dei Paesi industrializzati nei confronti delle nazioni più povere.

       2011, Conferenza di Durban (COP 17) Il Durban Package, sottoscritto anche da Stati Uniti e Cina, obbliga le Parti a fissare obiettivi di riduzione delle emissioni legalmente vincolanti. L'accordo universale sul clima viene però rinviato al 2015 (Conferenza di Parigi) e con effetti dal 2020. A Durban si decide di estendere di 5 anni la scadenza del Protocollo di Kyoto prevista nel 2012. Si è trattato di una conferenza di “rinvii”.

       2013, Conferenza di Varsavia (COP19), A Varsavia le Organizzazioni Non Governative abbandonano i lavori per denunciare e protestare contro la mancanza di presa di responsabilità degli impegni sottoscritti da parte dei Paesi industrializzati.

       2015, Conferenza di Parigi (COP21). Gli impegni indicati nell'intesa prevedono la riduzione di emissioni di gas serra, con un obiettivo collettivo di -40% rispetto ai livelli del 1990 (25 anni prima). L'accordo, in sintesi, punta a bloccare l'innalzamento della temperatura al di sotto dei 2 gradi rispetto all'era preindustriale. La prima verifica ci sarà nel 2018 e nel 2023 la prima revisione vera e propria. L'accordo in sé è legalmente vincolante ma non lo è il suo sviluppo pratico. L’unico aspetto innovativo è il meccanismo di revisione periodica. Non sono previste sanzioni ma un meccanismo trasparente per garantire l'attuazione degli impegni presi all'avvicinarsi delle scadenze. Quanto ai finanziamenti, i firmatari si impegnano per 100 miliardi di dollari entro il 2020 per il trasferimento delle tecnologie pulite nei Paesi non in grado di fare da soli il salto verso la green economy.

Note: 1) Molte sono state le critiche al “posticipo” delle scadenze. Secondo molti è rischioso stabilire nel 2018-2023 la prima revisione degli obiettivi nazionali sulla quantità di emissioni: “se il mondo continua a inquinare come sempre per altri tre anni, a quel punto sarà impossibile raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi”. Non è stato fissato un calendario che porti alla progressiva, ma totale, sostituzione delle fonti energetiche fossili. La richiesta degli ambientalisti era quella di arrivare a una riduzione del 70 per cento rispetto ai livelli del 2015, intorno al 2050, e raggiungere le emissioni zero nel decennio successivo. In realtà i produttori di petrolio e gas – tanto le imprese quanto i paesi –hanno ottenuto che non si specificasse una data per la decarbonizzazione dell’economia. 2) L’accordo di Parigi è entrato in vigore nel 2016, in seguito all’adempimento delle condizioni per la ratifica da parte di almeno 55 paesi in rappresentanza almeno il 55% delle emissioni globali di gas serra. 3) Tutti i paesi dell’UE hanno ratificato l’accordo. 4) La definizione degli strumenti di attuazione dell’accordo di Parigi viene rinviata ad altra Conferenza (verranno affrontati nel 2017)

       25 settembre 2015, le Nazioni Unite approvano l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 Obiettivi da raggiungere entro il 2030. L’Agenda DGs, (Sustainable Development Goals), è apparsa come un evento storico in quanto, in maniera esplicita, esprimeva un chiaro giudizio di insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. Peccato che questo concetto di interdipendenza ambiente/società/economia, fosse già presente nel Rapporto “Our common future” del 1987 e, soprattutto, fosse stato espresso in maniera già nell’analisi del Rapporto sui limiti dello sviluppo del 1972! Comunque, con la dichiarazione dell’Agenda Globale, si afferma una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo ed è definitivamente superata l’idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale.

       2016, Conferenza di Marrakesh COP22. La conferenza si concentra soprattutto sul tema dell'acqua e si rinviano al 2018 le norme per l'applicazione dell'Accordo di Parigi.

       2017, Conferenza di Bonn (COP23). La Conferenza di Bonn è stata centrata sulla ricerca di dialogo tra le parti. La delegazione degli Stati Uniti è intervenuta nonostante l’annuncio del presidente Trump di uscire dall’Accordo di Parigi del 2015. Due i “risultati” 1) l’Alleanza globale per lo stop al carbone (e bisognerà vedere se si è trattato di un annuncio o se avrà un seguito concreto. Certo che gli investimenti fatti dalle grandi banche d’affari sul fossile a tutto il 2018, lasciano qualche perplessità) 2) un accordo, dopo sei anni di discussione, sulle emissioni nel settore agricolo

       2018, Conferenza di Katowice (COP24). Definizione delle regole dell'Accordo di Parigi. Il risultato della Conferenza deve fare i conti con le osservazioni del “Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico” e dell'”Organizzazione meteorologica mondiale”.

Note: 1) i due Enti pubblicano rapporti secondo i quali quanto previsto da Cop21 non basta più per evitare catastrofi ambientali. Entro il 2030 le emissioni di CO2 devono quindi diminuire del 45%. 2) Il segretario generale dell'Onu Guterres afferma: "Stiamo finendo il tempo". 3) La Banca mondiale finanzia con 200 miliardi di dollari i programmi climatici nel periodo 2021-2025, il doppio rispetto al quinquennio precedente

       04 novembre 2019. Gli Stati Uniti informano ufficialmente le Nazioni Unite dell'uscita dall'accordo sul clima di Parigi decisa da Donald Trump nel 2017

       2019, Conferenza di Madrid (COP25) Prendono parte 50 capi di Stato e di governo e 25 mila delegati.    

Note: 1) Si dibatte sul tetto massimo delle emissioni di CO2, ossido di azoto (N2O) e gas killer dell'ozono. 2) Gli Stati dovranno aggiornare i piani di riduzione delle emissioni. 3) “Se non fermiamo la dipendenza dal carbone, i nostri sforzi per affrontare l'emergenza climatica saranno vani", ha detto il segretario generale dell'Onu Guterres. "Ci stiamo avvicinando al punto di non ritorno, l'impatto su tutte le forme di vita, compresa la nostra, sarà devastante"

       Il 22 gennaio 2020 le Nazioni Unite, hanno avviato il programma “Decade of action” (decennio di azione) con l’obiettivo di accelerare le soluzioni delle emergenze globali, quali povertà, discriminazioni di genere, cambiamento climatico e diseguaglianze. (Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile - Sustainable Development Goals7SDGs, articolati in 169 Target da raggiungere entro il 2030.)

Gennaio 2020: è ufficiale, il virus Sars-CoV-2 si presenta al mondo

       2020, Conferenza di Glasgow (COP26). Si terrà dal 9 al 19 novembre

Note: COP26 rinviata al 2021

Scorrendo date e contenuti mi viene in mente un pensiero del Mahatma Gandhi

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Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fin tanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo


Alla prossima puntata

 





I buoni pensieri erano chiari fin dal 1972 eppure oggi, 2020, pur assistendo direttamente ai cambiamenti climatici e al peggioramento delle prospettive per le prossime generazioni, le azioni sono ancora inadeguate, incerte, discontinue. Soprattutto, le azioni sono fortemente condizionate da interessi economici insostenibili.

Non è un caso che sia negli Stati Uniti sia in Europa si parli di New Deal: di un nuovo patto, di una svolta verso un modello economico sostenibile.


Parafrasando il “nuovo patto” varato dal Presidente Franklin Delano Roosevelt fra il 1933 e il 1937, l’ala più progressista del Partito Democratico USA ha lanciato un coraggioso programma: il Green New Deal. Il programma, rifiutando drasticamente il modello neoliberista, propone uno “Stato Imprenditore” capace di agire, nel breve periodo, per affrontare l’incertezza e gli alti costi della transizione in modo da orientare e consolidare, nel lungo periodo, un’economia e una società sostenibili con particola attenzione all’estensione del welfare a protezione dei cittadini in difficoltà.


In Europa, lo scorso dicembre 2019, la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato l’European Green Deal, un programma per la transizione ecologica dei Paesi membri. L’obiettivo è quello di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, con il proposito, nel breve termine, di ridurre entro il 2030 le emissioni di gas serra del 50-55% rispetto ai livelli del 1990. Un pilastro di questo programma è il fondo “Just Transition Mechanism” per supportare la conversione ecologica nelle regioni europee con un’economia basata sull’estrazione e consumo di fonti fossili.

Molte le critiche al piano presentato dalla Commissione.

Il programma presenta un obiettivo che, oltre ad essere molto in ritardo rispetto alla condizione attuale e limitato rispetto alla necessità, non incide sulla visione di un sistema in costante crescita. I danni sono stati creati da un modello di consumo irresponsabile basato, appunto, sull’escalation della crescita: il programma European Green Deal evita l’argomento. Così come, a differenza del programma dei progressisti USA, il programma europeo, non accompagna la “transizione” (decarbonizzazione) con azioni nella società.

Se sfida ci deve essere, se un “nuovo patto” deve essere agito, questo non può che partire dalla riduzione delle diseguaglianze economiche e sociali, da una diversa visione del rapporto produzione/consumo e, soprattutto dal dogma del PIL in crescita infinita.

Andrea Lusetti

Direttore Industriale Head of Environment Health & Safety Aperam Stainless Services & Solutions Italy

3 anni

Sii il cambiamento ché vuoi vedere nel mondo. Così semplice da pensare eppure così difficile da agire. Rosanna grazie per farci riflettere su problmii che ci riguardano tutti ma la cui soluzione sembra così distante e lontano dalle nostre possibilità, ma che poi dipendono da noi, oggi, ora e subito.

Marta Fornasiero

Specialista Corporate Communication | Communication Fractional Manager | Comunicazione Sostenibile B2B | Employer Branding Specialist

3 anni

Articolo molto approfondito ed interessante. Grazie per gli ottimi spunti di riflessione Rosanna.

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